Gestione Affitti

L’affittuario può recedere dal contratto solo in caso di gravi motivi e con un preavviso di almeno sei mesi

Obbligatorio spiegare nel dettaglio quali avvenimenti hanno spinto il conduttore a interrompere il rapporto e comunicare la decisione con lettera raccomandata

di Selene Pascasi

Qualora ricorrano gravi motivi l'inquilino, a prescindere dalle previsioni contrattuali, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata. Gravi motivi che, per giustificare il recesso anticipato, dovranno consistere in avvenimenti estranei alla sua volontà, imprevedibili, sopravvenuti al rapporto e che ne rendano oggettivamente e oltremodo complicata la prosecuzione. Non saranno sufficienti, perciò, delle semplici valutazioni di convenienza. Lo puntualizza il Tribunale di Cosenza con la sentenza 381/ 2022 .

I fatti di causa

Apre la lite una s.r.l. citando, per inadempimento contrattuale, il legale rappresentante di un'azienda ospedaliera. Nello specifico, la società aveva concesso in locazione all'Unità sanitaria locale alcuni spazi, firmando un contratto che si era tacitamente rinnovato più volte fino all'ultima scadenza. I locali, però, erano stati rilasciati e consegnati anni prima del termine previsto e ciò, a detta del locatore, senza che fossero ravvisabili gravi motivi. Il recesso anticipato, quindi, era illegittimo. Di qui, la richiesta di condannare l'azienda a un ristoro del danno in misura pari ai canoni dovuti fino alla naturale scadenza, oltre interessi e rivalutazione.

L’opposizione dell’Usl

Eccepita la prescrizione del diritto al pagamento dei canoni ultraquinquennali, l’Usl ha respinto fermamente le accuse: aveva comunicato per tempo alla proprietaria l'intenzione di esercitare il diritto di recesso chiarendone le ragioni. La normativa nota come spending review aveva imposto agli enti del sistema sanitario regionale la necessità di contenere la spesa pubblica con la riorganizzazione e l'accorpamento delle strutture aziendali. Ricorrevano, pertanto, gravi motivi. A rafforzare la correttezza del recesso, l'articolo 2 bis del Dl 20/2013, convertito dalla legge 137/2013, per il quale le amministrazioni individuate – tra cui le aziende ospedaliere – potevano comunicare il preavviso di recesso dai contratti di locazione di immobili in corso, alla data di entrata in vigore della legge. In via subordinata, chiedeva la diminuzione dell'ammontare dei canoni visto che la citata normativa sulla spending review prevedeva una riduzione del 15% sugli immobili ad uso istituzionale.

Il verdetto del Tribunale

Il Tribunale, esaminate le carte, ha accolto la tesi della s.r.l. A livello normativo, il giudice ha reputato operante la previsione dell’ultimo comma dell'articolo 27 della legge 392/1978, per cui indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con raccomandata. Nel sostenerlo, poi, ha ricordato che per gravi motivi si intendono degli avvenimenti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti al rapporto, che ne rendano oggettivamente troppo gravosa la prosecuzione (Cassazione, 23639/2019). Fattispecie valida anche in caso di locazioni concluse dalla pubblica amministrazione nelle vesti di privati (Cassazione, 9704/2021).

Tuttavia, nella vicenda, l'azienda sanitaria si era schermata dietro le logiche di razionalizzazione imposte dalla spending review senza spiegare perché tra le varie fonti di risparmio dovesse rinunciare a quella locazione. Il risarcimento, poi, soggiaceva a prescrizione decennale e non quinquennale. Inevitabile, quindi, la decisione del Tribunale di condannarla al ristoro e alle spese di causa.

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