Posizione di garanzia dell’amministratore sul luogo di lavoro e responsabilità per omicidio colposo
Non sempre l’amministratore può ritenersi committente dei lavori: vanno verificati caso per caso i poteri che l’assemblea gli attribuisce
L'amministratore che non verifica l'idoneità tecnico professionale del lavoratore autonomo o dell'impresa, rischia di incorrere in responsabilità penale omissiva nel caso di infortunio occorso a chi lavora in condominio. Al riguardo, infatti, non mancano le sentenze che addebitano all'amministratore committente, la responsabilità penale, per non aver selezionato soggetti provvisti dei requisiti tecnico-organizzativi richiesti in ordine alla specifica natura dei lavori da eseguire in condominio. Il presupposto di tale responsabilità penale omissiva è che l'amministratore del condominio ricopre una specifica posizione di garanzia, ex articolo 40, comma secondo del Codice penale, che lo obbliga ad attivarsi per rimuovere ogni situazione di pericolo inerente i beni comuni (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 46385 del 23 ottobre 2015).
La responsabilità in capo al committente
In pratica, per l'amministratore «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo», ma solo in presenza di un obbligo giuridico ad attivarsi. In materia di sicurezza, sulla scorta di quanto sancito dall'articolo 26, comma 1, lettera a), del Dlgs 81/2008 (Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro) colui che riveste il ruolo di datore di lavoro committente, e quindi anche l'amministratore in determinate situazioni, prima di affidare un lavoro, deve verificare che la ditta appaltatrice abbia le competenze tecniche e professionali per eseguirlo.
Il condominio come luogo di lavoro
L'edificio condominiale può configurarsi come luogo di lavoro quando intervengono figure professionali e soggetti che svolgono attività lavorativa subordinata, a vario titolo, per la fornitura di servizi diversi. Nel merito la sentenza numero 45316 del 07 novembre 2019 della Cassazione penale, riferendosi ad uno spazio condominiale utilizzato dai lavoratori per il deposito di Gpl, anche se non direttamente occupato dal cantiere, ha confermato che il condominio è qualificabile come luogo di lavoro, con l'applicazione delle norme di cui al Dlgs 81/2008. In questo caso «l'amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio è tenuto, in qualità di committente, all'osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale dell'impresa appaltatrice” (per tutte Cassazione 42347/2013).
Tale obbligo positivo di verifica dell'idoneità tecnico-professionale delle imprese e dei lavoratori autonomi rappresenta il parametro di valutazione della condotta dell'amministratore committente, che nell'ipotesi è titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori dell'impresa appaltatrice in relazione agli infortuni occorsi durante l'esecuzione dell'opera. Vale a dire che l'amministratore, oltre ad essere il legale rappresentante del condominio, può ricoprire il ruolo di committente datore di lavoro, con l'obbligo giuridico di attivarsi, ma «solo nel caso in cui fosse stato dimostrato il conferimento, da parte dell’assemblea condominiale, all’amministratore del potere di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell'impresa e di effettuare una disamina del relativo documento di valutazione dei rischi» (Cassazione, sentenza 16 marzo 2021 numero 10136).
L’amministratore non è automaticamente committente
Nello specifico la Suprema corte , con tale pronuncia, ha chiarito che l'amministratore non assume automaticamente il ruolo di committente essendo necessario verificare prima se la delibera assembleare gli riconosca o meno autonomia di azione e poteri decisionali concreti. Nel caso di specie all'amministratore veniva contestato di non aver verificato l'idoneità tecnico professionale della ditta di pulizie la cui dipendente era deceduta a seguito di infortunio sul lavoro e gli veniva addebitato dai giudici di primo e secondo grado il reato di omicidio colposo, di cui all'articolo 589 del Codice penale in concorso con la società appaltatrice del servizio.
L'omicidio colposo prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni a carico di chiunque cagioni per colpa la morte di una persona. La Cassazione, con la pronuncia in esame, ha specificato che la mancanza di un chiaro mandato in merito da parte dell'assemblea condominiale, esonera l'amministratore di condominio dal verificare l'idoneità dell'impresa ad espletare l'incarico e lo svincola da responsabilità penale in tal senso.