Il Comune deve far cessare le immissioni rumorose superiori alla normale tollerabilità
Troppi permessi per attività fonti di rumore sarebbero stati concessi nella stessa area
Un tema di stretta attualità la cosiddetta malamovida, con la tematica della tutela del diritto al riposo in condominio che riguarda numerose città italiane. È per questo che è particolarmente interessante l a pronuncia 1198/2022 della Corte d’appello di Torino depositata il 15 novembre scorso. In un area cittadina, un numeroso gruppo di residenti aveva citato il Comune, in quanto avrebbe omesso, ai sensi delle competenze di legge, di inibire la rumorosità del quartiere; contestualmente chiedevano il risarcimento dei danni avendo i tecnici accertato il superamento dei limiti per più anni.
La conferma della prima pronuncia
In primo grado, con la sentenza 1261/2021, il Tribunale di Torino aveva accertato l’illegittimità delle immissioni rumorose oltre la normale tollerabilità ai sensi dell’articolo 844 Codice civile e, quindi, la responsabilità del Comune, condannandolo a risarcire ogni residente con la somma di euro 48,00 giornaliere, sulla base delle tabelle del Tribunale di Milano relative al risarcimento danni.La Corte d’appello di Torino seconda sezione Civile, con sentenza del 13 ottobre 2022, ha confermato la decisione, respingendo anche i motivi di carenza di legittimazione passiva del Comune e carenza di giurisdizione del tribunale ordinario.
In particolare, ha ribadito il comportamento omissivo del Comune che non aveva messo in atto tutti gli strumenti idonei per far cessare la rumorosità oltre la normale tollerabilità nel quartiere.L’eccessivo affollamento, con tutte le conseguenze negative, non era causale, ma dipendeva dalla concentrazione di un numero eccessivo di esercizi commerciali, 20 quelli individuati come fonte di rumore, in attuazione di ben precise scelte di concessioni di permessi e licenze compiute dal Comune stesso che, in sua difesa, aveva evidenziato, che ai gestori era stato fatto carico di ben specifiche attività di dissuasione da svolgere anche all’esterno del locale e nelle loro adiacenze (dehors compresi), ai sensi del regolamento di polizia.
L’atteggiamento omissivo del Comune
Inoltre l’inerzia dei titolari degli esercizi poteva concorrere a configurare l’abuso del titolo previsto dall’articolo 10 Regio Decreto 733/1931, testo unico delle leggi di pubblica sicurezza ai fini della sospensione dell’autorizzazione del pubblico esercizio. Nei casi più gravi, infatti, può essere disposta la revoca.Secondo le statuizioni delle sentenze citate, il Comune non avrebbe adottato le misure previste ed in suo potere o lo avrebbe fatto in modo del tutto insufficiente.In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Torino ha ridotto la somma risarcitoria stabilendo però che, qualora il Comune, trascorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, non adotti tutte le misure atte far cessare le immissioni rumorose superiori alla normale tollerabilità, lo stesso sarà condannato al pagamento di una somma di € 10,00 per ogni giorno di ritardo.