Condominio

Condannato per stalking un condomino che molestava il proprietario di un pub nello stabile

Lamentando rumori e molestie, il condomino tra l’altro sottraeva la corrispondenza dell’esercizio commerciale ed impediva l’accesso ai clienti

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di Giulio Benedetti

La convivenza tra i vicini non può essere minacciata da comportamenti intollerabili che attentano la tranquillità quotidiana e costituiscono lo stalking condominiale. L'articolo 612 bis Codice penale punisce le reiterate minacce o molestie le quali cagionano nelle parti offese un perdurante e grave stato di ansia e di paure , o il timore per l'incolumità propria o altrui. Pertanto, per la giurisprudenza, possono esistere atti persecutori nel condominio che integrano il reato attraverso anche la realizzazione reiterate di atti molesti, idonei ad alterare , in modo fastidioso o importuno, l'equilibrio psichico di una persona.

La vicenda
La Cassazione nella sentenza 3795/2021 ha respinto il ricorso di un soggetto che era stato condannato per il reato di stalking realizzato , all'interno di un condominio , nei confronti di una vicina e dei suoi congiunti e con la violazione della corrispondenza a indirizzata al suo esercizio commerciale. Nella sentenza risulta che l'imputato e la parte lesa occupavano gli stessi spazi condominiali : la persona offesa quale gestore di un esercizio commerciale e l'imputato come occupante di un appartamento.

La convivenza tra l'esercizio commerciale, un pub, e i condomini era stata difficile e l'imputato aveva commesso varie condotte di disturbo quali l'apposizione sulle inferriate dell'esercizio commerciale di scritte quali “divieto di accesso”, nella sottrazione della corrispondenza all'esercizio, nella collocazione nella buca delle lettere della persona offesa di un coltello da cucina e di spazzatura , nell'occupazione dell'area di parcheggio con varie autovetture, in modo da ostacolare l'accesso dei clienti, nell'aggredire il figlio della persona offesa , nell'abbandono di bottiglie frantumate nell'area di parcheggio antistante l'esercizio e nel profferire invettive alla persona offesa ed ai suoi famigliari.

Il ricorso alla Suprema corte
La sentenza di condanna aveva come fondamento le dichiarazioni della persona offesa , dei suoi famigliari e la visione dei filmati delle telecamere esistenti nel luogo. Nel ricorso il difensore del condannato si lamentava che la Corte di appello avesse trascurato la grave conflittualità tra la persona offesa e i condòmini , soprattutto con riferimento ai rumori ed agli schiamazzi, anche notturni, degli avventori dei pub. Inoltre, il ricorrente si lamentava del fatto che il giudice di appello si fosse appiattito sulle dichiarazioni della persona offesa e contestava l'efficacia probatoria dei filmati degli impianti di videosorveglianza.

La Cassazione respingeva il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali della parte civile, poiché da un lato la persona offesa era stata assolta, in un precedente processo, dal reato di disturbo alla quiete pubblica , e dall'altro in quanto il giudice di appello aveva escluso, nelle dichiarazioni della persona offesa , la volontà di vendetta. Il giudice di legittimità affermava che il riscontro alla versione della persona offesa era rinvenuto in numerosi Cd dell'impianto di videosorveglia nz a dove erano registrate le varie condotte di disturbo realizzate dall'imputato , in un largo arco di tempo, tra cui risultano dimostrati episodi di imbrattamento dell'area condominiale e dell'abusiva occupazione degli spazi comuni.

La prova del reato
La corte di Cassazione , pertanto, non accoglieva una versione diversa del contrasto esistente tra l'imputato e il figlio della parte offesa, poiché costituiva un separato giudizio e non ha avuto peso nel giudizio sullo stalking, basato sulla prova di innumerevoli atti di molestia. La Cassazione sostiene , sulla base della sua giurisprudenza consolidata , che l'evento del reato di atti persecutori deve essere provato attraverso l'esame di tutti gli elementi di prova risultanti dall'istruttoria , comprese le dichiarazioni testimoniali e attraverso la valutazione dell'intrinseca odiosità delle condotte accertate.

Nel caso trattato il reato è stato ritenuto esistente sulla base dell'accertamento , da parte del giudice, degli innumerevoli atti di disturbo accertati, sulla durata delle molestie e sulla loro gravità, idonei a fuorviare la clientela del pub , a sottrarre all'impresa la corrispondenza a lei diretta , a insolentire le persone e a creare timore per la loro incolumità. Per il giudice tale situazione ha generato , nella persona offesa , un perdurante e grave stato di ansia e di paura, che integra il reato , poiché il comportamento violento del ricorrente ha una efficacia destabil izzante, pienamente accertato mediante la prova testimoniale.

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