Case green: classe D dal 2033 Arriva il sì del Parlamento Ue
Il Parlamento europeo approva la direttiva case green. Non è l’atto finale, perché manca ancora il trilogo, la fase di negoziati tra istituzioni europee che porterà al testo definitivo delle Epbd (Energy performance of buildings directive). Il relatore, l’irlandese Ciaran Cuffe (Verdi) spera che questo passaggio possa essere completato entro la fine della presidenza svedese del Consiglio Ue: quindi, già entro giugno del 2023.
Sarà difficile e, comunque, è probabile che il testo sarà emendato in molti punti. La proposta del Parlamento, infatti, è in generale più ambiziosa di quella avanzata dalla Commissione. Probabile che alla fine si chiuda a metà strada. Sempre che la direttiva non resti bloccata nel fuoco di polemiche incrociate che domina in questa fase gli interventi di Bruxelles in materia ambientale.
Senza guardare ai prossimi step, comunque, quello arrivato ieri nella Plenaria di Strasburgo è un avanzamento decisivo sulla strada di un provvedimento molto discusso, che porterà più efficienza energetica ma anche, per i suoi detrattori, maggiori costi per le ristrutturazioni. E sul quale, a detta di molti, restano parecchi elementi da dettagliare, come quello dei finanziamenti a disposizione di chi in futuro dovrà ristrutturare il proprio immobile.
Il via libera, comunque, non è arrivato con i numeri larghissimi che era possibile pronosticare solo poche settimane fa. Nel voto decisivo sul testo uscito dalla commissione Itre (Industria, trasporti ed energia) ci sono stati 343 sì, 216 no e 78 astenuti. Soprattutto tra i popolari la spaccatura è stata evidente, già a partire dal dibattito preliminare di lunedì (si veda su questo Il Sole 24 Ore del 17 marzo). Addirittura, la maggioranza del Ppe ha votato contro il testo (51 favorevoli, 58 contrari e 48 astenuti). Andando peraltro contro le indicazioni del relatore ombra popolare, l’irlandese Sean Kelly. Nel testo, per effetto di queste spaccature, sono così entrati diversi emendamenti (cinque in totale), che sono andati contro le indicazioni del relatore Cuffe (si veda l’articolo in pagina 3).
Nel merito l’elemento più caratterizzante (e più controverso) del testo è legato alla riqualificazione energetica degli edifici residenziali esistenti. Per questi immobili è prevista la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033. Il testo approvato ieri prevede che i paesi membri presentino piani nazionali per la riqualificazione, andando a individuare come obiettivo prioritario il 15% degli edifici più energivori (in Italia, 1,8 milioni). Saranno collocati in classe G, seguendo una sostanziale riclassificazione di tutto il patrimonio immobiliare dei paesi membri. La classe A, in base ai nuovi criteri, dovrà coincidere con gli edifici a zero emissioni (i cosiddetti Zeb).
Per gli edifici non residenziali, poi, è prevista la classe E a partire dal 2027 e la D dal 2030. Con la direttiva anche l’installazione di impianti a energia solare diventa centrale, salvo il caso nel quale non sia tecnicamente idonea e funzionalmente fattibile. Dal recepimento della direttiva questi impianti diventeranno obbligatori in tutti i nuovi edifici pubblici e i nuovi edifici non residenziali. Poi, entro il 31 dicembre 2026, l’obbligo scatterà su tutti gli edifici pubblici e sugli edifici non residenziali esistenti. E così via, fino al 31 dicembre 2032 quando l’obbligo scatterà per tutti gli edifici sottoposti a ristrutturazioni importanti. Molte indicazioni arrivano anche in tema di caldaie e di bonus casa (si veda su questo l’articolo in pagina 3).
Centrale anche il capitolo delle deroghe, sul quale si è consumato un durissimo sconto, già a partire dal lavoro in commissione Itre. Sono, infatti, previste esclusioni dal raggiungimento dei target della direttiva per gli edifici protetti di particolare pregio storico e architettonico, per i luoghi di culto, per gli edifici temporanei, per le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, per gli immobili autonomi con una superficie inferiore ai 50 metri quadri.
C’è, poi, una seconda deroga legata a ragioni di fattibilità tecnica ed economica, inserita proprio nel corso del passaggio in commissione Itre. Con questa clausola si potranno prevedere eccezioni fino a un massimo del 22% del totale degli immobili. In Italia si tratta di circa 2,6 milioni di edifici. Questa eccezione, comunque, non potrà andare oltre il 2037 e dovrà essere oggetto di una richiesta specifica alla Commissione da parte dei paesi membri.
Mediazione, rischio dilazioni senza il termine dei 15 giorni
di Cesare Rosselli - a cura di Assoedilizia