Condominio

Parti comuni: il rebus degli impianti unitari

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di Antonio Nucera (Responsabile Centro studi Confedilizia)

L'art. 1117 c.c., al n. 3), presume condominiali “le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”.
Ciò posto, è importante approfondire l'espressione: “in caso di impianti unitari fino al punto di utenza”. In altre parole, come questa espressione incida sulla predetta presunzione di condominialità.
La formulazione previgente dell'art. 1117 c.c., infatti, limitava tale presunzione “fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini” e nulla più. E sulla base di questo, era pacificamente ritenuto che gli impianti fossero di proprietà comune nei tratti verticali, mentre i tratti orizzontali – dal punto di distacco dalle colonne verticali fino alle unità immobiliari interessate – fossero di proprietà esclusiva dei singoli condòmini.
Anche in tempi recenti, ad esempio, con riguardo ai condotti di scarico, la giurisprudenza ha escluso la comproprietà delle tubazioni orizzontali. Più in particolare, i giudici hanno osservato che la proprietà dei tubi di scarico dei singoli condòmini “si estende fino al punto del loro raccordo con l'innesto nella colonna verticale, all'altezza di ciascun piano dell'edificio” (Cass. sent. n. 778 del 19.1.2012).
Considerazioni, però, che, alla luce della novità in questione, occorrerebbe – secondo alcuni interpreti – rivedere.
Infatti – in virtù anche di come il legislatore della riforma ha inteso più in generale intervenire sulla disciplina condominiale, perlopiù recependo e codificando principii e prassi consolidati – è da ritenersi che la precisazione che ci occupa non vada letta come uno stravolgimento delle convinzioni passate ma, più semplicemente, come un chiarimento su aspetti già noti.
Così – per fare un esempio con riguardo agli impianti più comuni (ciò che non toglie, ovviamente, la portata generale del principio, applicabile anche ad impianti più tecnologicamente avanzati, così spiegandosi pure la presenza della clausola di salvezza relativa alle “normative di settore in materia di reti pubbliche”) – se i sistemi di distribuzione del gas o dell'acqua sono strutturati in modo tale che un unico condotto verticale serve i diversi piani diramandosi successivamente alle singole proprietà, allora non si potrà che far riferimento alla sopra menzionata distinzione tra tratti verticali e orizzontali per distinguere le parti comuni dalle parti di proprietà esclusiva. E ciò, indipendentemente dal fatto che la diramazione avvenga prima del contatore, cioè prima del “punto di utenza”.
Diversamente, se i sistemi in questione sono strutturati in modo tale da avere tante diramazioni quante sono le unità immobiliari (da cui – deve presumersi – l'espressione poco felice di impianti “unitari”, dove l'aggettivo è da leggersi nel senso – comunque consentito dalla lingua italiana – di impianti “relativi all'unità”), la presunzione di condominialità di tali sistemi si fermerà al “punto di utenza”, cioè ai singoli contatori (in genere i cosiddetti “locali contatori” si trovano nei pian terreni o nei seminterrati oppure, ancora, al colmo dell'edificio). Altrimenti, in assenza di contatori (si pensi all'impianto televisivo), si fermerà ai punti di allaccio con i singoli impianti (in genere posti – tornando all'esempio dell'impianto televisivo – sui pianerottoli in corrispondenza dell'ingresso delle proprietà esclusive). Di conseguenza, le successive ramificazioni non rientreranno nell'ambito dei beni comuni ma saranno riconducibili alla singola unità immobiliare.
È evidente che tale interpretazione ha il pregio di leggere la norma in senso compatibile con quanto sino ad oggi ritenuto e, quindi, di non stimolare nuovi contenziosi attorno ad un argomento assai delicato – per i risvolti economici che comporta – come quello della distinzione tra parti comuni e parti private in ambito condominiale.
L'art. 1117 c.c., al n. 3), presume condominiali “le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”.
Ciò posto, è importante approfondire l'espressione: “in caso di impianti unitari fino al punto di utenza”. In altre parole, come questa espressione incida sulla predetta presunzione di condominialità.
La formulazione previgente dell'art. 1117 c.c., infatti, limitava tale presunzione “fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini” e nulla più. E sulla base di questo, era pacificamente ritenuto che gli impianti fossero di proprietà comune nei tratti verticali, mentre i tratti orizzontali – dal punto di distacco dalle colonne verticali fino alle unità immobiliari interessate – fossero di proprietà esclusiva dei singoli condòmini.
Anche in tempi recenti, ad esempio, con riguardo ai condotti di scarico, la giurisprudenza ha escluso la comproprietà delle tubazioni orizzontali. Più in particolare, i giudici hanno osservato che la proprietà dei tubi di scarico dei singoli condòmini “si estende fino al punto del loro raccordo con l'innesto nella colonna verticale, all'altezza di ciascun piano dell'edificio” (Cass. sent. n. 778 del 19.1.2012).
Considerazioni, però, che, alla luce della novità in questione, occorrerebbe – secondo alcuni interpreti – rivedere.
Del resto – in virtù anche di come il legislatore della riforma ha inteso più in generale intervenire sulla disciplina condominiale, perlopiù recependo e codificando principii e prassi consolidati – è da ritenersi che la precisazione che ci occupa non vada letta come uno stravolgimento delle convinzioni passate ma, più semplicemente, come un chiarimento su aspetti già noti.
Così – per fare un esempio con riguardo agli impianti più comuni (ciò che non toglie, ovviamente, la portata generale del principio, applicabile anche ad impianti più tecnologicamente avanzati, così spiegandosi pure la presenza della clausola di salvezza relativa alle “normative di settore in materia di reti pubbliche”) – se i sistemi di distribuzione del gas o dell'acqua sono strutturati in modo tale che un unico condotto verticale serve i diversi piani diramandosi successivamente alle singole proprietà, allora non si potrà che far riferimento alla sopra menzionata distinzione tra tratti verticali e orizzontali per distinguere le parti comuni dalle parti di proprietà esclusiva. E ciò, indipendentemente dal fatto che la diramazione avvenga prima del contatore, cioè prima del “punto di utenza”.
Diversamente, se i sistemi in questione sono strutturati in modo tale da avere tante diramazioni quante sono le unità immobiliari (da cui – deve presumersi – l'espressione poco felice di impianti “unitari”, dove l'aggettivo è da leggersi nel senso – comunque consentito dalla lingua italiana – di impianti “relativi all'unità”), la presunzione di condominialità di tali sistemi si fermerà al “punto di utenza”, cioè ai singoli contatori (in genere i cosiddetti “locali contatori” si trovano nei pian terreni o nei seminterrati oppure, ancora, al colmo dell'edificio). Altrimenti, in assenza di contatori (si pensi all'impianto televisivo), si fermerà ai punti di allaccio con i singoli impianti (in genere posti – tornando all'esempio dell'impianto televisivo – sui pianerottoli in corrispondenza dell'ingresso delle proprietà esclusive). Di conseguenza, le successive ramificazioni non rientreranno nell'ambito dei beni comuni ma saranno riconducibili alla singola unità immobiliare.
È evidente che tale interpretazione ha il pregio di leggere la norma in senso compatibile con quanto sino ad oggi ritenuto e, quindi, di non stimolare nuovi contenziosi attorno ad un argomento assai delicato – per i risvolti economici che comporta – come quello della distinzione tra parti comuni e parti private in ambito condominiale.

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