Impugnazioni delibere e compenso amministratore tra i temi delle pronunce della settimana
Negandosi un «interesse condominiale» distinto da quello dei condòmini, il giudice può solo rinvenire un eccesso di potere assembleare non valutare la convenienza della delibera
In Diritto e pratica condominiale 27 marzo 2023 è stato pubblicato il contributo di D. Longhi, Le impugnazioni condominiali alla luce della riforma Cartabia. È noto che, intervenendo sull'articolo 1137 Codice civile e sull'articolo 669-octies Codice procedura civile, il Dlgs 10 ottobre 2022, numero 149, ha inteso sia richiamare integralmente le norme sui procedimenti cautelari nei giudizi di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea di condominio, sia assimilare gli stessi provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari al regime dei provvedimenti cosiddetti anticipatori. L'intervento riformatore è stato spiegato come volto a perseguire uno «scopo deflattivo del contenzioso», così da spingere l'attore, che abbia ottenuto la sospensione dell'esecuzione della deliberazione, ad abbandonare il giudizio di merito.
L'intervento si rivela agevolmente erroneo nei presupposti. Il quarto comma dell'articolo 1137 Codice civile, introdotto dalla legge 11 dicembre 2012, numero 220, aveva già ammesso la proponibilità di un'istanza per ottenere la sospensione della deliberazione prima dell’inizio della causa di merito, ma precisando che tale istanza ante causam non ha effetti impeditivi della decadenza per la proposizione dell'impugnazione, il che rende praticamente inevitabile che ad essa l'interessato accompagni comunque tuttora la notificazione della citazione introduttiva del giudizio ordinario di cognizione. Volendosi rendere soltanto eventuale la proposizione della causa di merito dal condomino che abbia ottenuto l'accoglimento, rivelatosi pienamente satisfattivo, della istanza ante causam di sospensione dell'esecuzione della delibera impugnata, bisognerebbe garantirgli che la stessa istanza interrompa il termine perentorio di trenta giorni di cui all'articolo 1137, secondo comma, Codice civile.
È altrimenti agevole preconizzare che sarà il condominio, destinatario passivo della misura urgente, a proporre una domanda di accertamento dell'intervenuta decadenza del condomino che abbia conseguito la sospensione dell'esecuzione della delibera, per non aver proposto entro i trenta giorni di cui all'articolo 1137, secondo comma, la domanda di merito, domanda che rimane (del tutto incoerentemente col sistema della strumentalità attenuata di cui all’articolo 669-octies, sesto comma) l'unico atto previsto dalla legge avente idoneità ad impedire tale decadenza.
In Diritto e pratica condominiale 30 marzo 2023 può poi leggersi il commento di S. Sicoli, Prevenzione incendi ed obblighi dell'amministratore di condominio, a margine dell'ordinanza della settima sezione penale della Cassazione numero 39218 del 2022. La Suprema corte ha affermato che integra il reato di cui all’articolo 20, comma 1, Dlgs 8 marzo 2006, numero 139 la condotta dell’amministratore di condominio che, dopo essere subentrato a precedente amministratore inerte, ometta di presentare la segnalazione certificata di inizio di attività a fini antincendio, in quanto la norma intende presidiare con la sanzione penale l’obbligo in questione, anche in una fase successiva all’inizio di una delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.
Di grandissimo interesse, infine, i commenti di S. Impellizzeri, Il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari: spunti e criticità dell'ultimo intervento dei giudici nomofilattici, in Diritto e pratica condominiale 28 marzo 2023; e di M. Ginesi, Impugnazione di delibera e sindacato dell'autorità giudiziaria, alcune riflessioni a margine di Cassazione civile sezione II 7615/2023, in Diritto e pratica condominiale 29 marzo 2023. I due articoli portano agli onori della cronaca giurisprudenziale l'ordinanza della Cassazione 7615 del 2023. La pronuncia chiama il giudice dell'impugnazione ex articolo 1137 Codice civile a valutare se la deliberazione dell'assemblea che determina il compenso dell'amministratore abbia effettivamente perseguito l'interesse dei partecipanti o non sia, piuttosto, volta a recare ingiusti vantaggi allo stesso, soppesando la congruità dell'importo in base, ad esempio «ai parametri di mercato in vigore per condomìni di analoghe dimensioni».
Potrebbe allora sostenersi che la delibera di nomina dell'amministratore è invalida non soltanto se non indica l'importo dovuto, ai sensi dell'articolo 1129, comma 14, Codice civile, ma altresì se tale compenso appare sproporzionato rispetto a mercuriali, listini, tariffe o sconti d’uso. Ed ancora, vien facile ipotizzare che l'impugnazione con cui si richieda al giudice se «il prezzo è giusto» possa trovare spazio anche per testare il corrispettivo riconosciuto all'appaltatore della manutenzione del fabbricato, come la retribuzione del portiere o di chi svolge la pulizia delle parti comuni.
Un'immagine meno invasiva del sindacato giudiziale sulle deliberazioni dell'assemblea - le quali, ai sensi dell'articolo 1137, comma 2, Codice civile, non devono essere «contrarie alla legge o al regolamento di condominio» - emergeva, ad esempio, da Cassazione 17 agosto 2017, numero 20135, secondo cui il controllo dell’autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito e della discrezionalità, ed è quindi controllo sulla legittimità, ovvero anche sull’eccesso di potere (allorché la causa della deliberazione risulti falsamente deviata dal suo modo di essere), ma mai verifica dell’opportunità o convenienza della soluzione adottata, quale quella che si richieda sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni (facendosi l'esempio proprio dell’erogazione del compenso all’amministratore).
La tesi che legittima per derivazione dal diritto societario un controllo giudiziale per eccesso di potere assembleare sulle delibere condominiali ottunde le diversità ontologiche fra società e condominio. La teorica dell'abuso della maggioranza e dell'eccesso di potere dell'assemblea trova fondamento nelle dottrine commercialistiche sui principi di buona fede e correttezza, ai quali deve essere improntata l’esecuzione del contratto di società. Per gli studiosi del diritto societario, l’abuso della regola di maggioranza è, quindi, causa di invalidità delle delibere assembleari allorquando la decisione collegiale non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società, essendo il voto dei soci maggioritari ispirato al perseguimento di un interesse personale antitetico a quello sociale, oppure espressione di un’intenzionale attività fraudolenta dei soci stessi finalizzata a provocare la lesione dei diritti di partecipazione spettanti ai soci di minoranza.
La nostra giurisprudenza nega ostinatamente, tuttavia, che sia enucleabile un «interesse condominiale» distinto da quelli individuali spettanti ai singoli partecipanti, la cui materiale sommatoria economica, senza alcuna metamorfosi collettivistica, si traduce nel risultato del voto in assemblea. Tampoco in sede assemblea di condominio vi è un contratto da eseguire secondo buona fede e correttezza. L'assemblea della società di capitali è il luogo di emersione di un interesse collettivo, che si realizza mediante un'attività comune del gruppo volta alla realizzazione di uno scopo-mezzo, costituito dal comune svolgimento dell'attività di impresa, e di uno scopo-fine lucrativo. Ciò nel condominio non c'è.
Ed è per questo che, per le assemblee relative non a società, ma a contitolarità di cose comuni, si afferma solitamente che l'annullabilità in sede giudiziaria di una delibera per ragioni di merito attinenti alla opportunità ed alla convenienza della gestione è configurabile soltanto nel caso di decisione viziata da eccesso di potere che arrechi grave pregiudizio alla cosa comune, ex articolo 1109 Codice civile (tra le tante, Cassazione 5 novembre 1990, numero 10611; Cassazione 14 ottobre 2008, numero 25128).Per eventuali approfondimenti, si veda R. Triola, Il cosiddetto eccesso di potere quale causa di invalidità delle deliberazioni dell'assemblea di condominio, in Immobili e proprietà, 2020, 12, 700 e seguenti; volendo, anche A. Scarpa, Il voto del condomino in conflitto di interessi, in Giustizia civile, 2015, 913 e seguenti.