Condominio

Il condominio blocca l’attività del ristorante, niente società di comodo

Disapplicazione della normativa sulle società di comodo per il ristorante “bloccato” dalla delibera condominiale

di Massimo Romeo

Disapplicazione della normativa sulle società di comodo per il ristorante “bloccato” dalla delibera condominiale. Così si pronuncia la Commissione tributaria regionale per la Lombardia con la sentenza 2308/2021, depositata il 18 giugno.

Una società operante nel settore della ristorazione presentava all’agenzia delle Entrate un'istanza per il rimborso del credito Iva, come risultante dalla dichiarazione Unico/2016 per il periodo d’imposta 2015, indicando quale presupposto la minore eccedenza detraibile del triennio. L’Ufficio, successivamente, notificava alla contribuente un provvedimento di diniego in quanto società non operativa per tre periodi d’imposta consecutivi non avendo la stessa effettuato operazioni rilevanti ai fini Iva per un ammontare non inferiore all’importo risultante dall’applicazione delle percentuali di cui al comma 1 dell’articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724. Tra le prove prodotte in giudizio volte alla disapplicazione della disciplina vi era una visura Cdc che attestava la molteplicità delle negoziazioni compiute prima di una delibera assembleare del condominio in cui insisteva l’attività di ristorazione che di fatto ne aveva impedito lo svolgimento. La società faceva altresì presente di non possedere “altri immobili” tranne uno che, alla luce delle condizioni del mercato della zona ove era ubicato, non risultava sfruttabile economicamente (e per questo motivo messo in vendita).

I giudici di secondo grado, invece, ribaltano la decisione di primo grado riconoscendo alla contribuente l’esimente dall’applicazione della normativa sulle società di comodo e, per l’effetto, il suo diritto al rimborso. La Ctr ha considerato dirimente quanto risultante dagli atti, e non contestato dall’ufficio, ovvero che l’attività di ristorazione della contribuente era stata interrotta a causa di una delibera del condominio che le aveva proibito di utilizzare la canna fumaria, ossia per una causa non oggettivamente prevedibile e imputabile alla società. Tale delibera, fra l’altro, era stata impugnata dalla società ed era stata in seguito annullata dal giudice in quanto ritenuta illegittima: il danno da essa causato era stato quello di impedire/limitare l’attività per il periodo in contestazione.

Il collegio smentisce altresì la tesi dell'Ufficio, avallata in primo grado, secondo la quale la società possedeva altri immobili da cui avrebbe potuto o dovuto ritrarre reddito anche convertendo l’attività di ristorazione in negozio di vendita alimentari: soluzione poco praticabile sia per l’ubicazione stessa dell’immobile sito in zona residenziale, sia per l’impiego di investimenti di non poco conto.

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