Bilancio non valido in caso di insufficiente informazione e mancata trasparenza
Nel caso in esame erano stati applicati congiuntamente, nella stesura del rendiconto, sia i criteri di cassa che quelli di competenza
Con atto di citazione ritualmente notificato, le attrici, comproprietarie di un appartamento ricevuto in eredità, convenivano in giudizio il condominio nel quale era ubicato l'immobile in oggetto, al fine di ottenere, tra le altre richieste, l'annullamento della delibera di approvazione del rendiconto e del riparto, lamentando: la lesione del loro diritto di prendere preventivamente visione della documentazione condominiale e la mancata trasparenza nella redazione del bilancio.
Le motivazioni delle condomine
In particolare, a sostegno di ciò, deducevano: di non essere state ricevute dall'amministratore condominiale, per ottenere le necessarie informazioni prima dell'assemblea, pur avendo formalmente richiesto un appuntamento a tale fine, e l'utilizzo promiscuo, nella redazione del bilancio, dei criteri di cassa e di competenza.Si costituiva in giudizio il condominio convenuto, eccependo, in via preliminare, la mancata prova della qualità di condomine delle attrici, ed in ogni caso l'infondatezza della domanda di cui chiedeva il rigetto.Concessi i termini per il deposito delle memorie istruttorie, non essendo state ammesse le prove orali richieste dal condominio, la causa veniva trattenuta in decisione sulla base delle sole prove documentali fornite dalle parti.
La decisione
Il Tribunale di Roma, sezione quinta civile, con la sentenza numero 11875 del 2020, pubblicata il 03 settembre 2020, ha accolto parzialmente la domanda delle attrici, annullando la delibera impugnata nella parte in cui approvava il rendiconto per le ragioni esposte in citazione, ha rigettato le altre richieste -non esaminate in questa sede in quanto non oggetto di commento- ed ha compensato le spese di lite.Prima di approfondire il merito della vicenda, il Tribunale ha affrontato la questione preliminare sollevata dal condomino, relativa al presunto difetto di legittimazione attiva delle attrici, le quali, secondo la difesa della parte convenuta, non avrebbero dimostrato la loro qualità di condòmine.
Sul punto, il Tribunale ha osservato sia che la qualità di condomine delle istanti era ben nota all'amministratore, tanto che alle stesse era stato regolarmente inviato l'avviso di convocazione, sia che la piena titolarità sull'immobile sussisteva in capo alle attrici, in quanto alle stesse l'immobile era pervenuto per effetto dell'accettazione espressa dell'eredità della defunta madre, precedente proprietaria. Il giudice ha, dunque, rigettato la questione sollevata ed è passato all'esame del merito.
Il ragionamento del Tribunale
Nel merito, e per quanto di interesse in questa sede, il ragionamento seguito dal Tribunale, si fonda sulle seguenti considerazioni.In primo luogo, risulta accertata «la violazione del diritto di partecipazione informata all'assemblea, in relazione alla delibera di approvazione del rendiconto 2016 e relativo riparto». In particolare, la circostanza per la quale la richiesta di appuntamento inoltrata dalle condòmine all'amministratore a mezzo Pec -peraltro non contestata da controparte- sia rimasta priva di riscontro, ha di fatto, impedito alle stesse di partecipare compiutamente informate all'assemblea di approvazione del bilancio e del relativo riparto.
L’obbligo di informazione
Ricorda il Tribunale che «il riconoscimento del diritto di ogni condomino di ottenere dall'amministratore l'esibizione dei documenti e di estrarne copia, senza specificarne la ragione, costituisce dato pacifico in giurisprudenza (…) sempre che l'esercizio di tale potere non intralci l'attività ammnistrativa o sia contrario ai principi di correttezza e che i relativi costi siano assunti dal condomino istante (Cassazione 1921/11)». La conseguenza derivante dalla compressione di tale diritto, ad avviso del Tribunale, non può che essere l'invalidità della delibera di approvazione del bilancio e del rendiconto, sul presupposto della partecipazione alla relativa assemblea di condòmine impossibilitate –non per loro negligenza- ad avere la necessaria preventiva contezza di quanto chiamate a ratificare (Cassazione 11940/03 e Cassazione 19799/14).
La trasparenza del rendiconto
Quanto all'altro motivo di censura esaminato, il Tribunale di Roma afferma che l'utilizzo promiscuo dei criteri di cassa e di competenza, nella redazione dei bilanci, rappresenta un'insanabile mortificazione dell'esigenza di trasparenza che presiede all'intera attività gestionale ed ancor di più deve improntare le attività di rendicontazione. Ad avviso del giudicante, infatti, è assolutamente da censurare –da parte dell'amministratore- l'aver imputato pagamenti -effettuati dai condòmini nell'anno 2017- in un caso all'anno corrente di riferimento (in applicazione del principio di cassa) ed in altro caso all'anno precedente (in applicazione del principio di competenza).
Ciò, secondo l'impostazione seguita dal Tribunale, comporta di per sé l'inidoneità di bilanci redatti con simili modalità a fornire una fotografia chiara e trasparente della situazione contabile e finanziaria del condominio.Si legge, al riguardo, nella sentenza: «Laddove un rendiconto sia redatto applicando congiuntamente il criterio di cassa e quello di competenza, non si rispettano i principi contabili e viene compromessa la chiarezza di informazione che costituisce uno dei requisiti fondamentali di un bilancio correttamente elaborato». Conseguenza logica derivante da tali argomentazioni non può che essere l'invalidità, con il conseguente annullamento, della delibera che ha approvato il rendiconto di gestione ed il relativo stato di riparto.







