Fisco

Focus del venerdì: come cambiare categoria catastale per godere dei benefici fiscali in condominio

Non si può declassare un immobile di lusso, facendolo accedere al superbonus, appellandosi al peggioramento della qualità di vita nel quartiere in cui sorge

di Rosario Dolce

La categoria catastale A1 inquadra le abitazioni di tipo signorile. Si tratta delle unità immobiliari che appartengono a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati residenziali. Si tratta di una categoria rilevante anche dal punto di vista fiscale. Così, ad esempio, per tali immobili il superbonus spetta solo per gli interventi effettuati sulle parti comuni; viceversa, qualunque intervento venga eseguito sulla singola abitazione di lusso non godrà della detrazione al 110%, ma di quella eventualmente ordinaria (il comma 15-bis dell'articolo 119 del Dl rilancio stabilisce, infatti, che il superbonus non si applica «alle unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8, nonché alla categoria catastale A/9 per le unità immobiliari non aperte al pubblico»).

La Cassazione affronta il tema del cambio catastale

Ora, che succede se il quartiere e il condominio in cui è ubicato l'immobile, nel corso del tempo, non presenti più le caratteristiche signorili originarie? Si può mutare la categoria catastale? E, se sì, in che modo? Risponde alle domande appena poste la Cassazione, sezione sesta, con l'ordinanza 22 dicembre 2022 numero 37491. Il caso da cui prende spunto la controversia è l'impugnazione, da parte di un condòmino, di un avviso con cui l’agenzia delle Entrate aveva respinto la proposta di variazione, da A/1 in A/2, dell’accatastamento del proprio appartamento, avanzata con procedura Docfa. A tal riguardo, veniva argomentato che il quartiere in cui era ubicato il condominio aveva subito l’eliminazione di zone verdi e l’innalzamento della densità abitativa e viaria; nel condominio era stato aperto un albergo con conseguente pregiudizio della tranquillità e del decoro, il giardino era stato trasformato in parcheggio a servizio dei clienti dell’albergo, era stato eliminato il servizio di portineria, alcuni appartamenti erano stati frazionati; unità abitative site nei pressi erano accatastate in A/2.

I chiarimenti della Suprema corte

La richiesta del contribuente - accolta nelle fasi di merito dinanzi alle commissioni tributarie territoriali – perviene dinanzi ai giudici di legittimità, i quali cassano la sentenza impugnata, assumendo la sussistenza di un grave errore procedurale. A tal riguardo, viene precisato che la revisione del classamento di un immobile ubicato all'interno di un condominio negli edifici può essere modificata a seguito della presentazione delle dichiarazioni di nuova costruzione e di variazione edilizia ex Dm 701/1994 o per effetto di provvedimenti ministeriali che prevedono la revisione parziale o generale degli estimi ovvero del classamento.

L’articolo 38, comma primo del decreto Presidente della Repubblica 1986 numero 917 stabilisce poi un ulteriore strumento di rideterminazione della rendita catastale residuale rispetto a quelli precedenti, prevedendo che «se per un triennio il reddito lordo effettivo di una unità immobiliare differisce dalla rendita catastale per almeno il 50% di questa, l’ufficio tecnico erariale, su segnalazione dell’ufficio delle imposte o del Comune o su domanda del contribuente, procede a verifica ai fini di un diverso classamento dell’unità immobiliare, il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti; in mancanza di questi è determinato comparativamente ai canoni di locazione di unità immobiliari aventi caratteristiche similari e ubicate nello stesso o in altri fabbricati viciniori».

La qualificazione dell’immobile come signorile, civile o popolare

La Commissione tributaria regionale – così soggiunge il provvedimento in commento - ha male applicato, dunque, la normativa che disciplina la revisione catastale, dissociandosi anche dal principio enunciato in un precedente, a mente del quale: «in tema di estimo catastale, in assenza di una specifica definizione legislativa delle categorie e classi, la qualificazione di un’abitazione come «signorile», «civile» o «popolare» corrisponde alle nozioni presenti nell’opinione generale in un determinato contesto spazio-temporale e non va mutuata dal Dm 2 agosto 1969, atteso che il procedimento di classamento è volto all’attribuzione di una categoria e di una classe e della relativa rendita alle unità immobiliari, mentre la qualificazione in termini «di lusso», ai sensi del citato Dm, risponde alla finalità di precludere l’accesso a talune agevolazioni fiscali (Cassazione 2250/2021 e 23235/2014)».

In altri termini, ciò che è dato ricavare dalla ordinanza in esame è l'assunto per cui: non si può utilizzare la procedura Docfa per modificare la categoria catastale di un immobile prendendo spunto non tanto da una modifica nella consistenza dell’unità abitativa, bensì da una variazione peggiorativa delle condizioni del quartiere urbano in cui l’unità è situata e a modifiche che, nel tempo, hanno riguardato l’edificio condominiale di cui l’unità fa parte.

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