Lavori & Tecnologie

Rinnovabili, una spinta da autoconsumatori e comunità energetiche

Estesa fino a 10 chilometri la distanza degli impianti di produzione connessi all’utenza

 Anche nel 2021 sono cresciuti gli impianti fotovoltaici piccoli e medi

di Dario Aquaro e Cristiano Dell’Oste

L’ultimo tassello è in arrivo con il decreto Aiuti, che amplia il coinvolgimento della Difesa e delle Pa nelle comunità energetiche rinnovabili, aprendo anche alle autorità portuali. La partecipazione del ministero era stata lanciata dal decreto Bollette, la cui legge di conversione (la n. 34/2022, in vigore dal 29 aprile) interviene anche sugli autoconsumatori di energia rinnovabile: estendendo fino a 10 chilometri la distanza degli impianti di produzione connessi all’utenza.

Le norme si rincorrono, ma ruotano intorno a una filosofia di fondo: favorire l’installazione e l’utilizzo di impianti a fonti rinnovabili (Fer) – soprattutto fotovoltaici – da parte di chi è in grado di usare subito l’energia prodotta. Così da ridurre i costi per gli utenti ed evitare che gli stessi impianti a Fer immettano in rete energia pulita quando e dove non serve.

Comunità allargate

Il decreto Aiuti afferma quindi che il ministero della Difesa e i terzi concessionari dei beni del demanio militare possono costituire comunità energetiche «anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali anche per impianti superiori a 1 MW». E con la facoltà di accedere agli incentivi del Pnrr «anche per la quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo non connesse sotto la stessa cabina primaria».

La comunità energetica rinnovabile (Cer) è un soggetto giuridico autonomo, fondato sulla partecipazione aperta e volontaria, e i cui azionisti sono famiglie, Pmi, enti pubblici e del Terzo settore situati nei pressi degli impianti di produzione. Secondo il Renewable energy report 2022 del Politecnico di Milano – che sarà presentato domani – al momento si contano 26 comunità attive in Italia, tutte basate su impianti fotovoltaici con potenza media di 40 kW.

Mentre il Gse ha finora ricevuto 37 istanze di accesso agli incentivi (dati aggiornati al 2 maggio), di cui 13 comunità rinnovabili e 24 gruppi di autoconsumatori. Più di metà delle istanze arrivano da Lombardia, Piemonte e Veneto.

L’autoconsumo incentivato

Gli stimoli allo sviluppo delle rinnovabili, infatti, riguardano anche gli autoconsumatori. Cioè i clienti finali che, tramite impianti (anche di terzi) installati in aree che sono «nella disponibilità dell’autoconsumatore stesso», producono e accumulano energia green per il proprio consumo. E che possono venderla purché ciò non costituisca l’attività commerciale o professionale principale. Gli autoconsumatori, se si trovano nello stesso condominio o edificio, possono costituire un gruppo e agire collettivamente, in virtù di un accordo privato.

È una formula – questa dei gruppi – più adatta alle zone urbane e a un numero ristretto di partecipanti. A maggior ragione dopo che con il recepimento della direttiva Ue Red 2 sono stati superati alcuni limiti che avevano frenato la “taglia” delle comunità. Il Dlgs 199/2021, che è entrato in vigore a metà dicembre, ha infatti elevato da 200 kW a 1 MW la potenza massima dell’impianto comunitario, stabilendo che possano essere coinvolti i soggetti agganciati a una stessa cabina primaria (di alta tensione) e non – come prima – a una cabina secondaria (di media tensione). «Così il numero dei potenziali partecipanti si allarga fino a 30-40mila persone», commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente. «Vediamo enorme interesse da parte dei Comuni e delle imprese – aggiunge – e diverse utility stanno proponendo la costituzione di comunità a imprese ed enti locali».

Per quantificare le agevolazioni e far decollare davvero i progetti, però, mancano ancora una delibera Arera e un decreto del Mite. Avverte Zanchini: «È fondamentale che questi provvedimenti continuino a incentivare l’energia prodotta e condivisa nella comunità in modo più generoso di quella ceduta alla rete elettrica, per non creare incentivi distorti».

Il pieno recepimento della direttiva Red 2 vale 5 GW di nuova potenza fotovoltaica installata da qui al 2030, tra Cer e gruppi di autoconsumatori, secondo i dati illustrati al Senato dall’amministratore unico del Gse, Andrea Ripa di Meana. Altri 2 GW entro il 2026 sono previsti grazie alla spinta dei 2,2 miliardi stanziati dal Pnrr per sostenere le comunità nei Comuni fino a 5mila abitanti. Quest’ultimo capitolo è ancora tutto da attuare: il cronoprogramma del Piano prevede i primi 100 milioni di spesa nel 2023.

Tra spazi e governance

Di fatto, con il Dl Aiuti si concede una deroga ai requisiti stessi fissati per le comunità: gli impianti installati su caserme, ville e palazzi della Difesa, come anche sugli immobili in ambito portuale, saranno incentivati anche se superiori a 1 MW. Non è solo un tema di disponibilità degli spazi. L’apertura alle Pa locali e nazionali è importante anche i fini della governance. «Il principale nodo delle comunità è infatti quello organizzativo-gestionale: occorre decidere chi e come si occupa dei contratti di energia, di gestire ingressi e uscite degli utenti, di ripartire i profitti, e via dicendo», osserva Davide Chiaroni, vicedirettore Energy & Strategy del PoliMi. In questo senso – prosegue – «le pubbliche amministrazioni possono rendere la governance più trasparente e offrire una forma di garanzia, anche rispetto alla “stabilità” della Cer: perché è difficile che decidano di uscirne».

Autoconsumatori e comunità sono complementari. I primi (anche in gruppo) guardano alle aree urbane strutturate, a condomini, supercondomini, centri commerciali. Le seconde, invece, guardano soprattutto alle aree di edilizia residenziale dispersa, ai piccoli edifici. «Ma sarebbe interessante – dice Chiaroni – vederne anche i possibili intrecci, ad esempio nei piccoli centri: la nascita di comunità formate da gruppi di autoconsumatori, a loro volta aggregati a livello di zona o quartiere».

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