Il fallimento delle mediazioni obbligatorie relative al recupero dei contributi condominiali contestati
L’amministratore necessita di autorizzazione per parteciparvi, ma in caso di opposizione il procedimento va avviato dal condominio, non dal moroso
Il motivo fondamentale per cui l'amministratore agisce contro i condòmini è il recupero delle quote condominiali non pagate, che può richiedere in via giudiziale, senza preventiva autorizzazione assembleare, in quanto l'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile gli consente di farlo. Anzi, l'articolo 1129 comma 9 Codice civile prescrive proprio l'obbligo dell'amministratore di attivarsi per il recupero delle quote condominiali insolute, entro il termine di sei mesi dalla chiusura del rendiconto, salvo che non riceva apposita dispensa da parte dell'assemblea di condominio. Peraltro, è pacifico che l'amministratore possa richiedere l'emissione del decreto ingiuntivo anche sulla scorta del solo preventivo di spese approvato dall’assemblea (Cassazione 24299/2008).
Ci vuole l’autorizzazione per partecipare alla mediazione
Il problema che si pone, però, è che l'emissione del decreto ingiuntivo contro il condomino moroso, di fatto, non esclude, che l'amministratore possa essere costretto a convocare l'assemblea, per ottenere una delibera riferita alla riscossione del credito ingiunto. In pratica è possibile che il condomino destinatario dell'ingiunzione di pagamento proponga opposizione avverso il decreto notificatogli, instaurando una lite condominiale che, di fatto, costringe l'amministratore a convocare l'assemblea, per ottenere l'autorizzazione a partecipare al procedimento di mediazione obbligatorio, di cui al terzo comma dell'articolo 71 quater disposizioni attuative Codice civile.
Tale norma, infatti, prevede che per le controversie condominiali riferite alle previsioni ricomprese dall’articolo 61 all’articolo 72 delle disposizioni attuative, e quindi anche per quelle relative alla riscossione dei contributi, di cui all'articolo 63 , sia obbligatorio esperire, in via preliminare, il tentativo di mediazione. In sintesi, per comporre la controversia condominiale è necessario ricorrere all'attività di mediazione svolta da un terzo, imparziale, che assista i soggetti nella ricerca di un accordo amichevole, anche con eventuale formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa (Dlgs 28/2010 modificato dalla legge 98/2013).
L’attivazione del procedimento di mediazione
Ma non basta, perché la giurisprudenza più recente ha financo stabilito che in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, a seguito di decisione giudiziale sulla sospensione della provvisoria esecuzione, è il creditore opposto, e quindi il condominio, a dover attivare il procedimento di mediazione nei confronti del debitore opponente, cioè del condomino moroso, per evitare la pronuncia di improcedibilità della causa e la revoca dello stesso decreto ingiuntivo (Cassazione Sezioni unite sentenza 19596/2020). Ciò nonostante la Suprema corte fosse già intervenuta sull'argomento nell'anno 2015, con sentenza 24629 della terza sezione, stabilendo, invece, che l'onere della mediazione, dovesse essere accollato in capo al debitore opponente, ossia al condomino ingiunto e non al condominio opposto.
In ogni caso, al di là dell'onere ad avviare la mediazione, l'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea, per deliberare in merito all'avvio o alla partecipazione al procedimento di mediazione relativo alla contestazione del credito ingiunto. Ne discende che, al netto di eventuali vizi di nullità della delibera di approvazione del credito ingiunto, che di per sé giustificherebbe il possibile sindacato del giudice dell'opposizione (Cassazione, Sezioni unite, 9839/2021), nella quasi totalità degli altri casi l'assemblea non ha alcun interesse a modificare l'importo delle quote ingiunte e poi contestate dal moroso.
Se si vogliono concedere sconti è necessaria l’unanimità
In proposito, è verosimile che l'assemblea non possa proprio procedere a deliberare riduzioni o finanche l'annullamento delle quote ingiunte, già calcolate e approvate legittimamente dall'assemblea precedente. Infatti, in caso di riduzioni e/o annullamenti delle quote ingiunte, l'assemblea dovrebbe decidere di recuperare le quote scontate addebitando a tutti gli altri condòmini, pro quota, gli importi scontati al moroso, per coprire la mancata entrata, assunto che la contabilità deve andare a pareggio. E per giunta, nell'ipotesi in cui l'assemblea dovesse decidere di procedere a sconto, non potrebbe farlo assumendo una delibera a maggioranza, necessitando, al contrario, l'accordo di tutti i condòmini dell'edificio, che dovrebbero farsi carico delle quote scontate al moroso, e ciò pure in presenza di un avanzo di bilancio, che contabilmente appartiene a tutti i comproprietari.
L'unanimità dei consensi dei proprietari dell'edificio, per una tale decisione, sarebbe da considerare la regola, di fronte allo sconto o all'annullamento degli importi dovuti dal moroso. Ciò in quanto trattasi di una delibera assunta in difformità dai criteri disposti dall'articolo 1123 del Codice civile, che impone il pagamento delle spese condominiali in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo, appunto, diversa convenzione. In quest'ambito, al di là del quorum deliberativo, è impensabile, comunque, che l'assemblea possa avere interesse a partecipare alla mediazione o addirittura a promuoverla, con tanto di addebito dei relativi costi a carico dei condòmini solventi, per discutere di un credito vantato legittimamente nei confronti di un condomino moroso.
Cosa dovrà prevedibilmente fare l’assemblea
È ovvio, però, che nel caso di una mediazione deferita dal giudice, a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo, l'assemblea non possa far altro che promuovere la stessa mediazione o aderire all'invito, per evitare l'addebito dell'improcedibilità della causa e la condanna del condominio. A questo punto, però, l'assemblea può ricorrere ad un escamotage e cioè può deliberare di aderire alla mediazione, con mandato all'amministratore a partecipare al primo incontro, cosiddetto preliminare, pagando i diritti di segreteria, e stabilendo, contestualmente, di non voler partecipare al successivo incontro, ottenendo, così, un verbale negativo di mediazione, che chiude il procedimento, da parte dell'organismo di mediazione adito da una delle parti.
Ciò consente al condominio di evitare conseguenze negative derivanti dalla mancata partecipazione al procedimento di mediazione obbligatoria. Difatti, la mancata partecipazione del condominio alla mediazione potrebbe configurarsi come una condotta posta in essere «senza giustificato motivo», che può indurre il giudice a dedurre da tale comportamento argomenti di prova contro lo stesso condominio, condannandolo, poi, a versare una somma pari al doppio del valore del contributo unificato dovuto per il giudizio, così come previsto dall'articolo 5 del Dlgs 28/2010. In definitiva, in questi casi, il tentativo di conciliazione obbligatoria può definirsi un fallimento.
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di Laura Capelli - dirigente Unai Bergamo