I temi di NT+Superbonus

La Corte dei conti boccia il Superbonus «distorsivo»

Uilizzo scarso dell’anagrafe dei rapporti finanziari e degli accertamenti sintetici

Ingigantiti dal Superbonus, hanno prodotto solo nel 2020-21 prime cessioni di crediti e sconti in fattura per 38,4 miliardi di euro

di Gianni Trovati

Lo Stato che si dà obiettivi di crescita economica «sfidanti» e spende miliardi a decine per rilanciare il Pil, secondo la Corte dei conti penalizza «le stesse imprese agevolate da interventi nazionali ed eurounitari» continuando a ritardare i pagamenti delle fatture commerciali, come spiega il Procuratore generale della Corte dei conti Angelo Canale. E mentre si prova una riforma fiscale con prospettive ambiziose di lotta all’evasione tramite integrazione totale delle banche dati e uso dell’intelligenza artificiale nell’analisi del rischio, si pratica «un utilizzo scarso dell’anagrafe dei rapporti finanziari e degli accertamenti sintetici», anche in un 2021 in cui «si è registrata una diminuzione dei controlli» sul campo, aggiunge il presidente di coordinamento delle sezioni riunite di controllo Enrico Flaccadoro.

Ma a rendere urgente un ripensamento del fisco per renderlo «equo, condiviso e orientato alla la crescita», ha avvertito ieri la Corte nel giudizio di parifica sul rendiconto 2021, è anche un altro fattore: l’esigenza di ridisegnare un sistema di incentivi e detrazioni che sono «un elemento di distorsione del prelievo». Il tutto mentre guerra e inflazione cooperano per «mettere potenzialmente a rischio qualsiasi piano di programmazione» e impongono di correre nel «creare le condizioni strutturali per la realizzazione del Pnrr», come chiosa il presidente della Corte Guido Carlino.

Il bilancio dello Stato ieri ha ottenuto la consueta parifica dai magistrati dei conti. Ma per la Corte l’esame del rendiconto 2021 è l’occasione per mettere in fila le «contraddizioni» che continuano a caratterizzare la gestione della finanza pubblica. Non sono poche.

Il capitolo fiscale ne ospita parecchie. La più palese è quella degli sconti, che mentre la finanza pubblica prova a concentrarsi nell’aiuto delle famiglie più povere e delle imprese più in difficoltà, in molti casi offrono «benefici non giustificati a gruppi specifici di soggetti», determinano «effetti distributibi non sempre auspicabili» e fanno tutto questo comportando «perdite di gettito rilevanti». L’accusa, generica solo alla prima occhiata, punta dritto invece «al complesso sistema dei bonus edilizi» che hanno prodotto solo nel 2020-21 prime cessioni di crediti e sconti in fattura per 38,4 miliardi di euro. Numeri ovviamente ingigantiti dal Superbonus, su cui torna a salire l’agitazione nelle banche sulle verifiche nella cessione dei crediti, come mostra una circolare Abi che sottolinea i rischi di responsabilità in solido dei cessionari alla luce delle istruzioni di giovedì delle Entrate.

In parallelo risuona un nuovo allarme sulla lotta all’evasione. Perché la flessione dei controlli nell’analisi della Corte si è dilungata ben oltre il periodo più buio della pandemia, e anche la fatturazione elettronica, che pure insieme a Reverse Charge e Split Payment è il motore principale nell’aumento dell’adesione spontanea agli obblighi Iva, ha avuto risultati «inferiori alle attese». Ma non c’è solo il fisco.

La Corte mette anche in fila gli elementi di una paradossale azione contemporanea di acceleratore e freno sulla crescita economica. Dopo il rimbalzo dell’anno scorso, superiore alle previsioni ufficiali e non, anche per quest’anno il governo ha fissato nel Def un obiettivo di aumento del Pil che resta «sfidante» nonostante la correzione al ribasso; anzi l’obiettivo è «ottimistico alla luce delle valutazioni più recenti degli organismi internazionali e degli analisti privati» secondo Enrico Flaccadoro, perché «lo shock in atto porta a prefigurare conseguenze più sostenute sul piano dell’economia reale e dei bilanci di famiglie e imprese» rispetto a quelle che promette di determinare sui conti pubblici.

Per rincorrere questo tasso di crescita la spesa pubblica, nazionale ed europea, è a livelli inediti. Ma negli stessi mesi in cui si sono stati scritti a raffica decreti anti-crisi e si è accesa la macchina del Pnrr, gli indicatori dei tempi di pagamento della Pa nei confronti delle imprese fornitrici registrano numeri scoraggianti.

Il quadro in realtà è tutt’altro che omogeneo. Ma, questo è il punto, non mostra miglioramenti percepibili, con le situazioni più critiche che restano tali e qualche volta peggiorano.

Fra i ministeri primeggia in negativo il Viminale, che nel 2021 registra un ritardo medio di 67,1 giorni nei pagamenti, contro i 62,3 del 2020, ed è inseguito in questa corsa al ribasso dalle Politiche agricole (42,3 giorni di troppo contro i 17,5 dell’anno prima). Mentre la situazione rimane critica anche in sanità e negli enti territoriali, che moltiplicano le platee di aziende in attesa alla cassa.