Condominio

Il diritto al risarcimento danno per vizio da appalto non si trasferisce con la compravendita

Senza un patto espresso di cessione va esclusa la risarcibilità all’acquirente dei danni verificatisi prima dell’acquisto

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di Rosario Dolce

Il diritto al risarcimento del danno per vizi nell'immobili cagionati da un appalto condominiale, per la sua natura di diritto di credito, non si trasferisce insieme alla proprietà senza un patto espresso di cessione, sicché deve escludersi la risarcibilità in favore dell’acquirente delle serie di degradazioni e deprezzamenti verificatisi prima del momento del suo acquisto. Ciò è quanto riportato dalla Ordinanza 5645 della Corte di Cassazione del 21 febbraio 2022 (relatore Antonio Scarpa).

Il caso da cui prende spunto la controversia è una domanda di accertamento dei vizi e di condanna al correlato risarcimento dei danni avanzata da due condòmini nei confronti del proprio condominio e dell'amministratore (con riferimento alla porta del terrazzo ed alla rottura dei vetri dell'unità immobiliare verificatesi – per come è dato supporre dalla breve descrizione del fatto - in occasione di un appalto condominiale).

Faceva da corollario alla vicenda in questione anche una delibera dell'assemblea dei condòmini intervenuta a distanza di circa cinque anni dalla chiusura dell'appalto, con cui l'adunanza aveva disposto di rinunciare allo svolgimento di qualsivoglia azione nei confronti dell'appaltatore in questione.

La Corte di Cassazione, con il provvedimento in commento, dichiara l'inammissibilità dell'azione esperita dai condòmini di cui trattasi e coglie l'occasione per puntualizzare alcuni principi di diritto degni di nota.I giudici di legittimità, intanto, non perdono l'occasione di “bacchettare” i ricorrenti, assumendone la rispettiva carenza di legittimazione ad agire in sostituzione del condominio (come era stato correttamente rilevato nella fase di merio). I

In effetti i danni all'immobile a cui essi facevano riferimento riguardavano lo svolgimento di un appalto che si era svolto all'allorquando gli stessi non avevano ancora acquistato la proprietà; da qui, l'enunciazione del seguente principio di diritto: “invero, nel caso di trasferimento di un immobile, cui con opere e fatti di qualsiasi genere siano stati apportati danni da terzi, il diritto al risarcimento del danno causato dall’immutazione, per la sua natura di diritto di credito, non si trasferisce insieme alla proprietà senza un patto espresso di cessione, sicché deve escludersi la risarcibilità in favore dell’acquirente delle serie di degradazioni e deprezzamenti verificatisi prima del momento del suo acquisto”.

I giudici della Cassazione, con riguardo al secondo motivo di ricorso (correlato all'addotta responsabilità professionale dell'amministratore), valutano l'operato dell'amministratore incensurabile, a fronte del tenore della delibera assembleare che lo smarcava dall'esperimento di qualsivoglia azione di nei confronti dell'appaltatore. Una tale deliberazione assembleare determina – così soggiunge letteralmente il provvedimento in commento - l’insorgere del potere-dovere dell’amministratore, in base all’articolo 1130, n. 1, c.c., di darne attuazione, sicché la stessa non può integrare un fatto illecito idoneo a fondare una responsabilità risarcitoria personale dell’amministratore, oppure una condanna al risarcimento del danno del condominio, quale centro di imputazione degli atti e delle attività compiute dalla collettività condominiale e delle relative conseguenze patrimoniali sfavorevoli.

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