Condominio

Impianto di condizionamento difettoso, non si ha diritto al risarcimento se non si prova il disagio abitativo

Se il malfunzionamento non ostacola disponibilità e utilizzabilità dell’immobile, il proprietario non può chiedere indennizzi

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di Ivan Meo

Nessun risarcimento per i danni non patrimoniali causati dall'acquisto di un appartamento dotato di impianto di condizionamento d'aria non funzionante. In assenza di prova contraria, infatti, si tratta «fastidi o disagi non gravi, la cui risarcibilità è esclusa dall’impossibilità di configurare la lesione di un diritto inviolabile costituzionalmente garantito, suscettibile di attivare la tutela risarcitoria (anche) al cospetto di un inadempimento contrattuale». Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza 29349/2022 .

Il caso

Nel caso di specie, i proprietari di un appartamento dotato di impianto di condizionamento dell'aria, rilevando il mancato funzionamento dell'impianto di raffrescamento, avevano ottenuto la sostituzione dell'impianto, con successivo rimpiazzo delle condutture ad esso connesse. Nonostante questo, gli acquirenti citavano in giudizio la società venditrice e la costruttrice, chiedendo la riduzione del prezzo d'acquisto, in ragione del minore valore dell'immobile venduto, nonché il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. I giudici di primo e secondo grado avevano rigettato la domanda, ma i nuovi proprietari ritenevano invece che vi fossero i presupposti per la richiesta del risarcimento in forma specifica derivante non solo dal mancato funzionamento dell'impianto. Lamentavano, infatti, un’ulteriore voce di danno corrispondente alla «sensibile menomazione del normale godimento dell’edificio destinato ad abitazione».

Manca la gravità del pregiudizio

Secondo la Cassazione, la “compressione” o “limitazione” del godimento dell’appartamento, non sfociata nella perdita della disponibilità dello stesso, finisce per tradursi in un «personale disagio o sacrificio, inquadrabile nei termini di un danno non patrimoniale, la cui risarcibilità è in radice esclusa dall’impossibilità di configurare la lesione di un diritto inviolabile costituzionalmente garantito, suscettibile di attivare la tutela risarcitoria (anche) al cospetto di un inadempimento contrattuale» (Cassazione, 26972/2008).

La Corte ha precisato che quello denunciato dai ricorrenti rientra nel campo di quei fastidi o disagi che non assurgono al rango della gravità dell’offesa e della serietà del pregiudizio (ulteriori requisiti di risarcibilità del danno non patrimoniale, delineati dalla sentenza delle Sezioni Unite 26972/2008 e ribaditi dalla successiva giurisprudenza di legittimità). Elementi che non possono pertanto prevalere rispetto al principio di tolleranza che permea i rapporti tra i consociati (articolo 2 della Costituzione).

Il disagio abitativo va provato

La Cassazione ha confermato la decisione di merito, in quanto non sussiste la prova circa la serietà del danno lamentato. Infatti, spetta al proprietario che chiede il risarcimento fornire al giudice la prova del pregiudizio conseguente. Nel caso in esame, i ricorrenti non hanno fornito alcuna prova dell’ingiusta deprivazione della disponibilità di un bene immobile di sua proprietà. A tal proposito, ricordiamo che la compressione o la limitazione del diritto di proprietà di un immobile è suscettibile di valutazione economica, lasciando a carico del proprietario del bene il relativo onere probatorio (vedi Cassazione, 4779/1988).

In altri termini, pur ove fosse da reputarsi provata la mancata utilizzabilità dell’impianto, seppur temporanea, non comporta automaticamente il risarcimento di alcun danno patrimoniale, né di alcun danno non patrimoniale correlato al disagio ed alla compromissione della vita quotidiana, se non effettivamente dimostrato. Nel caso di specie, i ricorrenti non avevano neanche dovuto abbandonare l’immobile potendolo utilizzare (in tutto o in parte) secondo la sua destinazione economica, a causa del malfunzionamento o della necessità di sostituire i condizionatori.

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