Condominio

I mercoledì della privacy: ancora dubbi sul bilanciamento tra riservatezza e videoriprese

Nuova pronuncia della Cassazione in merito

di Carlo Pikler e Valerio Palma (Centro studi Privacy and legal advice)

Con recentissimo provvedimento la Cassazione penale (sezione V, numero 32544 del 19 novembre 2020) torna ad occuparsi, seppure indirettamente, delle videoriprese in condominio. Ancora una volta la Corte è chiamata a districarsi tra tutela della riservatezza e l'utilizzabilità della prova nel processo e difesa di altri inviolabili diritti dell'individuo, come quello alla propria integrità psico-fisica di cui al reato di stalking, ex articolo 612 bis Codice penale. Il Supremo collegio, infatti, nuovamente si trova a dover effettuare il bilanciamento tra due interessi che sembrano contrapposti a dover definire quale dei due prevalga nei confronti dell'altro.

La vicenda
Il caso deciso ruota attorno alla condanna di un individuo per il reato di stalking, i cui atti persecutori sono stati ritenuti provati sulla base dell'acquisizione di files audio-video conservati dal sistema di videosorveglianza in uso presso un condominio.Si apprende, inoltre, che alcuni frame sarebbero stati estrapolati anche dalle telecamere utilizzate all'interno dello studio professionale della persona offesa, tra cui quelle in uso presso il locale bagno. L'imputato, poi condannato, cerca di impugnare l'avversa ordinanza affermando che le prove acquisite violerebbero i limiti imposti per le intercettazioni ambientali, ex articolo 266 Codice procedura penale e che esse, inoltre, a loro volta costituirebbero reato, in quanto integranti l'ipotesi delittuosa di interferenze illecite nella vita privata, ex articolo 615 bis Codice penale.

I giudici di legittimità rigettano entrambe le eccezioni, osservando che:
1. il riferimento all'inutilizzabilità della prova irregolarmente assunta dalla Polizia giudiziaria è non pertinente, in quanto le riprese di un'area privata (come quella condominiale) non possono in nessun caso essere assimilate al concetto di intercettazione ambientale, divenendo semplice documento acquisibile ex articolo 234 Codice procedura penale (fra le altre, Cassazione 21027/2020).
2. non può mai sussistere il (contro) reato invocato, quello delle interferenze illecite nella vita privata, quando gli ambienti video-audio ripresi costituiscono parti comuni condominiali accessibili al pubblico (Cassazione 34151/2017), o comunque anche luoghi di pertinenza domiciliare privata, ma non adeguatamente posti al riparo, dal loro titolare, dagli sguardi indiscreti altrui (Cassazione 2598/2019).

I luoghi tutelati
Detto ciò, sarebbe stato interessante, si osserva, se la pronuncia si fosse soffermata sul valore delle altre immagini e files audio indicati dalla parte imputata ricorrente, ovvero quelli presuntivamente attinenti a luoghi intimi per eccellenza, come il locale bagno all'interno dello studio professionale della persona offesa.Come noto, infatti, in alcuni ambienti particolarmente legati alla sfera intima, personale e della dignità di un individuo, come ad esempio i camerini di cambio, gli spogliatoi, le toilettes, le docce, a prescindere che siano situati in strutture private o pubbliche, è generalmente vietata la videoripresa.

In merito, esistono diversi provvedimenti del Garante della Privacy (quelli del 08 marzo 2007, numero 1391893; del 04 dicembre 2008, numero 1576125; del 10 luglio 2014, numero 3325380), nonché pronunce della Suprema corte (Cassazione 7063/2000; Cassazione 26795/2006). Se il luogo di ripresa, inoltre, può essere considerato luogo di lavoro (Cassazione penale 1490/1986; Garante Privacy, decisione del 26 febbraio 2009), la tutela è ulteriormente rafforzata, essendo categoricamente esclusa la finalità di mero controllo a distanza dell'attività lavorativa, e consentite solo quella di tutela del patrimonio aziendale, di particolari esigenze organizzative e produttive, di sicurezza dello stesso lavoratore (articolo 4 legge 300/1970; circolare numero 5 del 19 febbraio 2018 dell'Istituto nazionale del lavoro).

Videoriprese autorizzate in luoghi intimi
A ogni modo, si ritiene che, la liceità di un trattamento dati (come la videoripresa), anche in ambienti intimi, non può essere mai esclusa a priori, dovendosi pur sempre operare, caso per caso, un attento bilanciamento dei diversi interessi in gioco (vedi anche le Linee guida Edpb 3/2019).Qualora, ad esempio, l'utilizzo di telecamere nascoste sia l'unico mezzo possibile (principio di necessità) per accertare il continuo ripetersi di gravi atti di danneggiamento anche degli stessi dei wc all'interno delle toilettes di un'azienda, non pare possa escludersi, tout court, la sua liceità (vedi, in un caso analogo di ripresa nascosta di lavoratori, quanto sancito da Corte europea dei diritti umani - sentenza del 17 ottobre 2019, 1874/13-8567/13).

Il punto, però, non viene espressamente affrontato nella sentenza qui commentata, in quanto, si apprende, il giudice di merito ha ritenuto già di per sè determinanti, come prove indiziarie di condanna, quelle relative ai frame del sistema di videosorveglianza su parti comuni condominiali. Ciò detto, e a prescindere da quanto deciso nella commentata sentenza, il trattamento di dati personali effettuato attraverso un sistema di videosorveglianza è considerato, dalla normativa internazionale, come altamente invasivo e “pericoloso” in chiave privacy.Per tale motivo, non si dimentichi che va circondato di particolari cautele e adottato solo previa attenta analisi dei rischi connessi, in rapporto a tutti i diritti coinvolti.

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