Incendio della canna fumaria: la responsabilità è di chi ha certificato l'impianto
La canna fumaria è soggetta a certificazione a norma del decreto ministeriale 37/2008
Dell'incendio causato dalla mancanza di un raccordo tra la canna fumaria di un caminetto di un appartamento e il comignolo risponde colui che ha rilasciato la certificazione non rilevando gli interventi degli altri artigiani o delle altre imprese, propedeutici all'installazione. La canna fumaria costituisce infatti un impianto soggetto a certificazione a norma del decreto Ministeriale 37/2008 per il quale costituiscono impianti soggetti a dichiarazione di conformità: quello di riscaldamento; di climatizzazione; di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie; comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense e di ventilazione ed aerazione dei locali. Questo in estrema sintesi il contenuto della sentenza del Tribunale di Milano decima sezione civile 6764/2022 pubblicata il 3 agosto 2022.
Il fatto
Una società del ramo centrali termiche - presente sul mercato da diversi anni e specializzata nell'àmbito della realizzazione e della manutenzione di impianti di riscaldamento, condizionamento e ventilazione meccanica - ha agito con un autonomo giudizio contro gli altri appaltatori, (pur in presenza di altri contenziosi tra le parti), per sentir dichiarare la responsabilità solidale degli altri appaltatori, nella causazione di un “grave” incendio che ha colpito la copertura di un supercondominio.
In particolare la società attrice ha esposto di aver sottoscritto un contratto di appalto con un'impresa costruttrice/venditrice di un complesso edilizio, per la realizzazione di impianti meccanici ed elettrici nelle unità immobiliari. Nel mese di marzo 2015 la società committente ha dato incarico di installare una canna fumaria nell'appartamento di un condomino - in vista della vendita dell'immobile – per consentire l'evacuazione dei fumi di un caminetto. Inizialmente la società attrice ha installato una canna fumaria in acciaio inox di tipo flessibile, sennonchè la canna fumaria non è stata ritenuta adatta da parte del tecnico installatore del caminetto che ne ha suggerito la sua sostituzione proponendo una canna “mono parete” rigida di inox e dei nodi di attraversamento solaio/tetto e un «pacchetto formato da un camino doppia parete con fibra di isolamento ceramica a 96 kg/me e pannello di cemento».
La società ha dunque provveduto alla sostituzione della canna fumaria secondo le indicazioni del tecnico del futuro acquirente, ricevendo la necessaria assistenza da parte di un'altra impresa anch'essa incaricata dalla società costruttrice che ha provveduto alla foratura del primo solaio del tetto e alla posa del comignolo alla sommità della canna fumaria. Il caminetto è stato dunque installato, ma nel dicembre del 2015 – come anticipato - si è sviluppato un grave incendio che ha interessato la copertura dell'edificio del condominio danneggiandolo.
I contenziosi già in essere tra le parti
A sèguito dell'incendio i condòmini hanno depositato separati ricorsi per Atp e cause di danni, chiamando in giudizio il costruttore/venditore e l'impresa appaltatrice. La società venditrice si è costituita in ambedue i giudizi contestando le domande formulate contro di essa e chiedendo di essere garantita dall'appaltatore. Quest’ultimo a sua volta ha chiesto di essere manlevato dalle altre società che hanno partecipato ai lavori per l'installazione della canna fumaria, ma l'istanza di chiamata in causa è stata disattesa). Dal che il giudizio definito dalla sentenza 6764/2022.
Il contenuto della sentenza del Tribunale di Milano
In tale contesto si colloca la sentenza del Tribunale di Milano 6764/2022 finalizzata ad accertare la responsabilità tra l'appaltatore e le altre imprese che hanno partecipato all'installazione del manufatto.Dagli accertamenti tecnici preventivi espletati è risultato che l'incendio è dovuto al fatto che lo sbocco della canna fumaria è stato collocato all'interno dell'intercapedine ventilata del tetto (spazio tra il manto di tegole in cotto e la superficie esterna del pacchetto di coibentazione, ponendo così i fumi di combustione a diretto contatto con il legno delle strutture del materiale di coibentazione). In particolare secondo la perizia espletata giudizialmente la causa dell'incendio è dovuta alla mancanza di soluzione di continuità, (per almeno 10 cm), tra il tratto terminale della canna fumaria e il comignolo, oppure nella mancata installazione del torrino del tratto terminale della canna fumaria che fuoriesce dal manto di copertura fino al comignolo, (quest'ultimo non conforme tra l'altro alla normativa vigente e tale quindi da non poter essere dichiarato conforme).
La causa dell'incendio
Il Tribunale di Milano ha puntualizzato che la causa e la propagazione dell'incendio ha origine in corrispondenza dello sbocco del camino e del caminetto a legna nell'appartamento G 5. La causa è da imputare all'assenza dell'elemento di collegamento tra lo sbocco del suddetto camino e il comignolo in terracotta posato sul manto di tegole ubicati in corrispondenza dell'unità G 6. Le ricognizioni e le misure prese dal Ctu hanno confermato la circostanza che i fumi si scaricavano tutti o in parte nell'intercapedine ventilata tra il pacchetto di coibentazione e di impermeabilizzazione del tetto ed il soprastante manto di tegole. L'azione prolungata del cimento termico dei fumi di combustione ha quindi determinato una degradazione chimica strutturale dei materiali.
L'innesco potrebbe quindi essere avvenuto ad una temperatura relativamente bassa per autocombustione delle fibre legnose degradate oppure per uno o più frammenti di fuliggine staccatesi dalle pareti interne del camino. Altra sorgente d'innesco potrebbero essere state una o più faville ancora incandescenti provenienti dal focolare o frammenti di carta ancora in fiamme o altro.
La questione giuridica
Tralasciate altre questioni processuali e altre questioni riguardanti i rapporti con le assicurazioni (che non interessano la nostra narrazione), dal punto di vista giuridico - a sèguito dell'entrata in vigore del Dm 37/2008 - devono essere considerati soggetti a certificazione tutti gli impianti. I camini e le canne fumarie sono impianti (o parti di impianto), soggetti quindi a dichiarazione di conformità da parte dell'installatore, e ciò in forza dell'articolo 1 comma 2 lettera c) del Dm 37/2008, recante Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11 quaterdecies comma 13 lettera a) della legge 248/2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti degli edifici.
Dal 2008 dunque l'impianto di riscaldamento di qualunque natura inizia dalla presa di areazione o ventilazione dell'aria esterna e termina al sistema di evacuazione dei fumi. Il Dm 37/2008 attribuisce poi alle norme UNI e CEI la valenza di regola dell'arte. In particolare la norma tecnica che si occupa degli impianti di riscaldamento a legna/biomasse e che quindi viene in rilievo nel caso di specie è la UNI 10683 emessa in terza revisione nel 2012. In conclusione per il Tribunale di Milano la responsabilità dell'incendio è di chi ha certificato l'impianto, con esclusione invece di coloro i quali si sono limitati a degli interventi propedeutici all'istallazione della canna fumaria come per esempio la realizzazione dei fori nelle solette interpiano e altro.
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