Gestione Affitti

Affitto, la caldaia che non funziona non è un «grave pregiudizio» per la locazione

di Valeria Sibilio


Tra i contrasti, nell’ambito di una locazione, tra inquilino e proprietario dell'immobile, quelli inerenti le spese per la manutenzione, sostituzione o revisione della caldaia sono tra i più frequenti. L’ordinanza della Cassazione 6395 del 2018 ha trattato un caso in cui un condòmino ricorreva in Tribunale, nei confronti del proprietario dell'immobile di cui è conduttore, per il cattivo funzionamento della caldaia, la quale, per l'utilizzo dell'acqua calda, richiedeva l'accensione dei termosifoni anche d'estate. Il ricorrente deduceva che il disagio patito gli aveva ingenerato un grave pregiudizio morale e chiedeva l'accertamento giudiziale della sussistenza, in capo al proprietario, dell'obbligo di garantire il godimento del bene locato con sostituzione o riparazione della caldaia. Inoltre, richiedeva l'accertamento del suo diritto, quale conduttore del bene, ad ottenere una riduzione del corrispettivo canone di locazione, proporzionata all'entità del mancato godimento della caldaia, oltre alla condanna del locatore, al risarcimento del danno morale, biologico ed esistenziale patito, e delle spese di lite. Il proprietario, contestando la domanda del ricorrente, deduceva di essersi sempre dichiarato disponibile alle riparazioni della caldaia, rese impossibili dalla mancata collaborazione del conduttore, assente ai sopralluoghi dei tecnici incaricati. Il proprietario affermava il mancato pagamento, da parte del conduttore, della tassa di registrazione del contratto, per cui chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento e la condanna di quest'ultimo al risarcimento dei danni e del versamento dell'imposta di registrazione.
Il conduttore, dal canto suo, riferiva di aver provveduto a corrispondere al locatore la propria quota con riferimento all'imposta di registro, mentre il proprietario locatore dava atto di avere provveduto, in data 20/1/2010, alla sostituzione della caldaia. All'udienza del 12/3/12, il proprietario resistente dichiarava che l'immobile era stato rilasciato alla scadenza contrattuale.
Il Tribunale di primo grado, preso atto di quanto sopra, senza procedere all'istruzione orale della causa richiesta dalle parti, dichiarava cessata la materia del contendere, avendo il locatore eseguito la prestazione richiesta ed essendo intervenuto il rilascio del bene per sopraggiunta scadenza contrattuale. Rigettava, perciò, le domande riconvenzionali del resistente, compensando integralmente, tra le parti, le spese del giudizio, non essendo stato dimostrato, sulla base delle acquisite risultanze, il dedotto pregiudizio al godimento dell'immobile locato. In secondo grado, il conduttore censurava la sentenza di primo grado per travisamento ed erronea interpretazione dei fatti e delle risultanze istruttorie, mentre il proprietario resistente chiedeva la conferma della sentenza impugnata e proponeva appello incidentale, con il quale si lamentava del mancato accoglimento della domanda risarcitoria per lite temeraria, da lui proposta davanti al Giudice di primo grado, con vittoria delle spese relative al grado di giudizio di appello. La Corte di appello rigettava entrambi gli appelli, condannando il conduttore appellante alla rifusione, in favore del proprietario, delle spese processuali relative al grado.
Per la Cassazione, alla quale inquilino e proprietario avevano presentato ricorso, il Tribunale aveva rilevato che la caldaia era stata sottoposta, con esito positivo, a regolare verifica annuale di manutenzione e di controllo in ordine alla sicurezza dell'impianto. Inoltre, non risultavano interventi di riparazione che attestassero il suo cattivo funzionamento e soltanto a decorrere dalla fine dell'anno 2008, i tecnici avevano sottoposto al ricorrente la necessità di sostituire la caldaia, come poi avvenuto. Per cui, non poteva dirsi dimostrato il dedotto pregiudizio al godimento dell'immobile locato. Avendo il proprietario provveduto a sostituire la caldaia, il Tribunale dichiarava cessata la materia del contendere in relazione alla domanda di adempimento contrattuale, essendo intervenuto anche rilascio del bene per sopraggiunta scadenza contrattuale. Pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto che, nel caso di specie, il vizio e/o difetto dedotto dal conduttore rientrava nella categoria delle alterazioni transitorie, ragion per cui non poteva comportare una modifica delle condizioni negoziali.
La Cassazione giudicava non fondato il motivo nel quale il ricorrente denunciava la nullità della sentenza nella parte in cui la Corte territoriale aveva omesso la necessaria disamina logico giuridica, non avendo indicato gli elementi da cui aveva tratto il proprio convincimento, in quanto l'obbligo di motivazione del giudice è ottemperato mediante l'indicazione delle ragioni della sua decisione, mentre non è necessario che egli confuti espressamente tutti gli argomenti portati dalla parte interessata a sostegno delle proprie domande. Un obbligo che, nel caso di specie, risulta essere stato assolto dai giudici di merito.
Non fondato anche il motivo nel quale il conduttore denuncia la non rilevanza, da parte della Corte territoriale, della confessione del proprietario locatario, il quale si dichiarava disposto alle riparazioni della caldaia, ammettendo i problemi di funzionamento della stessa, in quanto le ammissioni contenute negli scritti difensivi sottoscritte unicamente dal procuratore non hanno valore confessorio, pur costituendo elementi indiziari che possono liberamente essere valutati dal giudice per la formazione del suo convincimento.
Anche le motivazioni nelle quali si affermava che l'esito positivo dei controlli non riguardava il funzionamento dello scambiatore dell'acqua calda e il fatto che la Corte di merito avrebbe ignorato tutta la rappresentazione, contenuta nella documentazione prodotta, che costituiva prova del mancato funzionamento della caldaia, con conseguente necessità di sostituzione o riparazione della stessa, sono stati considerati non fondati, in quanto la Corte territoriale è pervenuta alla conclusione che il conduttore non era riuscito a provare la sussistenza delle anomalie denunciate, con riferimento allo scambiatore che non manteneva la miscelazione dell'acqua.
Parzialmente fondato ma non accolto, invece, il motivo, nel quale il ricorrente denuncia il fatto che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che la riduzione del canone ed il risarcimento dei danni potevano derivare non dal cattivo funzionamento della caldaia, ma da vizi e difetti, che investono la “struttura materiale”, dimenticando che il non funzionamento della caldaia si era protratto per 27 mesi e le riparazioni erano a carico del proprietario locatore, ignorando che il conduttore aveva abitato per oltre un anno in un immobile privo di un funzionante impianto di produzione dell'acqua calda e di essere stato pertanto costretto per oltre un anno ad accendere i termosifoni ogni qual volta volesse beneficiarne. Il conduttore ha l'onere di avvisare il locatore e, nel caso quest'ultimo rimanga inerte, ha facoltà di provvedere direttamente a dette riparazioni, salvo richiederne poi il rimborso ed il risarcimento danni. Tuttavia, nel caso in questione, il condòmino non risulta essersi avvalso di tale facoltà, che gli avrebbe consentito di continuare ad usufruire dell'immobile fino alla sostituzione della caldaia, senza pregiudizio a suo carico.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

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