Il diritto condominiale preso sul serio: l’invio di convocazione assemblea per immobili in comproprietà
Due gli orientamenti giurisprudenziali ma l’amministratore per evitare contestazioni può attenersi ai dati dell’anagrafe condominiale
Per quanto riguarda l’invio della convocazione in assemblea un importante problema si presenta quando una unità immobiliare è in comproprietà. In questa situazione è sufficiente inviare un unico avviso di convocazione indirizzato ad uno solo dei comproprietari e non anche a tutti gli altri? Non esiste una disposizione specifica in proposito e l’unica norma che si occupa di questi aspetti è l’articolo 67, comma 2, delle disposizioni di attuazione del Codice civile, secondo cui qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste ultime hanno diritto a un solo rappresentante in assemblea, che viene designato dai comproprietari interessati nel modo previsto dall’articolo 1106 del Codice civile, vale a dire facendo riferimento alla maggioranza calcolata in base al valore delle quote dei comproprietari.
I coniugi comproprietari
Il problema del corretto invio della convocazione dimostra tutta la sua rilevanza quando comproprietari sono, ad esempio, i due coniugi che abitano nell’immobile a cui si riferisce la convocazione. Infatti perfino in questo particolare caso, oltretutto piuttosto frequente, è necessario che entrambi i coniugi siano singolarmente convocati dall’amministratore, non solo per essere sicuri che tutti i comproprietari siano debitamente informati sull’oggetto della discussione, ma anche per dare loro modo di stabilire chi, fra di essi, è incaricato di rappresentarli nell’assemblea.Nonostante qualche sentenza di merito più permissiva, è questa la soluzione adottata dalla giurisprudenza della Suprema corte.
Si afferma infatti che, con riguardo all’assemblea di condominio, l’articolo 67 delle disposizioni di attuazione del Codice civile – nel disporre che qualora un piano o porzione di piano dell’edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante – non comporta che, per la valida costituzione dell’assemblea, sia sufficiente la convocazione di uno solo dei comproprietari del bene indiviso; è invece necessario che tutti siano avvertiti allo scopo di indicare quale di essi sarà il loro rappresentante nell’assemblea (Cassazione sentenza 28 luglio 1990, n. 7630).
Non sufficiente la convocazione di uno solo di essi
Nello stesso senso pure la giurisprudenza di merito recente (Corte di appello di Catania, sentenza 23 aprile 2019, n. 924) ha affermato che nel caso di unità abitative oggetto di comunione legale fra i coniugi e, dunque, in comproprietà fra di loro, l’invio dell’avviso di convocazione assemblare ad uno solo di essi non è sufficiente a soddisfare l’obbligo dell’amministratore di notiziare tutti i condomini; e che tale vizio non si può ritenere sanabile neppure nel caso in cui il coniuge destinatario dell’avviso partecipi all’assemblea, senza però manifestare la propria qualità di rappresentante dell’altro coniuge attestato da idonea forma scritta.
L’orientamento secondo cui tutti i comproprietari, senza esclusioni, devono essere convocati in assemblea, anche allo scopo di poter concordare la propria posizione sulle questioni poste all’ordine del giorno e designare il proprio rappresentante comune è stato espresso anche da Tribunale di Roma, sentenza 27 settembre 2021, n. 14944. Ed ancora Tribunale di Grosseto sentenza 7 giugno 2018, n. 565, ha affermato che, per la validità delle delibere assembleari, è necessario che tutti gli aventi diritto siano stati regolarmente convocati, che inoltre spetta all’amministratore il compito di avvisare anche coloro che non vivono in modo stabile nell’edificio condominiale e di individuare correttamente coloro ai quali deve essere inviata la convocazione all’assemblea, affinché la stessa possa legittimamente deliberare ed infine che, qualora vi siano più comproprietari di una unità immobiliare che fa parte del condominio, la convocazione deve giungere a ciascuno di essi, affinché possano individuare un loro rappresentate per la partecipazione all’assemblea.
L’orientamento di segno opposto
In senso opposto è stato deciso in passato che l’avviso di convocazione all’assemblea, nel caso di più comproprietari, può essere validamente spedito anche ad uno solo di questi, presso l’abitazione comune, in quanto è valido l’invio di un solo avviso, in mancanza di particolari disposizioni o convenzioni, presso l’abitazione dei comproprietari dell’immobile in un unico esemplare, spettando infatti al coniuge che ha cambiato residenza l’obbligo di comunicare all’amministrazione il suo nuovo indirizzo (Tribunale di Milano, sentenza 25 maggio 1992).
E anche più di recente Tribunale di Palermo sentenza 2 febbraio 2022, n. 465, ha affermato che la comunicazione della data dell’assemblea e dell’ordine del giorno fatta ad uno solo dei comproprietari di una unità immobiliare compresa in uno stabile condominiale è idonea a validare la convocazione e la costituzione dell’adunanza, osservando inoltre che, d’altra parte, non si può pretendere che l’amministratore che convochi l’assemblea lo faccia anche nei riguardi di chi non ha comunicato la sua titolarità pro-quota di una parte dell’immobile facente parte del condominio.
L’anagrafe condominiale in aiuto all’amministratore
Come spesso succede, una lettura approfondita delle decisioni dimostra allora che i due orientamenti – in apparenza del tutto opposti fra di loro – sono invece assai meno distanti di quanto sembra. Quando uno o alcuni dei comproprietari dell’immobile vengono meno al loro obbligo di informare debitamente l’amministratore con riguardo alla titolarità del bene (e spesso questo viene fatto ad arte), si complica il compito dell’amministratore nel momento in cui deve convocare l’assemblea, inducendolo così indirettamente a convocare solo il condomino noto come tale.
Per evitare però che un invio incompleto delle convocazioni possa esporre il condominio ad impugnazioni, anche strumentalmente organizzate da condòmini in malafede, l’amministratore ha a disposizione quanto prevede l’articolo 1130, n. 6, del Codice civile, che, in relazione al registro di anagrafe condominiale, da una parte impone ai condòmini di comunicare all’amministratore ogni variazione dei dati in forma scritta entro sessanta giorni e dall’altra parte attribuisce all'amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, il potere di richiedere con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe e, decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, di acquisire tutte le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili.