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Bonus casa e superbonus nel 2023: nuovi lavori con platea ristretta

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di Dario Aquaro, Cristiano Dell’Oste

L’orologio dei bonus casa torna al 2019. Lo stop alle cessioni per quasi tutti i nuovi i lavori riporta indietro le lancette di tre anni, quando l’unica chance di sfruttare l’agevolazione era avere un’Irpef “capiente”. Un requisito che oggi si rivela spesso impossibile da rispettare.

Se partiamo dall’investimento medio per alcuni interventi tipo, e lo confrontiamo con l’imposta netta dichiarata dagli italiani nel 2022, ci accorgiamo che – per gli interventi maggiori – solo una piccola percentuale di contribuenti ha un’Irpef abbastanza consistente da poter assorbire la detrazione.

I lavori su villette e bifamiliari

Immaginiamo di voler riqualificare una casa bifamiliare con il superbonus, avviando il cantiere nelle prossime settimane. Le opere sono agevolate al 90% nel 2023 e al 70% nel 2024. Inoltre, non è possibile applicare lo sconto in fattura né la cessione del credito (in quanto la Cilas viene presentata dopo il 16 febbraio).

Ipotizziamo ora che il proprietario investa la cifra media rilevata dall’Enea per questo tipo di immobili ed esegua metà delle opere quest’anno e metà l’anno prossimo: siccome l’agevolazione si divide in quattro rate annuali, gli rimarrà una detrazione poco superiore a 22mila euro nella dichiarazione dei redditi che presenterà nel 2024 e di quasi 39.500 euro in quella del 2025 (quando, in pratica, si aggiungerà la rata riferita alle spese pagate nel 2024, si veda il grafico). Ma chi versa così tante imposte da poter sfruttare una detrazione così ricca? Statistiche alla mano, lo 0,9% dei contribuenti. Il che – detto al contrario – significa che il 99,1% dei potenziali interessati è escluso (a meno che il beneficiario non si rassegni a sprecare in tutto o in parte l’agevolazione).

Non è d’aiuto, in questo caso, la possibilità di recuperare la detrazione derivante dal superbonus in dieci quote annuali, anziché in quattro: è un’opzione introdotta dalla legge di conversione del decreto blocca cessioni (il Dl 11/2023), ma si applica solo ai bonus derivanti da spese sostenute nel 2022.

La platea dei potenziali beneficiari si allarga – ma di pochissimo – se la casa bifamiliare, anziché essere posseduta da un unico proprietario, appartiene a due contribuenti che si dividono la detrazione. In questa ipotesi, a parità di investimento, la rata annua massima è poco inferiore ai 20mila euro, il che porta la percentuale degli ammessi al 3,1% (o, se preferite, quella degli esclusi al 96,9%).

Dove i beneficiari sono totalmente azzerati è quando si interviene su case monofamiliari, villette e unità indipendenti. Per questi edifici, il superbonus nel 2023 è riservato a chi ha un reddito di riferimento non superiore a 15mila euro (calcolato con il quoziente familiare). Ma questo livello reddituale genera un’Irpef sempre incapiente rispetto alle spese medie dei lavori rilevate dall’Enea.

Superbonus e bonus barriere

In condominio la platea dei potenziali beneficiari si allarga, perché l’agevolazione totale va divisa tra tutti i proprietari. Anche così, però, il superbonus tende a generare rate di detrazione troppo alte. Partendo dalla spesa media per la riqualificazione energetica condominiale con il superbonus (603mila euro in un edificio di 20 unità) si arriva a una quota annuale massima di quasi 6mila euro, che rischia di far scivolare nell’incapienza quasi il 78% dei potenziali beneficiari. Bloccando così sul nascere l’intervento in molti edifici.

Peraltro, l’esempio appena visto presuppone di eseguire un terzo delle opere quest’anno (superbonus al 90%) e i due terzi nel 2024 (al 70%). È un’ipotesi realistica per i cantieri in partenza nei prossimi giorni, anche se sul mercato si sta registrando una certa tensione tra i condomìni (che vorrebbero finire i lavori entro fine ann0) e le imprese (restie a impegnarsi con garanzie e penali). Di certo, chi sta pianificando o avviando oggi i lavori deve considerare – oltre alla capienza fiscale – anche il fattore tempo, che spesso condiziona l’entità dei bonus.

In questo scenario, è senz’altro più semplice gestire la detrazione per l’abbattimento delle barriere architettoniche: è costante al 75% fino alle spese 2025 e rimane utilizzabile con cessione e sconto in fattura. Due opzioni che possono risolvere il problema di quel 35,1% di contribuenti che sarebbero incapienti nella nostra simulazione (installazione di un ascensore in un edificio di 14 appartamenti).

Gli sconti ordinari

Il ritorno al passato è ancora più evidente con i bonus ordinari. Qui le quote annue di detrazione sono più sostenibili (anche perché il recupero avviene in dieci anni e la porzione di investimento coperta da fisco cala al 50-65%): ad esempio, gli incapienti si riducono fino a un terzo nel caso di interventi come la piccola ristrutturazione di un alloggio o il cambio delle finestre o della caldaia abbinata ai pannelli solari per l’acqua calda. Basta però “elettrificare” il riscaldamento di una villetta (pompa di calore e fotovoltaico) per vedere salire gli esclusi fino al 55 per cento.