Condominio

L’amministratore ingiuriato è legittimato a chiedere il risarcimento del danno

Nessuna provocazione può giustificare un’offesa gratuita né valere da esimente sul piano dell’illecito civile

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di Rosario Dolce

Dare dell’«emerito idiota» all’amministratore può costare oltre cinquemila euro, la condanna alle spese legali e quella collegata alla resistenza per lite temeraria. Insomma, occorre pensare bene a cosa scrivere, prima di mettere nero su bianco la propria condanna. Così, la Corte d’appello di Milano con la sentenza 7/2023 , ricorrendo ai parametri dell’Osservatorio di Milano in tema di diffamazione a mezzo stampa, ha confermato la liquidazione del danno in disamina in favore di un professionista lombardo.

La vicenda

Il caso da cui prende spunto la controversia nasceva da due lettere inviate da un condòmino al proprio amministratore, la prima spedita a questi personalmente e la seconda trasmessa al legale del professionista. In entrambe, quest’ultimo veniva apostrofato con l’epiteto «emerito idiota», da cui è conseguito il reato di ingiuria e diffamazione.

L’onore e la reputazione

L’onore e la reputazione - la quale si identifica con il senso della dignità personale in conformità all’opinione del gruppo sociale – costituiscono diritti della persona costituzionalmente garantiti (articolo 3 della Costituzione) e la loro lesione legittima sempre la persona offesa a domandare il ristoro del danno non patrimoniale, anche quando il fatto illecito non integri gli estremi di alcun reato (Corte di Sezioni unite, 26972/2008, 26973/2008, 27974/2008 e 26975/2008). Il danno arrecato alla reputazione dell’amministratore deve, allora, essere inteso in senso unitario senza distinguere tra “reputazione personale” e “reputazione professionale”, trovando la tutela di tale diritto il fondamento nell’articolo 2 della Costituzione. E in particolare nel rilievo che attribuisce alla dignità della persona in quanto tale (Cassazione,18174/2014).

La provocazione

Tra l’altro nessuna provocazione – seppure riconducibile alla sede assembleare e alle discussioni sorte tra condòmini e mandatario - potrebbe mai giustificare un’offesa gratuita all’amministratore di condominio, né potrebbe valere da esimente sul piano dell’illecito civile (Cassazione, 2197/2016).

La liquidazione del danno

L’aspetto più importante della pronuncia si coglie, tuttavia, nel processo di liquidazione del danno, per ancorarlo a presupposti oggettivi, pur collegati alla reputazione, personale e professionale, all’autorevolezza, alla notorietà e alla diffusione del mezzo utilizzato (in questo caso, anche una busta inviata a mezzo posta e una lettera al rispettivo legale). Questa valutazione - rimessa a una pronuncia equitativa, ex articolo 1226 del Codice civile - è stata correlata ai parametri dell’Osservatorio di Milano in tema di diffamazione a mezzo stampa. Nel qual caso, ricorrendo al valore medio dello scaglione inferiore previsto dalle tabelle («Diffamazioni di tenue gravità: danno liquidabile nell’importo da euro 1.000,00 a euro 10.000,00»), è così liquidata nell’importo di circa cinquemila euro.

Non solo. Il condòmino diffamatore è stato anche condannato al risarcimento del danno per lite temeraria ex articolo 96 del Codice di procedura civile, alla refusione delle spese di lite del giudizio, oltre che al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali) per l’applicazione del Dpr 115/2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla legge 228/2012, articolo 1, comma 17.

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