Condominio

I mercoledì della privacy: ok videosorveglianza nelle aree comuni senza autorizzazione assembleare

Va dimostrata la tutela di un interesse legittimo (sicurezza negozi) contemperandolo con il diritto alla riservatezza di soggetti terzi

di Carlo Pikler - Centro studi Privacy and Legal Advice

La grande novità passa per la sentenza della Corte d’appello Catania sezione II, del 15 febbraio 2022 secondo cui deve ritenersi legittima l’installazione della telecamera di videosorveglianza per le esigenze di custodia dell’esercizio commerciale senza l’autorizzazione dell’assemblea condominiale. La motivazione sta nella circostanza che si deve escludere che vi sia violazione del diritto alla privacy nel caso in cui un soggetto effettui riprese dell’area condominiale destinata a pianerottoli ovvero a scale condominiali, ovvero ancora a parcheggio e del relativo ingresso, in quanto si tratta di luoghi destinati all’uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all'articolo 615 bis Codice penale.

La disciplina penalistica e la non applicabilità della stessa al caso concreto in ambito condominiale per mancanza dei requisiti oggettive di reato, porta secondo la Corte di appello catanese la non applicabilità delle restrizioni in materia di trattamento dei dati personali.

Il ragionamento dei giudici e le precisazioni del Garante
Proviamo ad analizzare nel dettaglio il percorso logico seguito dai giudici di secondo grado per capire se una sentenza siffatta può stravolgere le certezze sul punto che, fino ad ora avevano indirizzato l'orientamento secondo le indicazioni fornite dal Garante per la tutela dei dati personali.A tal proposito, basti pensare alla Faq del Garante privacy sulla videosorveglianza, predisposte soltanto il 3 dicembre 2020, doc web 9496574 rinvenibile sul sito dell'Authority e consultabile cliccando qui la quale al quesito numero 10 andava a trattare nel pieno la questione ponendo la seguente domanda: «L'installazione di sistemi di videosorveglianza può essere effettuata da persone fisiche per fini esclusivamente personali, atti a monitorare la proprietà privata?».

La risposta fornita dal Garante era: «Sì. Nel caso di videosorveglianza privata, al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (articolo 615-bis Coodice penale), l'angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, parti comuni delle autorimesse) ovvero a zone di pertinenza di soggetti terzi. È vietato altresì riprendere aree pubbliche o di pubblico passaggio».

Le linee guida sulla videosorveglianza
Il concetto espresso in maniera diretta dalle Faq si evince dall'intera impostazione delle Linee Guida 3/2019 sulla videosorveglianza pubblicate dall'Edpb nel gennaio 2020.Per giunta, anche la Suprema corte aveva tracciato le proprie linee guida sul punto, sempre nella medesima direzione poi espressa dal Garante, come si evince dalla pronuncia della Cassazione, sezione I civile, con sentenza del 24 aprile-9 agosto 2012 numero 14346 secondo la quale, doveva considerarsi illegittima l'installazione del privato sulle aree comuni al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (articolo 615 bis Codice penale). Secondo il giudice catanese di secondo grado, invece, occorre valutare la conformazione dei luoghi.

In particolare, nel caso in specie si trattava di area comune prospiciente a due botteghe contrapposte, dotate di un ingresso autonomo. Le telecamere a tutela dei negozi si trovano entrambe su un lato dell’edificio, dove è situato un ingresso al condominio che risulta essere distinto dagli altri due, uno pedonale e l'altro carrabile.Per la Corte sarebbe rilevante la circostanza che: «le telecamere, del tipo “fisso”, sono “puntate” in posizione praticamente parallela alla facciata, quindi sugli ingressi delle botteghe, senza “allargare” la visione a spazi distanti». Inoltre, altra circostanza considerata fondamentale, è che lo spazio immediatamente di fronte stante le botteghe in questione, seppure di proprietà condominiale, non è destinato a parcheggio dei condomini, ma costituisce un’area libera, che «primariamente, seppur non esclusivamente, serve da accesso alle botteghe».

Nessun utilizzo distorto
Né il condominio ha provato che delle riprese si sia fatto un utilizzo diverso rispetto a quello strettamente indispensabile alle ragioni che ne hanno determinato l'istallazione, cioè di vigilanza e custodia delle botteghe, che si evince anche dalle modalità in concreto della collocazione dell’impianto. La Corte d'appello per giustificare la decisione prende anche in esame la sentenza dell’11 dicembre 2019 numero 708 con cui la Corte di giustizia Ue sezione III, ha avuto modo di precisare che possono esservi disposizioni nazionali che autorizzino la messa in opera di un sistema di videosorveglianza (come il sistema installato nelle parti comuni di un immobile ad uso abitativo), quando si vuole garantire la sicurezza e la tutela delle persone e dei beni, senza il consenso di altri, qualora il trattamento di dati personali avvenga attraverso la dimostrazione di un legittimo interesse preminente rispetto ai diritti e alle libertà fondamentali di terzi soggetti, aspetto questo la cui verifica incombe al giudice di merito.

La dimostrazione di un interesse legittimo
Insomma, esaminando il provvedimento della Corte d'appello catanese, quando disposto da ultimo nelle Faq del Garante può essere derogato laddove si dimostri l'esistenza di un legittimo interesse che va dimostrato di caso in caso, esaminando l'intero contesto nel quale andranno installate le telecamere.Un'apertura non di poco conto questa, che ancor di più evidenzia la necessità dell'esecuzione da parte del titolare del trattamento di un'analitica e specifica valutazione dei rischi che, a questo punto, interessa anche il privato cittadino laddove intenda installare l'impianto su aree comuni.

Infine, con la parte conclusiva del provvedimento, i giudici catanesi hanno anche ritenuto che l’installazione delle telecamere da parte di privati su aree condominiali «non costituisca violazione di un diritto fondamentale dei condòmini in quanto si tratta di riprese che insistono su luoghi destinati all'uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all'articolo 615 bis Codice penale (Cassazione penale 34151/2017 e 44156/2008; Cassazione civile 71/2013)».

Considerazioni conclusive
Con questo finale la Corte ha completamente sovvertito quanto affermato dal Garante, andando ad evidenziare come l'aspetto della mancata violazione penale della norma per mancanza dei requisiti oggettivi sia dirimente anche in relazione alla possibile violazione della privacy. Non sussistendo reato, allora non si viola la normativa privacy. Questo assunto appare alquanto pericoloso in quanto ben potrebbero sussistere violazioni al Gdpr che non rivestono rilevanza penale e, probabilmente, quella di inquadrare aree condominiali senza alcuna autorizzazione può rientrare in questa fattispecie.

Quel che certamente va preso per buono dal ragionamento della Corte d'appello è che il trattamento dei dati derivante dall’installazione di telecamera di videosorveglianza può considerarsi «proporzionata a quanto necessario per la tutela dell’incolumità fisica personale e famigliare, purché non violi, nell’ambito del necessario bilanciamento da operare tra diritti aventi entrambi tutela costituzionale, il diritto alla riservatezza di soggetti terzi».

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