È stalking insultare i vicini e imbrattare la loro porta
Rischia la condanna per stalking la vicina che imbratta la porta di casa di altri condomini, lanciando anche della varechina. Che i rapporti di buon vicinato sono spesso solo un retaggio di tempi passati è ormai noto, ma nel caso esaminato dalla Cassazione, con la sentenza 44323/2019 , si può parlare di vera e propria guerra all'interno di uno stabile, anche se in realtà ad aggredire era solo la coppia di ricorrenti: la moglie si incaricava degli atti di teppismo contro l'uscio degli odiati coniugi della porta accanto, oltre a minacciarli ed insultarli, mentre il marito, passando alle vie di fatto li aveva picchiati. Una faida annosa che era già costata ai persecutori una condanna inflitta dal giudice di pace e confermata dal tribunale.
Alla donna erano stati contestati quattro reati: getto di cose pericolose, deturpamento e imbrattamento di cose altrui, minacce e ingiurie: tutti assorbiti nel reato di stalking. La difesa tenta prima di percorrere una via strettamente giuridica, contestando la violazione del principio del ne bis in idem, perché le condotte contestate era già state oggetto di condanna.
Altra strada è negare il reato di stalking perché il trasferimento temporaneo in un'altra città della coppia presa di mira, non bastava ad integrare il cambiamento di vita richiesto dall'articolo 62-bis del Codice penale che punisce gli atti persecutori, mancando la prova del nesso tra lo spostamento e i soprusi . Ma nessuna delle due tesi regge. Non c'è violazione del ne bis in idem perché i tempi sono diversi e diverso era l'oggetto della precedente condanna che aveva riguardato solo le minacce rivolte al figlio delle vittime di stalking, percosse e lesioni. Per quanto riguarda il cambio di città per i giudici era dovuto al fondato timore per la propria incolumità a causa delle ripetute aggressioni subite.
Le «case di ringhiera» ambrosiane, emblema di una tipologia edilizia popolare
di Fulvio Pironti - Avvocato condominialista