Distanze legali, attenzione alle norme locali che distinguono tra ascensore e «torrino»
Le modalità secondo cui misurare altezze e distanze tra corpi di fabbrica vanno rigorosamente osservate
Un altro provvedimento della nostra suprema Corte in tema di distanze legali. Trattasi dell' ordinanza numero 13206, emessa in data 26 aprile 2022 dalla seconda sezione civile della Cassazione .
Vediamo di quale particolare vicenda ci si è occupati in quel di Piazza Cavour.
Il caso
Siamo in presenza di una controversia tra confinanti, e l'oggetto del contendere sono, neanche a dirlo, le distanze legali. In buona sostanza, secondo una delle parti in lite, il vicino fabbricato, in fase di edificazione, non sarebbe stato realizzato tenendo nella dovuta considerazione la classificazione della zona edilizia in cui lo stesso ricadeva, nonché le regole sulle distanze previste per gli immobili ricompresi in tale stessa zona. La disputa sfociava in ben due gradi di giudizio, e la Corte d'appello accoglieva le doglianze del proprietario che si riteneva leso.
Nel corso del giudizio d'appello, si era difatti posta attenzione a quanto fosse previsto dalla normativa urbanistica locale, ed era emerso che, per gli edifici ricadenti in zona edilizia C1 (come era appunto quello oggetto del contendere), le distanze legali da osservare tra le fronti di due edifici contigui, dovessero essere sempre pari alla metà dell'altezza del fabbricato più alto. Quanto all'altezza, in base alla CTU svoltasi in corso di causa, per la sua misurazione si doveva partire dalla base del terreno di fabbrica sino a considerare anche gli eventuali volumi tecnici (per vano scale o ascensore) che fossero sporgenti rispetto alla gronda del tetto a copertura. Veniva dunque considerata non meritevole di pregio la posizione processuale della parte appellata.
I motivi di ricorso
Per nulla soddisfatta dell'esito dei giudizi precedenti, l'appellata soccombente si determina a rivolgersi alla nostra suprema Corte, adducendo sostanzialmente le seguenti argomentazioni:
- anzitutto, la zona edilizia era stata ricavata dal nominato CTU da un certificato di destinazione urbanistica, senza però tenere conto di una delibera comunale che precisava come, l'aver fatto rientrare la zona ove sorgeva il fabbricato della ricorrente nella zona edilizia C1, serviva solo per fini squisitamente riconducibili alla corretta determinazione degli oneri urbanistici;
- poi, la misurazione effettuata dal CTU per stabilire se vi fosse o meno lesione delle distanze legali, aveva ricompreso un elemento ben preciso dello stabile: il torrino dell'ascensore. Secondo il CTU, difatti, tale elemento non era qualificabile come volume tecnico, ed andava preso in considerazione ai fini della misurazione dell'altezza del fabbricato. Per l'appellata, invece, negli edifici con copertura a tetto, il limite massimo dell'altezza è rappresentato dalla linea di gronda dell'edificio, non dalla linea di gronda del torrino dell'ascensore, evidentemente più alto del tetto a copertura. Difatti, la normativa locale imponeva di considerare come volumi tecnici il vano extracorsa dell'ascensore ed il vano scale, e di non ricomprenderli nell'altezza.
La decisione
I giudici di Piazza Cavour, vengono così investiti del compito di dirimere l'ennesima controversia in tema di distanze legali. Le ragioni addotte dalla ricorrente vengono in parte ritenute meritevoli ed in parte no.In relazione alla doglianza circa la mancata considerazione della delibera comunale in tema di zone edilizie, gli ermellini ritengono che la valutazione della Corte territoriale sia corretta.
Difatti, l'aver dato rilevanza ad un certificato di destinazione urbanistica, ed ignorato la delibera richiamata dalla ricorrente, non si configura come assenza di motivazione. Con pronunzia a sezioni unite del 2014 (sentenza numero 8053), la Cassazione ha precisato che, affinché si possa ritenere valido un tale motivo di ricorso, è necessario che si ravvisi un rilievo costituzionale dell'anomalia denunciata, come nel caso di una sentenza che sia totalmente e materialmente priva di motivazione; che presenti una motivazione solo apparente o fortemente contraddittoria; oppure che abbia una motivazione fortemente perplessa o obiettivamente incomprensibile.
Nel caso di specie, si è dinanzi ad una sentenza che presenta sicuramente una motivazione, che si configura come risposta alle censure mosse. Inoltre, non si è neppure in presenza del vizio di omessa considerazione di un fatto decisivo, in quanto, sempre secondo la pronunzia a sezioni unite già menzionata, il fatto decisivo deve consistere in un fatto storico, e non in un elemento probatorio.
Nel caso in esame, la delibera comunale era stata introdotta in giudizio dalla ricorrente come elemento di prova, ed in quanto tale considerato dalla Corte territoriale.Ecco quindi che, una delle argomentazioni difensive addotte in ricorso, non viene per nulla ritenuta meritevole di accoglimento.Veniamo all'altra.Secondo la suprema Corte, le difese rassegnate in merito alla misurazione dell'altezza del fabbricato, sono pienamente condivisibili e dotate di pregio.
Difatti, dall'esame della normativa locale, si evince chiaramente come, manufatti quali i vani scale che consentono di accedere ai locali del sottotetto, o i vani extracorsa degli ascensori, che siano sporgenti (più alti) del tetto di copertura di un edificio, debbano considerarsi volumi tecnici e vadano esclusi dalle altezze. Il CTU nominato nel precedente grado di giudizio, ha dunque errato nel non fermarsi (per la misurazione dell'altezza) alla linea di gronda dell'edificio, e nel considerare la linea di gronda del torrino dell'ascensore; conseguentemente, la Corte territoriale ha a sua volta errato nel non distinguere tra torrino ed ascensore, con ciò violando la normativa locale applicabile.Alla luce dei suesposti ragionamenti, la Cassazione ritiene meritevole di accoglimento solo quest'ultimo fra i motivi di ricorso; ma è ragione sufficiente per cassare con rinvio la sentenza impugnata.