Condominio

Il rendiconto condominiale deve partire dai dati di chiusura del consuntivo dell'anno precedente

Si applica il principio di continuità che non lede il limite annuale di gestione condominiale

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di Eugenia Parisi e Fabrizio Plagenza

Con la sentenza 284 pubblicata il 19 dicembre 2022, il Tribunale di Sulmona torna ad occuparsi di una questione sempre oggetto di contenzioso giudiziario : l’inserimento nel bilancio consuntivo di tutte le somme dovute dal condomino moroso, anche se riferite a gestioni precedenti.

I fatti di causa

Nel caso trattato dalla sentenza 284/22, gli opponenti impugnavano la delibera assembleare con cui era stato approvato il consuntivo di esercizio 2018-2019 ove risultavano, per quanto atteneva la loro posizione, presunti oneri dovuti per gestioni precedenti che ritenevano non dovuti.Si discuteva, in sostanza, sulla natura e sulla funzione dei saldi di bilancio, ai fini di comprenderne la liceità del contenuto della delibera di approvazione, poi impugnata.

Il bilancio è idoneo titolo di credito, ma non costitutivo

Il Tribunale di Sulmona, nell’esame della controversia, muove dal presupposto che il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità e di merito, ritiene che il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una posta di debito permanente di quel partecipante), una volta approvato dall'assemblea, può essere impugnato ai sensi dell’articolo 1137 Codice civile costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso (Cassazione 3847/2021; nel medesimo senso si veda; Cassazione 4489/2014; Tribunale Cosenza 1488/2022).

Il principio di continuità

Una volta inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condòmini morosi nel pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, le pregresse morosità, ove rimaste insolute, devono essere riportate altresì nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio. Il rendiconto condominiale, in forza di un principio di continuità, deve, cioè, partire dai dati di chiusura del consuntivo dell'anno precedente, a meno che l'esattezza e la legittimità di questi ultimi non siano state negate con sentenza passata in giudicato, ciò soltanto imponendo all'amministratore di apporre al rendiconto impugnato le variazioni imposte dal giudice, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo.

Non è leso il limite annuale di gestione

Non ha senso invocare al riguardo il limite della dimensione annuale della gestione condominiale, la quale vale ad impedire, piuttosto, la validità della delibera condominiale che, nell'assenza di un'unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condòmini ad una previsione pluriennale di spese (Cassazione 20006/2020; Cassazione 7706/1996). È stato dunque ritenuto corretto e legittimo l'inserimento nel consuntivo approvato con la delibera impugnata delle pregresse morosità, non sanate. Anche perché, dall'esame degli altri rendiconti e consuntivi, il credito vantato dal condominio risultava pacificamente. La pregressa morosità, non sanata, risultava inoltre inserita nel nuovo rendiconto approvato dal condominio con successiva delibera, non impugnata né contestata circa l'eventuale assenza di ulteriori nuove morosità. Infine le supposte sentenze di accoglimento delle precedenti opposizioni non erano state prodotte in giudizio.

Conclusioni

In giurisprudenza, si è più volte affermato il principio secondo cui le eventuali poste a titolo di saldi derivanti da bilanci precedenti, meramente richiamate nei riparti di bilancio di esercizi successivi portati all'approvazione, «lungi dal dover essere oggetto di un riconoscimento ulteriore da parte del debitore, non sono neanche frutto della delibera successiva (nella quale sono richiamati)». Infatti, «le eventuali poste a titolo di saldi derivanti da bilanci precedenti», meramente richiamate a fini contabili per esigenze di chiarezza e di veridicità (articolo 1130 bis Codice civile) nei riparti di bilancio di esercizi successivi portati all'approvazione, «non devono nuovamente essere approvati» in quanto hanno «natura dichiarativa» e trovano la loro fonte nelle delibere di approvazione dei precedenti bilanci; così che non devono essere nuovamente approvati né riconosciuti (Tribunale di Roma, sentenza n. 12563/2021).


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