Fisco

Bonus, cercasi percorso per la regolarizzazione

La Cassazione ha tracciato il confine tra crediti inestistenti e non spettanti che va però declinato in materia edilizia

di Sarah Supino e Chiara Todini

Dopo l’esercizio dell’opzione per la cessione del credito o per lo sconto in fattura, possono presentarsi evenienze – tipicamente, in uno stato avanzato di lavorazione o al termine dei lavori edili – per le quali il credito, ancorché venuto formalmente in esistenza, risulti a posteriori non spettante. C’è allora da chiedersi se il contribuente diligente, che voglia ravvedere l’errore commesso, abbia gli strumenti idonei per procedere alla regolarizzazione della propria posizione.

A oggi non constano tuttavia indicazioni di prassi, né sulla precisa individuazione delle violazioni (e, quindi, delle sanzioni) da regolarizzare, né sulle modalità di effettuazione della regolarizzazione spontanea né tantomeno sui soggetti che possono accedervi.

I confini delle diverse sanzioni

Con riferimento alle sanzioni, è opportuno ricordare che le violazioni relative alla cessione di crediti derivanti da bonus edilizi sono punite con modalità diverse a seconda che si tratti di crediti non spettanti (sanzione pari al 30% dell’importo del credito) o inesistenti (sanzione pari ad un minimo del 100% dell’importo del credito). Non è tuttavia chiaro il perimetro delle due fattispecie sanzionatorie.

Fuori dai contesti di frode aventi ad oggetto lavori non effettuati, non è infatti agevole comprendere quali irregolarità diano luogo ad un credito inesistente e quali ad un credito non spettante.

Se, ad esempio, durante l’esecuzione dell’intervento, per la peculiarità delle lavorazioni eseguite o dell’immobile sul quale esse insistono, non sia constatato l’effettivo superamento delle due classi energetiche, come dovrebbe considerarsi tale fattispecie?

Il credito sarebbe semplicemente non spettante, oppure, venendo meno uno dei requisiti di legge per il suo riconoscimento, addirittura inesistente?

Cosa dice la Cassazione

Sul punto, le recenti prese di posizione della Corte di cassazione (per tutte, la sentenza 34443/2021 della per distinguere i crediti non spettanti da quelli inesistenti; tuttavia, le argomentazioni che si leggono nelle pronunce si riferiscono unicamente ai crediti esposti in dichiarazione, tant’è che la Corte afferma che è inesistente il credito «in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (il credito che non è, cioè, “reale”)» e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante le procedure di liquidazione e controllo formale delle dichiarazioni. Gli argomenti delle pronunce, pur offrendo un utile appiglio interpretativo, non sono quindi del tutto aderenti alla fattispecie dei crediti oggetto di opzione per la cessione o lo sconto in fattura, i quali per definizione non transitano per le dichiarazioni fiscali.

Sul tema, sarebbe quindi opportuno un chiarimento da parte delle Entrate, al fine di chiarire, nella specifica materia dei bonus edilizi, la differenza tra i crediti inesistenti e quelli non spettanti; ciò anche per consentire ai contribuenti che vogliano spontaneamente regolarizzare la propria posizione di non incorrere in errori che potrebbero compromettere il buon esito delle procedure di regolarizzazione.

Altra questione problematica che meriterebbe attenzione riguarda la possibilità di regolarizzare le violazioni relative a crediti inesistenti. In particolare, secondo una tradizionale impostazione dell’agenzia delle Entrate, i crediti inesistenti derivanti da condotte fraudolente dei contribuenti non possono essere oggetto di ravvedimento.

Nondimeno, la stessa Agenzia ha ritenuto che la diversa ipotesi di utilizzo di crediti per ricerca e sviluppo inesistenti, anch’essa sanzionata in base all’articolo 13, comma 5 del Dlgs n. 471/1997 (richiamata anche dall’articolo 121 del Dl 34/2020 per le violazioni in materia di bonus edilizi), è una violazione ravvedibile in base all’articolo 13 del Dlgs 472/1997, a ciò non ostando la “inesistenza” del credito. Sulla base di questo presupposto, dovrebbero quindi considerarsi ravvedibili le violazioni relative ai crediti edilizi anche quando danno luogo a crediti inesistenti, purché non derivanti da condotte fraudolente, ma sarebbe opportuno un chiarimento sul tema da parte dell’amministrazione finanziaria.

La via del ravvedimento

Con riferimento al procedimento di regolarizzazione, lo strumento più idoneo a tal fine è certamente il ravvedimento operoso, disciplinato dall’articolo 13 del Dlgs 472/1997. Nulla osta alla possibilità di ravvedersi, secondo tale disposizione, le violazioni in materia di cessione dei crediti derivanti da bonus edilizi, mediante riversamento dell’importo del credito ceduto, oltre interessi e sanzioni ridotte, considerando come termine iniziale cui far riferimento per calcolare la riduzione sanzionatoria quello di presentazione della comunicazione di opzione. Tale assunzione risulta di recente corroborata dalla risoluzione 12/E del 14 marzo 2022, con cui l’agenzia delle Entrate, nell’istituire i nuovi codici tributo per identificare i crediti derivanti dalle opzioni per la prima cessione o per lo sconto comunicate a decorrere dal 17 febbraio 2022, aggiunge che si può utilizzare lo stesso codice tributo anche per il “riversamento” del credito “compensato”. Sarebbe tuttavia opportuno che l’Agenzia si occupasse espressamente della questione, soprattutto disciplinando l’ipotesi di ravvedimento in capo al beneficiario anche nel caso di crediti ceduti, con istituzione di apposito codice tributo.

Sotto quest’ultimo profilo, permane un ulteriore dubbio sui soggetti titolati ad effettuare il ravvedimento, soprattutto nei casi in cui sia stata esercitata l’opzione per lo sconto in fattura.

In linea di principio, il primo soggetto titolato ad eseguire la regolarizzazione è senz’altro il beneficiario della detrazione, in quanto il combinato disposto dei commi 5 e 6 dell’articolo 121 del Dl 34/2020 ascrive espressamente a quest’ultimo la violazione che si intende regolarizzare, appuntandogli il “recupero”, in caso di “mancata integrazione, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta”.

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