Condominio

Diritto di veduta, nuova opera e costruzione in aderenza: le precisioni della Cassazione

In caso fossero riscontrate difformità, si è tenuti a predisporre la demolizione del manufatto

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di Ivana Consolo

La seconda sezione civile della Cassazione in questo ultimo mese ha dedicato molta attenzione al tema delle distanze legali tra le costruzioni. I principi di diritto formulati dai giudici di Piazza Cavour con la sentenza numero 25495 del 21 settembre 2021, appaiono interessanti per le seguenti ragioni:
-consentono di precisare la differenza tra il diritto di veduta (che tutela interessi esclusivamente privati), ed i limiti prescritti dalla legge in tema di distanze tra edifici (che mirano invece a salvaguardare gli interessi collettivi);
-compaiono definizioni molto precise di nuova costruzione e di costruzione in aderenza.

Il caso
Il provvedimento in esame, interviene a correggere gli errori di diritto commessi dalla Corte d'appello di Milano, chiamata a pronunciarsi sulla controversia tra 2 società di costruzioni in tema di distanze legali. Nello specifico, la società citata in giudizio aveva realizzato un edificio condominiale di ben 27 piani a ridosso di una costruzione (con annesso balcone) già esistente, di proprietà della società appellante. È da precisare che la nuova costruzione era stata eretta a seguito di demolizione di un vecchio fabbricato ad uso industriale, che aveva un'altezza di molto inferiore alla costruzione confinante e risultava costruito in aderenza alla stessa.

La nuova costruzione, era invece decisamente più ingombrante, e creava un'intercapedine di 40 centimetri laddove prima vi era perfetta aderenza, ciò in violazione delle generali norme civilistiche sulle distanze legali, nonché della normativa edilizia locale. Inoltre, i balconi e le vedute della nuova costruzione, si presentavano anch'essi non in regola con le distanze normativamente prescritte. La società proprietaria della costruzione già esistente, chiedeva quindi il ripristino dello stato dei luoghi ed il risarcimento per tutti i danni subiti.

La Corte territoriale si determinava a non accogliere nessuna delle richieste di parte appellante; non disponeva quindi alcun risarcimento danni; considerava l’intercapedine di 40 centimetri imputabile al fatto che la costruzione già esistente presentasse una gronda ed una pluviale sporgenti sul fondo di proprietà della controparte; riteneva che i balconi e le vedute della nuova costruzione non rappresentassero una violazione delle distanze di cui all'articolo 873 del Codice civile, ad eccezione di un solo balcone posto al secondo piano, per il quale non veniva tuttavia disposto obbligo di demolizione o arretramento, bensì sola apposizione di ostacoli all'affaccio ed alla visione sull'altrui proprietà.

La decisione ed i principi di diritto richiamati
La Cassazione, in totale dissenso con le decisioni adottate dalla Corte milanese, interviene a dare pieno accoglimento a tutti i motivi di ricorso proposti dalla società proprietaria della costruzione preesistente.Per comprendere e seguire il ragionamento che porta la Cassazione alla formulazione del primo rilevante principio di diritto, dobbiamo aprire una breve parentesi sulla disciplina relativa ai balconi ed alle vedute nelle costruzioni. Ebbene, la stragrande maggioranza dei balconi presenti sui nostri palazzi cittadini, sono sporgenti dalla facciata esterna e protesi nel vuoto; questi sono i cosiddetti balconi aggettanti.

I balconi incassati, invece, sono interni e senza sporgenze rispetto alla linea della facciata. Il tema delle distanze legali si pone solo con riferimento ai balconi aggettanti, poiché sono in grado di consentire vedute dirette sulle altrui proprietà. Ecco quindi che, quando si costruisce, occorre sempre rispettare la distanza di 1 metro e mezzo tra il fondo del vicino e la linea esteriore delle nuove opere realizzate. Quando il diritto di veduta è stato acquisito, c'è una regola integrativa in base alla quale il vicino non può fabbricare a distanza minore di 3 metri, che deve osservarsi anche dai lati della finestra da cui la veduta si esercita (la cosiddetta veduta obliqua). Il giudice può disporre la demolizione del balcone nella parte che eccede i limiti minimi di distanza stabiliti dalla legge o dai regolamenti comunali.

L’obbligo di demolizione
Se invece viene violato il diritto di veduta dei proprietari confinanti e limitrofi, si potrà evitare la demolizione adottando gli opportuni accorgimenti tecnici per garantire la luce e l'affaccio dei vicini.Stando così le cose, e tornando al caso concreto, la Cassazione ha ritenuto che, se la Corte territoriale considerava accertata la circostanza che uno dei balconi della nuova costruzione fosse stato realizzato in violazione delle distanze ex articolo 873 del Codice civile, avrebbe dovuto ordinarne la riduzione in pristino con demolizione delle parti che superano tali limiti. Non poteva, come invece ha fatto, limitarsi a disporre l'esecuzione di accorgimenti idonei ad impedire l'esercizio della veduta sul fondo altrui.

Difatti, un conto è «l'azione in tema di distanze tra costruzioni, che è chiaramente volta ad evitare il formarsi di intercapedini tra fabbricati, potenzialmente dannose per gli interessi generali all'igiene, al decoro, ed alla sicurezza degli abitanti»; altra cosa è «l'azione concernente l'apertura di vedute sul fondo del vicino, che tutela gli interessi esclusivamente privati del proprietario del bene dall'indiscrezione del vicino, impedendo a quest'ultimo di affacciarsi e di guardare nella proprietà del primo».La Cassazione interviene poi con delle precisazioni abbastanza pragmatiche e quindi molto utili:
-quando un nuovo fabbricato risulti di maggiori dimensioni rispetto ad un manufatto precedente, e la costruzione avviene previa demolizione del vecchio edificio, si è chiaramente in presenza di nuova costruzione. Da ciò deriva senza dubbio alcuno l'obbligo di osservanza delle norme generali e locali sulle distanze obbligatorie;
-L'assenza di intercapedini tra costruzioni, con presenza di autonomia statica e funzionale delle stesse, porta alla nozione di costruzione in aderenza, contemplata dall'articolo 877 del Codice civile.

Se anche esistono irregolarità o sporgenze su una delle costruzioni (gronde, pluviali, riseghe, e simili), tali da rendere non perfetta l'aderenza, è possibile colmare l'intercapedine venutasi a creare con specifici accorgimenti tecnici.Le precisazioni sopra esposte, portano ulteriormente ad escludere ogni possibile ragione in capo alla società che ha costruito in un momento successivo; per la Cassazione essa appare incontrovertibilmente tenuta a risarcire i danni ed a porre in essere tutto ciò che è necessario per rendere la sua costruzione perfettamente conforme alle norme edilizie generali e locali.

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