L’azione negatoria ha il proprio onere della prova
Che si differenzia dall’azione di rivendicazione
La differenza tra un'azione negatoria e una azione di rivendicazione della proprietà non è alla mercé di tutti. La Cassazione, con ordinanza 5487 del 26 febbraio 2021, annulla con rinvio una sentenza impugnata perché non ha fatto incetta dei principi giurisprudenziali addotti in tema di esatto bilanciamento dell'onere della prova.
I presupposti della vicenda
Nella azione negatoria di cui all'articolo 949 Codice civile, la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controv ersia. Si è affermato (Gambaro, Morello, “Trattato dei diritti reali”, 1001) che l'articolo 949 contiene in realtà l'indicazione di tre rimedi distinti:
- l'accertamento della libertà del fondo e dell'insussistenza dei diritti reali da altri affermati;
- l'inibitoria a proseguire molestie e turbative svolte sulla base del diritto vantato;
- il risarcimento del danno, nonché la riduzione in pristino.
L'azione negatoria va, dunque, definita come azione reale a carattere negativo e presuppone nell'attore la titolarità del diritto dominicale sulla cosa (Cassazione 1122271991).Ciò vuol dire che la parte che agisce in negatoria ha l'onere (articolo 2969 Codice civile) di provare, con ogni mezzo, anche con presunzioni, di possedere un fondo in forza di un valido titolo di acquisto.
L’onere di chi agisce
Sotto altro e diverso aspetto, chi agisce, in tal senso, non è onerato di provare l'inesistenza del diritto vantato dal terzo.Spetta a quest'ultimo, infatti, provare l'esistenza del diritto a lui spettante, vale dire quello di compiere l'attività lamentata come lesiva dall'attore in virtù di un rapporto di natura obbligatorio oppure reale (in punto, tra le tante, Cassazione 18028 del 04 luglio 2019).
La differenza con l’azione di rivendicazione
Il giudice di merito, nella fattispecie, aveva errato perché decidendo una simile controversia si era affidato ad una regola del tutto difforme, secondo la quale colui che agisce in negatoria è gravato dello stesso onere probatorio che fa capo a colui che agisce in rivendicazione.
In conclusione e prendendo in prestito le parole della migliore dottrina, possiamo affermare che «L'azione negatoria va, quindi, distinta da quella di accertamento della proprietà, perché l'oggetto principale del giudizio, instaurato con tale azione, non è la sussistenza del diritto di proprietà dell'attore, bensì la libertà della cosa dai diritti reali vantati dal convenuto, sia stata o meno, la pretesa di tali diritti, tradotta in atti concreti di molestia o di turbativa che attentino al libero ed esclusivo godimento del titolare» (De Tilla Maurizio, Actio negatoria servitutis: i presupposti e i soggetti legittimati, in Immobili & Diritto, 1° novembre 2009 numeri 11-12, pagina 60)
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a cura di Antonio Piccolo - Dottore commercialista e revisore dei conti