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Le Guide - Quando l’impresa abbandona il cantiere condominiale

Nel contratto in genere è prevista una clausola risolutiva espressa a cui far riferimento in caso non si provveda ad eseguire parte dei lavori entro un termine essenziale

di Davide Longhi

Il presente contributo prende spunto da talune vicende che coinvolgono l'attuale mercato dell'edilizia dei bonus fiscali che ha visto modificare per ben 17 volte ad oggi la principale normativa di riferimento del super bonus 110% e correlati con forti ripercussioni sulle attività lavorative e sull'esecuzione dei contratti di appalto stipulati in ambito condominiale. Questa situazione può portare a dei ritardi dovuti: al materiale non fornito nei termini, al professionista che ritarda e/o non esegue la sua prestazione, all'impresa subappaltatrice che rinuncia e/o non si presenta in cantiere.

Oggi, risulta tutto fortemente influenzato anche dalla presenza di precise scadenze tecniche (salvo eventuali ulteriori proroghe) per la fruizione e godimento dei bonus fiscali, con la conseguenza che il mancato rispetto di un cronoprogramma porta alla perdita del beneficio fiscale con un danno economico in capo ai condòmini/contribuenti. La differenza con il passato è evidente: prima del bonus 110% ci si poteva permettere anche di aspettare ed il ritardo poteva essere compensato con delle penali per il ritardo, mentre oggi l'attesa porta alla perdita del beneficio fiscale.

L’ipotesi di abbandono del cantiere

Una delle cause più ricorrente e frequenti è quella in cui lo stesso appaltatore dopo aver dato avvio al cantiere (installazione dello stesso) ritarda l'esecuzione o ancor più grave abbandona lo stesso cantiere. Per poter far fronte a questa grave situazione, se non vengono fornite adeguate ed idonee garanzie finanziarie dall'appaltatore – di difficile realizzazione - il committente può inserire delle clausole a propria tutela all'interno del contratto di appalto. Le clausole che vengono successivamente indicate sono un semplice spunto/suggerimento per una più ampia riflessione al caso concreto e con la precisazione che ogni clausola contrattuale deve fare riferimento alla precisa situazione di fatto presente nel condominio ed agli effettivi accordi intercorsi tra le parti contraenti.

La clausola risolutiva espressa

La clausola risolutiva espressa ai sensi dell'articolo 1456 Codice civile prevede che al verificarsi di uno o più fatti/circostanze/inadempimenti dell'appaltatore così previsti in contratto, il committente potrà decidere di attivare tale clausola inviando alla controparte la sua dichiarazione di volersene valere, a mezzo lettera A/R o a mezzo PEC, nelle modalità pattuite, con la conseguenza che il contratto si intenderà risolto di diritto. Ciò senza che risulti necessaria la pronuncia della risoluzione da parte di un giudice e senza dover attendere le tempistiche della diffida e messa in mora. In questa ipotesi la pattuizione preventiva intercorsa tra le parti si sostituisce al controllo del giudice in ordine alla gravità dell'inadempimento disciplinato per volontà dei contraenti nel contratto.

Esempio di clausola:

Si conviene espressamente, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1456 del Codice civile, che l'inadempimento dell'appaltatore relativo ai seguenti fatti: (elencazione precisa e puntuale) comporterà la risoluzione di diritto del presente contratto, senza che occorra a tal fine alcun atto di costituzione in mora. Nota: la clausola non deve essere redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto o fattispecie simili perché in questo senso la clausola può essere considerata nulla per indeterminatezza dell'oggetto (Cassazione 4796/2016 - 12285/2014), oppure secondo altro indirizzo (Cassazione 11055/2002) la genericità non porta alla risoluzione del contratto cosicché l'inadempimento deve essere valutato in relazione all'economia del contratto.

A tal fine, la parte che intende avvalersi di detta clausola dovrà comunicare alla controparte — entro un mese dalla scadenza del suddetto termine e con lettera raccomandata con avviso di ricevimento — l'intenzione di avvalersi della clausola, e l'effetto risolutivo si produrrà in conseguenza della ricezione di tale comunicazione. Fino a tale momento, l'appaltatore potrà legittimamente adempiere o comunque purgare la mora. Ricorrendo le circostanze sopra specificate, il contratto si intenderà risolto di diritto, a prescindere da ogni valutazione — già preventivamente effettuata dalle parti con il presente atto — in ordine alla gravità e importanza dell'inadempimento, che potrà anche non essere imputabile a dolo o colpa della parte.

Le pronunce di legittimità sul tema

Nota: la giurisprudenza Cassazione 2174072016 in relazione al ruolo della buona fede in tema di clausola risolutiva espressa afferma che l'operatività della clausola non richiede altro che la costatazione dell'inadempimento così come dedotto nella clausola medesima essendo state le stesse parti contraenti a collegare la risoluzione a quel determinato inadempimento. Di diverso avviso Cassazione 23868/2015 che afferma che il comportamento delle parti contraenti va valutato anche in presenza di una clausola risolutiva espressa secondo il principio generale della buona fede.Rimangono ferme le conseguenze della responsabilità per inadempimento imputabile al debitore, e quindi il risarcimento del danno, ai sensi di legge.

Una volta verificatasi la risoluzione di diritto, il venditore non potrà più rinunciarvi unilateralmente. Nota: secondo la giurisprudenza (Cassazione 16993/2007) costituisce rinuncia all'effetto risolutivo il comportamento della parte che, dopo essersi avvalso della clausola risolutiva, manifesta in modo inequivoco l'interesse alla tardiva esecuzione del contratto.In merito alla vessatorietà della clausola risolutiva espressa la giurisprudenza maggioritaria e prevalente (da ultimo Cassazione 23065/2016) la clausola non ha carattere vessatorio perché la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto è insita nel contratto stesso e tale clausola non fa che rafforzare detta facoltà ed accelerare la risoluzione.

Il termine essenziale

Il committente potrà tutelarsi indicando nel contratto di appalto quali prestazioni/atti/fatti dovranno intendersi da effettuare entro un termine ben definito nel tempo e ritenuto dalle parti espressamente essenziale ai sensi dell'articolo 1457 Codice civile. In mancanza della prestazione entro il termine fissato (ad esempio esecuzione del 30% dei lavori entro il 30 giugno 2022), il contratto si intenderà risolto di diritto e anche in tale caso non sarà necessaria la risoluzione per via giudiziale, risparmiando così mesi preziosi ed evitando l'alea del giudizio, con i rischi che ne derivano.

Esempio di clausola:

L'obbligazione dell'appaltatore dovrà essere adempiuta entro e non oltre il … qualificandosi tale data come termine essenziale nell'interesse del committente ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1457 Codice civile. Le parti convengono che:
— il committente che voglia evitare la risoluzione di diritto del contratto, e quindi esigere l'adempimento da parte dell'appaltatore nonostante la scadenza del termine, ha l'onere di darne comunicazione all'appaltatore con lettera A/R o PEC entro X giorni decorrenti dalla scadenza stessa;
— in tale lasso di tempo di X giorni, l'appaltatore non potrà adempiere all'obbligazione;
— in difetto di tale comunicazione, decorso inutilmente il termine essenziale e l'ulteriore termine di quindici giorni come sopra pattuito, il contratto si intenderà risolto di diritto, senza necessità della dichiarazione di cui all'articolo 1456 Codice civile, ed a prescindere da ogni valutazione — già preventivamente effettuata dalle parti con il presente atto — in ordine alla gravità e importanza dell'inadempimento, che potrà anche non essere imputabile all'appaltatore;
— rimangono ferme le conseguenze della responsabilità per inadempimento imputabile al debitore, e quindi il risarcimento del danno, ai sensi di legge.

Nota: secondo la giurisprudenza (Cassazione 21853/2010) il carattere essenziale del termine non può desumersi dalla mera locuzione di stile “entro e non oltre” perché in tale indicazione vale di per sé soltanto a fissare una data e non è significativa della improrogabilità di detto termine.

Secondo la giurisprudenza (Cassazione 16880/2013), che conferma il proprio consolidato orientamento, quando il termine essenziale per l'adempimento del contratto, è posto nell'interesse di uno o entrambi i contraenti, non preclude alla parte interessata di rinunziare ad avvalersene qualora l'interesse all'adempimento non sia venuto meno, indipendentemente dall'avvenuta scadenza del termine al momento della rinuncia. Pertanto, la ratio sottesa alla facoltà riconosciuta alle parti di prevedere un termine essenziale spiega le ragioni che spingono la giurisprudenza a ritenere che il contraente, nell'interesse esclusivo del quale il termine sia apposto, possa rinunciarvi.

La diffida ad adempiere

Laddove non fosse previsto in contratto il suddetto termine “essenziale” o non fosse stata inserita una “clausola risolutiva espressa” resta al committente la tutela generale prevista dall'articolo 1454 Codice civile (diffida ad adempiere) per la quale potrà intimare per iscritto all'appaltatore di adempiere alle sue obbligazioni entro un dato termine preavvisandolo che, in caso contrario, il contratto si intenderà risolto. Laddove l'adempimento non intervenga entro tale termine, che non potrà comunque essere inferiore a quindici giorni salvo casi particolari, il contratto si intenderà anche in questo caso “risolto di diritto”.

Esempio di clausola:

… tutto ciò premesso, con la presente Vi invito e diffido formalmente ad adempiere in relazione alla prestazione … ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1454 Codice civile, entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della presente, con avvertenza che, decorso inutilmente detto termine, il contratto si intenderà automaticamente risolto di diritto. Nota: in tema di diffida ad adempiere l'unico onere che grava sulla parte intimante è quello di fissare un termine entro cui l'altra dovrà adempiere alla propria prestazione pena la risoluzione del ex lege del contratto.