Condominio

Commette il reato di violazione di domicilio chi entra senza averne diritto nell'androne e scale condominiali

Anche le pertinenze dell’abitazione sono da intendersi luogo di privata dimora

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di Giulio Benedetti

L'articolo 614 Codice penale sanziona chiunque si introduca in un'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora o nelle sue pertinenze, contro la volontà di chi abbia il diritto di escluderlo, oppure vi entri clandestinamente o con inganno: nella nozione di privata dimora vi rientrano le parti comuni condominiali.

Il caso trattato

Il Tribunale condannava un soggetto per il reato dell'articolo 614 Codice penale, perché si introduceva all'interno di un condominio e tentava di forzare la porta di un appartamento, con un cacciavite, per accedervi. Il condannato ricorreva avverso la sentenza , lamentandone l'ingiustizia, poiché le scale e l'androne condominiali, in cui si era introdotto, non potevano considerarsi il domicilio altrui, tutelato dalla norma penale.

La sentenza del giudice di legittimità

La Cassazione (sentenza 34753/2022) rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali, poiché affermava che la norma dell'articolo 614 Codice penale prevede che anche le pertinenze siano un luogo di privata dimora. Infatti per la giurisprudenza sono pertinenze di un'abitazione o di un luogo di privata dimora anche il cortile e l'androne condominiale (sentenza 49392/2019; e n. 31345/2017). Si afferma (Cassazione 12751/1998) che il pianerottolo condominiale antistante la porta di un'abitazione rientri nella nozione di appartenenza . Commette il reato dell'articolo 614 Codice penale, nella sua forma consumata e non tentata, chi si introduca , senza il consenso dell'avente diritto, all'interno di un edificio condominiale sul pianerottolo avanti alla soglia dell'abitazione di uno dei condòmini avente , come gli altri, il diritto di escludere l'intruso.

Nel caso trattato il ricorrente si era introdotto all'interno delle pertinenze dell'abitazione della madre , da cui era stato escluso ,anche a seguito del divieto di avvicinamento disposto dal giudice, per via del suo atteggiamento aggressivo ed arrogante nei confronti della vittima, costretta ad allontanarlo da casa. L'imputato non si era rassegnato a tale decisione e veniva sorpreso mentre forzava la porta dell'appartamento della madre, che nel frattempo si era trasferito dall'altro figlio per timore dell'imputato. Avviene l'assorbimento nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (articolo 392 Codice penale) del reato di violazione di domicilio, solo se l'esercizio del preteso diritto si concretizza nel solo ingresso e nella sola permanenza , contro il volere dell'avente diritto, nell'altrui abitazione o nelle sue pertinenze. Ricorrono entrambi i reati se l'agente si introduce con violenza sulle persone o sulle cose , contro la volontà del soggetto che ha diritto all'esclusione , al fine di asportare cose su cui vanta un diritto (Cassazione 8996/2000; n. 8383/2013). Giulio Benedetti

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