Condominio

Opposizione a decreto ingiuntivo, all’amministratore non serve il sì dell’assemblea

di Valeria Sibilio

L'amministratore di condominio è croce e delizia di coloro che animano il variegato universo condominiale per la sua dicotomica figura perennemente in equilibrio tra l'idolatria e il compito di vittima sacrificale delle problematiche che colpiscono i condòmini. Ma dove iniziano e terminano i suoi poteri decisionali?
Una risposta arriva dalla sentenza 87 del 2019, nella quale il Tribunale Ordinario di Pavia ha esaminato un caso originato dalla opposizione di un condominio contro il decreto ingiuntivo , emesso dallo stesso tribunale, a favore di una società per euro 37.232,16, oltre accessori, a saldo di lavori di manutenzione eseguiti nel periodo giugno/settembre 2016 sulla copertura condominiale, ritenendo il credito avversario inesistente, trattandosi di lavori di emenda di interventi eseguiti nel 2013 ma non ben realizzati e senza delibera né ratifica assembleare. In via riconvenzionale, chiedeva di compensare il credito vantato con il costo di completamento dei lavori del 2013, pari a euro 6.000,00.
La società contestando la fondatezza delle difese attoree, ritenendo il condominio, costituitosi senza preventiva autorizzazione assembleare, non legittimato ad agire in giudizio, chiedeva il rigetto delle domande formulate nei suoi confronti, ritenendo i lavori eseguiti nel 2016 urgenti e improcrastinabili, oltre che sollecitati dalla compagine condominiale, dando atto di essere stata revocata dall'incarico prima di riuscire ad ottenerne la ratifica.
Per il Tribunale, l'amministratore di condominio può proporre opposizione a decreto ingiuntivo, ed impugnare la relativa decisione del giudice di primo grado, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di obbligazione assunta dal medesimo amministratore nell'esercizio delle sue attribuzioni in rappresentanza dei partecipanti, ovvero dando esecuzione a deliberazione dell'assemblea o erogando le spese occorrenti per la manutenzione delle parti comuni o per l'esercizio dei servizi condominiali. Nella delibera del 23 febbraio 2017 i condomini avevano chiesto di opporsi ad ogni eventuale azione promossa per il pagamento delle spese extra contratto 23.09.2013, nonché di convenire in giudizio la società di servizi condominiali e l'amministratore perché il Condominio venisse manlevato nel pagamento delle somme richiesta in quanto non deliberate dai condòmini.
Sulla base di queste premesse, il Tribunale ha respinto l'opposizione, apparendo chiaro che, con scrittura privata transattiva del 5 settembre 2013, il condominio concordava con la società in questione, venditrice/costruttrice, nonché condomina, di eseguire, tramite tecnici di propria fiducia, il rilievo delle infiltrazioni segnalate, al prezzo di euro 27.500,00, sostenuto dall'impresa.
Tramite posta elettronica, l'impresa scelta dal condominio informava che, trattandosi di lavori di sistemazione delle infiltrazioni d'acqua, senza rifacimento integrale della copertura, avrebbe risposto solo ed esclusivamente degli interventi e delle porzioni di tetto oggetto delle lavorazioni. Con contratto di appalto del 26 settembre 2013, il condominio affidava alla società l'esecuzione delle opere sulle parti comuni a coperture delle quattro palazzine, con la precisazione che l'appaltatore non poteva apportare modifiche non autorizzate e non erano ammessi altri lavori diversi se non previamente ordinati e definiti nel prezzo dalla committenza. Tutte le opere commissionate, e quelle concordate in variante, venivano terminate entro il 10 luglio 2014.
Il 6 dicembre 2014, la società proponeva un accertamento tecnico preventivo dal quale si evidenziavano vizi ancora presenti non derivati da errata esecuzione dell'intervento ma dalla mancata esecuzione di un'accurata revisione della copertura con particolare riferimento ai punti critici, stimando il costo per l'indispensabile revisione delle coperture in euro 6.000,00, oltre IVA. Tra maggio 2015 e marzo 2016, venivano conclusi una serie di procedimenti per accertamenti tecnici preventivi, nell'ambito dei quali altri condòmini lamentarono la presenza di muffe e infiltrazioni e ripetute segnalazioni di persistenti infiltrazioni provenienti dal tetto e dai lucernai.
Assunto l'incarico per i lavori di revisione, la società inoltrava a tutti i condòmini il dettaglio del credito vantato nei confronti del condominio, ricordando la necessità di ratificare il mandato di autorizzazione dell'1° giugno 2016 alla prima assemblea utile. Successivamente consegnava al condominio un preventivo di spesa, per l'importo complessivo di euro 40.000,00, oltre IVA, dettagliando le opere da eseguire e anticipando la predisposizione di documentazione fotografica e relazione finale relativa alle singole porzioni interessate dall'intervento. Nella seguente assemblea straordinaria, veniva deliberata la revoca dell'amministratore. La società emise a carico del condominio una serie di fatture per complessivi euro 37.704,00, relative agli interventi eseguiti nelle proprietà, sollecitandone il pagamento. Il condominio non contestava né lo stato dei luoghi, né l'esecuzione dei lavori, incentrando la propria difesa sulla funzione di tali lavori e sull'inopponibilità del contratto sottoscritto nel giugno 2016 tra l'appaltatrice e concluso, in suo nome, in assenza di preventiva autorizzazione.
Per il tribunale, la perizia ha chiaramente rilevato che i lavori eseguiti nel 2013 erano stati ultimati a regola d'arte ed avevano interessato aree localizzate e circoscritte, poste sulle parti di copertura a minor pendenza. La persistenza di infiltrazioni residue dipendeva dalla mancata revisione di tutte le coperture, con particolare riferimento ai punti critici, il che confermava che i lavori in contesa costituivano proprio l'auspicata revisione delle coperture, posta in essere al fine di rimediare definitivamente al fenomeno infiltrativo comunque residuato nonostante la corretta esecuzione dei lavori 2013. Non è risultato, inoltre, che la società fosse tuttora debitrice di euro 6.000,00 nei confronti del condominio — trattandosi di somma che la perizia aveva sommariamente indicato per l'eliminazione delle infiltrazioni residue, nella porzione condominiale esaminata, quale che fosse l'impresa incaricata. — cosicché va respinta la corrispondente eccezione riconvenzionale attorea. È pacifico che i lavori in questione non erano stati né deliberati né ratificati dall'assemblea. Tuttavia, ai sensi dell'art. 1135, ultimo comma, c.c., l'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria salvo che rivestano carattere urgente. In materia di lavori di straordinaria amministrazione disposti dall'amministratore di condominio in assenza di previa delibera assembleare non è infatti configurabile alcun diritto di rivalsa o di regresso del condominio, atteso che i rispettivi poteri dell'amministratore e dell'assemblea sono delineati con precisione dalle disposizioni del codice civile (artt. 1130 e 1135), che limitano le attribuzioni dell'amministratore all'ordinaria amministrazione e riservano all'assemblea dei condomini le decisioni in materia di amministrazione straordinaria, con la sola eccezione dei lavori di carattere urgente. Di conseguenza, nel caso in cui l'amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all'art. 1135 comma 2 c.c., abbia assunto l'iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzate dall'urgenza, ove questa effettivamente ricorra ed egli abbia speso, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, quest'ultimo deve ritenersi validamente rappresentato e l'obbligazione è direttamente riferibile al condominio. Laddove invece i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell'amministratore non posseggano il requisito dell'urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dell'amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza “esterna” delle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1135 comma 2 c.c. Si tratta quindi di un requisito, quello dell'urgenza, che non è apparso ininfluente per la società appaltatrice, dal momento che, in materia condominiale, non trova applicazione il principio dell'apparenza, a tutela dei terzi, con riguardo a prestazioni relative a opere di manutenzione straordinaria eseguite da terzi su disposizione dell'amministratore senza previa delibera della assemblea di condominio. Un requisito sussistente, visto lo stato di degrado della copertura tale da fare ritenere indispensabile la sua completa revisione e l'improvviso definitivo aggravamento del fenomeno infiltrativo, cagionato da precipitazioni di entità eccezionale, reso evidente dalle segnalazioni inviate da più condòmini di perdite dal tetto e dai lucernai, con richiesta di intervento. Inoltre, la situazione di inagibilità rispetto alla quale i consiglieri non avevavo avuto nulla da ridire. Per cui, l'accordo intercorso tra la società e l'amministratore è senz'altro opponibile al condominio stesso, che rimane obbligato al pagamento del corrispettivo esposto per i lavori eseguiti nel 2016.
Il Tribunale ha, perciò, respinto l'opposizione svolta, confermando il decreto ingiuntivo dichiarandolo definitivamente esecutivo e condannando il Condominio, in persona dell'amministratore, a rimborsare alla società le spese di lite, liquidate in euro 6.738,00 per compenso professionale, oltre i.v.a., c.p.a. e spese forfettarie nella misura del 15%.

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