Condominio

Appropriazione indebita dell’amministratore di condominio: consumazione e prescrizione

Per configurare il reato non basta la sola intenzione di convertire il possesso in dominio per trarre ingiusto profitto dal bene, se non viene concretamente realizzata

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di G. Sgrò - Centro studi Aiac

Con la sentenza 4821/2023 , la Corte di Cassazione, pronunciandosi in materia condominiale, ha affrontato il tema relativo alla prescrizione del reato di appropriazione indebita commesso dall’amministratore di condominio.

Il caso

I giudici di merito confermavano la sentenza del Tribunale, che aveva affermato la responsabilità di Tizio per il reato di appropriazione indebita di diverse somme nella sua disponibilità in quanto amministratore del condominio Alfa. Tizio, rivolgendosi alla Suprema corte, lamentava il fatto che la Corte territoriale non aveva dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, in quanto aveva ritenuto di non far decorrere la prescrizione dal momento in cui era avvenuto il passaggio di consegne da Tizio al nuovo amministratore. Epoca in cui effettivamente l’imputato aveva trattenuto indebitamente gli assegni tratti sul conto del condominio.Contrariamente, i giudici del gravame avevano fatto riferimento alla data indicata nel capo di imputazione, ossia al momento in cui Tizio aveva emesso e utilizzato gli assegni in questione come forma di pagamento.

La pronuncia della Cassazione

La Cassazione riteneva la censura infondata. Dopo aver evidenziato che il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, nel momento in cui l’agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria, stabiliva che «il delitto di appropriazione indebita si consuma nel momento in cui insieme all’elemento soggettivo concorre obiettivamente un atto di disposizione del bene, non essendo sufficiente per la configurabilità del reato la sola intenzione di convertire il possesso in dominio, ove essa non si sia concretamente realizzata; pertanto, nel caso di appropriazione di titoli di credito, tale condizione si realizza con il porre in circolazione i titoli stessi, perché solo in tal modo ed in quel momento si manifesta la volontà del possessore di invertire il titolo del possesso per trarre dalla cosa un ingiusto profitto».

Sebbene, nella vicenda esaminata, la mancata restituzione del carnet dei titoli di credito si era verificata in occasione del passaggio delle consegne al nuovo amministratore, gli ermellini rilevavano che la interversio possessionis si era palesata soltanto nel momento in cui Tizio aveva deciso di utilizzare i predetti titoli e di metterli in circolazione, agendo uti dominus. Pertanto, prendendo in considerazione questa data, correttamente indicata nel capo d’imputazione, il reato non era ancora prescritto. In virtù di ciò, i giudici di legittimità rigettavano il ricorso e condannavano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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