Condominio

Chi impugna la delibera deve dimostrare di poter conseguire un concreto interesse

La domanda proposta non può essere sorretta dall’interesse, del tutto astratto, alla legalità della gestione comune

di Alessandro M. Colombo

Chi impugna la delibera contestando le spese condominiali deve dimostrare il proprio interesse; altrimenti, la domanda non potrà trovare accoglimento, mancando una delle condizioni dell'azione. La Corte d'appello di Milano, con sentenza 2863 pubblicata il 13 settembre 2022, conferma la decisione del Tribunale il quale, pur con diverse motivazioni, aveva rigettato l'impugnazione di una delibera che aveva suddiviso una spesa di ordinaria manutenzione tra i proprietari del corpo box, per una quota minoritaria oggetto della contestazione giudiziale, e tra i proprietari degli appartamenti, per la restante quota, applicando un criterio sconosciuto al Codice civile.

Non c’era alcuna prova del pregiudizio subìto

I tre giudici milanesi non entrano nel merito della legittimità del criterio applicato dall'assemblea ma “fanno i conti”, che i condòmini attori non avevano invece dedotto: l'applicazione del criterio contestato aveva, in concreto, procurato agli attori un risparmio, e non un aggravio di costi, essendo essi titolari di una quota millesimale relativa al corpo delle unità immobiliari superiore a quella vantata sul corpo autorimesse. L'eliminazione della quota di spesa attribuita ai box, quandanche legittima, non avrebbe quindi costituito per gli appellanti un «concreto ed effettivo interesse patrimoniale» né eliminato un «apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della posizione patrimoniale», secondo le espressioni che la sentenza mutua dalla Cassazione (rispettivamente, ordinanza n.6128/2017 e sentenza n. 15377/2000).

In altri termini, nell'impugnazione di deliberati assembleari condominiali, la domanda proposta ai sensi dell'articolo 1137 Codice civile non può essere sorretta dall’interesse, del tutto astratto, alla legalità della gestione comune, in quanto inidoneo a rappresentare l’interesse ad agire richiesto dall’articolo 100 del Codice di procedura civile; il condomino che intenda proporre l’impugnativa deve allegare e dimostrare di avervi un interesse sostanziale (così anche il Tribunale di Novara, sentenza numero 34 pubblicata il 25 gennaio 2022).

La verifica dell'utilità conseguita

Il medesimo tema, che sovente risolve le cause di diritto condominiale, forma oggetto di altra recentissima pronuncia di merito: anche il Tribunale di Cosenza, con sentenza numero 1560 pubblicata il 13 settembre 2022, richiama la necessità di considerare «l'utilità concreta che la parte può vedersi riconosciuta dall'accoglimento della pretesa fatta valere». Nel caso di specie, osserva Tribunale calabrese, i bilanci e i riparti impugnati contenevano esborsi per attività manutentive delle quali la condomina non avrebbe potuto trarre alcuna utilità. Così posta, la motivazione con cui l'impugnazione viene accolta sembrerebbe coinvolgere il diverso profilo del condominio parziale ma il ragionamento è comunque intuibile: l'interesse dell'impugnante sussiste in quanto la domanda di annullamento della delibera, se accolta, colpirebbe voci di spesa che procurerebbero alla condomina un risparmio, senza neppure la perdita di alcuna corrispettiva utilità.

Conclusioni

I suddetti principi valgono in ipotesi di violazioni “sostanziali”, per le quali appare ben comprensibile quale sia l'interesse, concreto e diretto, ad un vantaggio, effettivo e non solo astratto, che l'attore deve dimostrare di poter conseguire all'esito del giudizio. Non altrettanto immediata appare l'utilità che possa derivare dalla rimozione di vizi di carattere formale, quali ad esempio quelli attinenti alla convocazione dell'adunanza. Per tale categoria di vizi, la Suprema corte, con ordinanza 24041/2020, relatore Scarpa, ha però ben chiarito che la legittimazione ad agire attribuita dall’articolo 1137 del Codice civile ai condòmini assenti e dissenzienti, nella specie al condomino che abbia ricevuto una convocazione tardiva per l’assemblea, «non è subordinata alla deduzione e alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell’atto impugnato», essendo in tal caso l’interesse ad agire, richiesto dall’articolo 100 del Codice di procedura civile come condizione dell’azione di annullamento «costituito proprio dall’accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni».

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