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LE GUIDE: Nuova vita al distacco del riscaldamento

Massima attenzione va data alla verifica dell’eventuale aggravio di spesa sugli altri condòmini

di Davide Longhi e Paolo Colombo

La crisi energetica ha ridato vigore alle richieste di distacco da parte dei singoli condòmini. Pertanto, ritorna utile indicare gli aspetti tecnico giuridici relativi al distacco. Il presente contributo è suddiviso in due parti: la prima tratterà gli aspetti giuridici e le modalità operative da adottare, mentre la seconda affronterà il tema del distacco sotto il profilo tecnico.

Aspetti giuridici e modalità operative

Dato normativo: articolo 1118 comma 4 Codice civile. «Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma».Il quarto comma dell'articolo 1118 ha tentato di rendere diritto positivo le evoluzioni giurisprudenziali che negli anni si erano formate e consolidate in materia di distacco non considerando adeguatamente le evoluzioni legislative e giurisprudenziali più recenti in materia di contenimento del consumo energetico ed inquinamento dell'aria, assolutamente a favore del mantenimento dell'impianto centralizzato.

Il nostro ordinamento giuridico sino all'introduzione del quarto comma dell'articolo 1118 non ha mai disciplinato il distacco e sul punto ha poi provveduto la giurisprudenza regolamentando la materia. Anzi nella sua formulazione originaria la legge 10/91 (articolo 26 comma 2) aveva attribuito la possibilità di trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria, e al fine di incentivare tale operazione è stata prevista una maggioranza agevolata. Precisiamo che il distacco disciplinato dall'articolo 1118 Codice civile è il distacco a contribuzione “zero” per le spese di consumo (cosiddetta quota volontaria). Ovvero il distacco che tutti i condòmini invocano per esimersi totalmente dai costi di combustibile e di gestione ordinaria.

Le tipologie di distacco

Oggi possiamo vantare tre ipotesi di distacco:
a)distacco unilaterale: quando l'interessato abbia dimostrato che dal distacco non siano derivati né aggravi di spese per i residui fruitori dell'impianto, né squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio che è rappresentata dall'articolo 1118 comma 4 Codice civile;
b)distacco “concordato - convenzionato” con l'assemblea, ovvero un distacco autorizzato dal condominio pur in difetto dei richiamati requisiti dell'articolo 1118, per il quale il distaccante si dichiara disponibile a concorrere in una quota percentuale anche alle spese di gestione/combustibile. I classici casi di distacchi pre-riforma del condomino e consacrati dalla giurisprudenza (su tutte Cassazione 16365/07 e Cassazione 15079/06) con i quali veniva accollata al distaccante, all'esito di una consulenza tecnica ed a volte erroneamente anche senza consulenza, una quota anche per i consumi corrispondente all'aggravio di spese per gli altri condòmini conseguente al distacco);
c)distacco riconosciuto e disciplinato dal regolamento di condominio.

Cosa deve fare l'amministratore quando riceve la comunicazione di distacco?

Preliminarmente, l'amministratore informa il condomino della normativa pubblicistica che risulta essere in contrasto con l'articolo 1118 comma 4 Codice civile.
•l'articolo 26 punto 2 della legge 10/91 prevedeva originariamente il riferimento all'articolo 8 della medesima legge, consentendo l'approvazione, con maggioranze ridotte, del progetto di trasformazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria. Tale riferimento è stato eliminato dall'articolo 7 del Dlgs 29 novembre 2006 numero 311 (modificato dall'articolo 27 comma 22 della legge 23 luglio 2009, numero 99).
•la trasformazione dell'impianto centralizzato in impianti autonomi è espressamente esclusa, ai fini dei benefici fiscali, dagli interventi di riqualificazione energetica (articolo 9 del decreto interministeriale 19 febbraio 2007).
•l'articolo 4, comma 9, del Dpr 2 aprile 2009, numero 59, stabilisce che la trasformazione in impianti con generazione di calore separata per singole unità abitative, in tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4 e, comunque, nel caso in cui sia presente un impianto di riscaldamento centralizzato di potenza di almeno 100 kW, è ammessa solo in presenza di cause tecniche o di forza maggiore, da evidenziarsi nella relazione tecnica attestante la rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo energetico che deve essere depositata in Comune ai sensi dell'articolo 28 della legge 10/91.
•in caso di distacco individuale dall'impianto centralizzato, l'articolo 3, comma 2, lettera 2 del Dlgs 192/2005 prescrive l'obbligo di verifica del rendimento globale medio stagionale del nuovo impianto termico, che deve essere superiore a un determinato valore limite (semplificando, l'intero impianto deve essere ad alta efficienza energetica);
•dell'obbligo ex legge 90/2013 di conversione del Dl 63/2013 per i nuovi impianti autonomi di canna fumaria di arrivare sul colmo del tetto.

La convocazione dell’assemblea

Ricevuta la notizia della comunicazione di distacco da parte del singolo condomino l'amministratore deve procedere a convocare l'assemblea di condominio ex articolo 1122 Codice civile che sarà destinataria di tutte le informazioni relative al distacco. Se la richiesta di distacco non è accompagnata da una relazione tecnica che provi i requisiti richiesti dall'articolo 1118 comma 4 Codice civile l'amministratore deve richiede al condomino la perizia redatta da un tecnico abilitato. L'onere probatorio incombe infatti sul distaccante secondo il principio generale di cui all' articolo 2697 Codice civile. Detto onere probatorio viene meno solo nell'ipotesi sopra citata di distacco «concordato - convenzionato». (Tribunale Busto Arsizio sezione III, 05 gennaio 2022, numero 8).

Parte della dottrina sostiene che il distaccante dovrà inoltre accollarsi la spesa per la diagnosi energetica, però la maggioranza della dottrina ritiene che la diagnosi energetica non rappresenti un ulteriore requisito per poter procedere al distacco (in Regione Lombardia la stessa è richiesta).

Se il richiedente/distaccante non fornisce la perizia richiesta

In questo caso l'amministratore ex articolo 1122 Codice civile ha facoltà di chiedere al richiedente la perizia redatta da un tecnico abilitato che attesti l'assenza di notevoli squilibri di funzionamento o l'assenza di aggravi di spesa per gli altri condòmini, e quindi che venga provata la legittimità del distacco richiesto. L'articolo 1122 Codice civile così recita: «Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro dell'edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea».

Lo scopo del legislatore è quello di rendere edotti i condòmini di attività che vadano ad incidere sulle parti comuni; quindi, con l'espressione “in ogni caso” viene ricompresa ogni attività, quindi anche il distacco, che potrebbe arrecare notevoli squilibri di funzionamento all'impianto centralizzato o aggravi di spesa per gli altri condòmini.Si ritiene che l'assemblea possa vietare il distacco motivando espressamente a verbale il divieto perché non è stata data prova dei presupposti tecnici che legittimano l'esercizio del diritto al distacco), fatto salva l'autorizzazione in caso di distacco «concordato e/o convenzionato». Risulta importante motivare l'opposizione al distacco in quanto, la delibera che, in presenze delle condizioni di legge, vieta il distacco per la Cassazione è nulla (Cassazione 5331/12; Cassazione 6481/11; Cassazione 7518/06), nel mentre è possibile che sia, a contrario, ritenuta valida la delibera che vieta il distacco in assenza della prova delle condizioni previste da legge come sopra indicato.

Se il richiedente/distaccante fornisce la perizia

Si ritiene che l'amministratore che riceve dal condomino la comunicazione di distacco anche se accompagnata dalla perizia, debba comunque dare informativa al condominio convocando apposita assemblea di condomino. Nella convocazione l'amministratore non dovrà porre la questione come comunicazione di distacco e non dovrà indicare autorizzazione al distacco ex articolo 1118 Codice civile, essendo l'assemblea chiamata non già ad autorizzare il distacco, cioè a concedere e/o costituire un diritto, ma a valutare se ne sussistono i presupposti tecnici per l'esercizio del richiamato diritto ex articolo 1118 Codice civile. Infatti, il diritto al distacco è una prerogativa un diritto del singolo condomino.

A tal fine si possono verificare queste ipotesi:
ipotesi a): considerando adeguata la perizia (ricorrendo i presupposti dell'articolo 118 comma 4 Codice civile) perché dalla stessa si desume chiaramente che sono rispettate le condizioni prescritte dalla legge, con la conseguenza della legittimità del distacco e quindi l'assemblea ne prende atto;
ipotesi b): la perizia del distaccante non è completa ed esaustiva: b.1) l'assemblea chiede al distaccante di procedere ad una integrazione della perizia in caso di integrazione si può verificare il caso sopra “ipotesi a)” oppure b.2) la perizia del distaccante non fornisce la prova dei requisiti di legge e/o non viene integrata: l'assemblea può decidere, a proprie spese, di incaricare un tecnico per la redazione di una contro-perizia che sarà poi utilizzata come prova documentale in ipotesi di eventuale contenzioso con il condomino distaccato. L'assemblea potrebbe anche decidere di chiedere una controperizia (sempre a spese del condominio) per l'ipotesi in cui i risultati della perizia presentata dal condomino interessato non risultino condivisibili.

Si segnala che le norme vigenti in tema di ripartizione della spesa di riscaldamento che si basano sul principio dell'effettivo consumo (esclusi i coefficienti correttivi) legge 10/91 – Dlgs 102/2014 – Dlgs 141/2016 - Dlgs 73/2020 portano a ritenere presuntivamente che esistono dispersioni dell'impianto (consumi involontari) con il conseguente aggravio di spese che ricadono sui condòmini a seguito del distacco, ma sul punto è la perizia tecnica che deve sgombrare il dubbio. Se la perizia del condominio attesta che il distacco non rispetta le condizioni dell'articolo 1118 comma 4 Codice civile l'assemblea potrà vietare il distacco con motivazione espressa a verbale (difetto dei presupposti di legge del diritto al distacco). Se il condomino, cui l'assemblea ha vietato il distacco in assenza della prova delle condizioni richieste dall'articolo 1118 comma 4 Codice civile , si distacca comunque il condominio diffida il condomino a ripristinare la situazione anteriore (riallaccio) e sarà legittimato ad agire in giudizio per far accertare la illegittimità dell'avvenuto distacco.

I requisiti per un legittimo distacco

La norma indica quali sono le condizioni affinché tale diritto possa essere esercitato:
a) l’assenza di notevoli squilibri di funzionamento, o
b) l’assenza di aggravi di spesa per gli altri condòmini.
I due requisiti devono intendersi cumulativi, non alternativi, nel senso che in presenza anche di una sola delle due situazioni sopra indicate, il distacco non può avere luogo.Per quanto attiene allo “squilibrio” si osservi che l’obiettivo dell’impianto di riscaldamento è quello di raggiungere una temperatura di esercizio sufficientemente omogenea e tale da garantire condizioni di comfort. Il Dpr 74/2013, indica tale temperatura in 20 gradi con una tolleranza in eccesso di 2 gradi. La situazione di equilibrio va non solo raggiunta ma soprattutto mantenuta nel corso di ogni stagione termica con le varie differenze di temperature esterne e diversi assorbimenti delle singole unità abitative.

Il già menzionato punto di equilibrio è difficile da raggiungere e mantenere in assenza di dispositivi di termoregolazione e contabilizzazione del calore. Il distacco ad opera di uno o più condòmini potrebbe alterare questo delicato equilibrio raggiunto e non è per nulla scontato che possa essere ricostituito. Occorre pertanto valutare caso per caso a seconda dei singoli impianti. Oltre a quanto sopra, in tema di “squilibrio” si ritiene sia ancora valido il principio affermato in alcune sentenze della Cassazione secondo la quale nello squilibrio non può essere compreso quello termico: «quale squilibrio termico non deve essere intesa la possibile differente temperatura nell’appartamento distaccato in quanto, in ogni caso, anche senza distaccarsi il proprietario potrebbe sempre semplicemente chiudere i propri radiatori. Se così non fosse, quel distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato ammesso in linea di principio sarebbe sempre da escludere in concreto, in quanto nell’ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno un’altra unità immobiliare, per cui il distacco dall’impianto centralizzato da parte di uno dei condòmini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico che, invece, deve essere considerato irrilevante».

L’aggravio di spesa quando si verifica

L’aggettivo “notevole” lascia però indeterminato il limite della condizione. Se lo squilibrio può non essere “notevole” con un distacco o due, potrebbe esserlo al terzo o al quarto (dipende dal numero delle unità servite), posto che l’impianto è stato dimensionato e progettato per servire un determinato numero di unità immobiliari. Mentre per “aggravio di spesa” la giurisprudenza aveva previsto in passato (ante riforma) che il distaccante era tenuto a partecipare alle spese di gestione dell’impianto se e nei limiti in cui il suo distacco non si fosse risolto in una diminuzione degli oneri del servizio (Cassazione 5331/2012). In questo senso la Cassazione aveva statuito che «in caso di distacco dal riscaldamento centralizzato, costituisce aggravio di spesa per gli altri condòmini il fatto che sia rimasta invariata la quantità di combustibile utilizzata dall’impianto condominiale in quanto, non essendovi un risparmio di consumo energetico, dovevano ripartire tra loro il medesimo esborso in precedenza condiviso pro quota anche dal condomino che si è distaccato, subendo così singolarmente un aggravio di spese per la fornitura del combustibile (Cassazione 25354/2011).

Consiglio operativo per l'amministratore

Il condomino, prima di procedere al distacco, deve informare l'amministratore il quale deve attivarsi richiedendo la prova della sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 1118 comma 4 Codice civile. L'onere della prova è a carico del condomino che si vuole distaccare, il quale dovrà produrre all'amministratore una perizia che dimostri l'esistenza dei presupposti di diritto.L'amministratore è tenuto a dare informativa all'assemblea di condominio e porre questa in condizione di assumere le opportune decisioni in merito alla richiesta di distacco.L'assemblea valuterà se la perizia sia esaustiva, in caso contrario potrà chiedere una controperizia a spese del condominio. In caso di contrasto tra la perizia del condomino che vuole distaccarsi e quella del condominio, oppure in caso di mancata produzione di essa da parte del distaccante, l'assemblea può vietare il distacco.

Infatti, se per la Cassazione è nulla la delibera che vieta il distacco in presenza delle condizioni di legge (Cassazione 5331/12) si deve ritenere valida la delibera che vieta il distacco in assenza delle condizioni previste.

La perizia e l'intervento di distacco

Deve essere redatta da un tecnico abilitato, secondo quanto prescritto dal Dm 37/2008 (Dpr 74/2013). Il tecnico deve essere iscritto agli albi professionali ed essere in possesso delle specifiche competenze tecniche specifiche. La perizia deve sicuramente indicare:
a) stato dei consumi della caldaia;
b) proiezione del consumo ipotizzato, in caso di distacco;
c) previsione che attesti come, in virtù delle caratteristiche tecniche dell'impianto, il distacco non creerà notevoli squilibri all'impianto centrale.

Mentre l'intervento di distacco dovrà essere eseguito solo dal terzo responsabile (Dpr 74/2013) perché il tecnico privato del condomino o altro tecnico anche di nomina condominiale non potrà intervenire sull'impianto condominiale. Si segnala che si dovrà anche procedere all'aggiornamento della pratica Inail il cui costo sarà a carico del distaccante.

Quali sono in concreto le spese dalle quali è esonerato il distaccante

Successivamente, si ritiene che il distaccato sia tenuto al pagamento, oltre alle spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma, dei prelievi involontari o comunque di quegli importi che consentano agli altri condòmini di essere esenti da aggravi di spesa, per quest'ultimi si dovrà far riferimento una relazione tecnica che gli avrà individuati; questi sono tutti i costi che il rinunciante rimane tenuto a corrispondere in quanto comproprietario dell'impianto medesimo.

Le spese di esercizio (ordinarie) non sono imputabili al distaccante.In questo contesto apparentemente sfavorevole al distaccante, al quale vengono imposti i consumi involontari, si inserisce la legge 10/1991 (legge sul risparmio energetico), il Dlgs 102/2014, il Dlgs 141/16 e il Dlgs 73/2020. Secondo la giurisprudenza (Cassazione 19651/17; Cassazione 6128/17 e Cassazione 22573/16), tali leggi, non derogabili, ritengono che il riparto degli oneri di riscaldamento, nel caso di prelievi volontari, negli edifici condominiali in cui siano stati adottati sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni singola unità immobiliare, va fatto in base al consumo effettivamente registrato. In poche parole, i criteri convenzionali previsti nel regolamento o, in mancanza, quelli legali (articolo 1123, Codice civile), risultano applicabili soltanto ove manchi un sistema di misurazione del calore effettivamente erogato per unità immobiliare, e presuppongono, quindi, per poter operare, l’impossibilità di misurare il consumo effettivo del servizio erogato a ciascuna unità immobiliare.

Una recente sentenza (Cassazione 29838/2022) ha statuito che il condomino che si distacca dal riscaldamento centralizzato è tenuto a pagare i consumi involontari anche se ha tagliato tutte le tubazioni dell’impianto comune .In materia di condominio, poiché il concetto di consumo involontario - la cui entità è determinabile in base ai parametri di cui alla normativa UNI 10200:2015 ex Dlgs 102 del 2014 - prescinde dal grado di separatezza materiale dell’immobile rispetto alla residua ubicazione dell’impianto centralizzato, anche il condomino che si sia distaccato dall’impianto è tenuto al pagamento delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria attinenti alla conservazione dell’impianto, nonché delle spese per il combustibile.

Il divieto di distacco contenuto nel regolamento di condomino contrattuale

Tesi 1: ante riforma un orientamento iniziale aveva affermato che il regolamento condominiale contrattuale può prevedere il divieto dal distacco, non essendo la relativa clausola in contrasto con la disciplina dell’uso della cosa comune (Cassazione 6923/2001);
Tesi 2: il divieto del distacco contenuto in un regolamento contrattuale, trattandosi di contratto atipico meritevole di tutela, ex articolo 1322, comma 2 Codice civile, solo in presenza di un interesse generale dell’ordinamento, non supera il vaglio previsto da tale norma, in quanto sarebbe espressione di prevaricazione egoistica anche da parte di un’esigua minoranza e di lesione dei principi costituzionali di solidarietà sociale (Cassazione 19893/2011).
Tesi 3, attuale e preferibile: il principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione 9387/2020; Cassazione 28051/2018 richiamata da Cassazione 8553/2022 - Cassazione 24976/2022), che, nel dichiarare sussistente la violazione dell’articolo 1118 Codice civile, aveva già precisato che «rimane invece nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti in radice al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, seppure il suo distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento né aggravio di spesa per gli altri partecipanti».

Difatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dagli articoli 1118, comma 4, Codice civile, 26, comma 5, I. numero 10 del 1991 e 9, comma 5, Dlgs 102 del 2014 (come modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera i, punto i), diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l’uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o «non meritevole di tutela». Pertanto, la clausola che prevede un divieto di distacco dall’impianto comune così come una delibera condominiale è da ritenersi illegittimità (nulla) (Cassazione 11970/2017 Tribunale Padova, 17 gennaio 2017; Tribunale Roma, 22 settembre 2015; Tribunale Torino, 20 gennaio 2014).

Il regolamento contrattuale, pur ammettendo il distacco, impone l'obbligo di pagare tutte le spese inerenti al servizio di riscaldamento comprese quelle ordinarie? Su questo problema si è espressa una recente sentenza della Suprema corte (Cassazione 8553/2022), la quale ha affrontato il problema del distacco dall’impianto di riscaldamento e regolamento contrattuale. Secondo la Corte, per le ragioni sopra esposte nel capitolo che precede, non potendo il regolamento contrattuale vietare il distacco del singolo condomino dall’impianto centralizzato di riscaldamento, non può imporre al proprietario distaccatosi di contribuire a pagare spese diverse da quelle stabilite dall’articolo 1118 Codice civile, e cioè quelle legate alla manutenzione straordinaria dell’impianto e quelle per la sua conservazione e messa a norma.In conclusione, in questo contesto, non può sfuggire all’attenzione dell’interprete che il legislatore italiano,nell’introdurre l'articolo 1118 comma 4 Codice civile, autorizzando di fatto l’installazione nell’edificio di un ulteriore impianto di riscaldamento in aggiunta a quello centralizzato e con il prevedere la contabilizzazione del calore, ha mostrato di voler consentire al singolo condomino di gestire autonomamente la spesa per il riscaldamento, senza porre attenzione alla questione dei consumi energetici ed all’emissione in atmosfera dei prodotti della combustione.

La delibera che abolisce l’impianto centralizzato

Sul punto occorre fare una riflessione sulla sentenza della Corte (Cassazione 24976/2022) che indica che in tema di condominio negli edifici, la delibera assembleare che disponga l’eliminazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato per far luogo ad impianti autonomi nei singoli appartamenti, in tanto può essere adottata a maggioranza, e quindi in deroga agli articoli 1120 e 1136 Codice civile, in quanto sia previsto che avvenga nel rispetto delle previsioni legislative di cui alla legge 10/1991, ossia a garanzia sull’an e sul quomodo della riduzione del consumo specifico di energia, del miglioramento dell’efficienza energetica, dell’utilizzo di fonti di energia rinnovabili pur non dovendo curarne previamente l’esecuzione.

In caso di inosservanza delle predette prescrizioni, alla declaratoria di nullità della delibera consegue la piena legittimità della pretesa del condomino al ripristino dell’impianto di riscaldamento centralizzato illecitamente dismesso dall’assemblea condominiale. È evidente che la deliberazione assembleare del distacco generalizzato dall'impianto centralizzato e la facoltà del singolo condomino di distaccarsi operano su piani diversi: nel primo caso è dismesso l'intero impianto, nel secondo l'impianto resta in funzione, ma singoli condòmini decidono di non avvalersene (Cassazione 28051/2018 – Cassazione 11970/2017 - Cassazione 19893/2011).

Aspetti tecnici del distacco

Le condizioni tecniche da rispettare per poter proporre un distacco, sono le seguenti:
- dal distacco non derivino “notevoli” squilibri di funzionamento
- dal distacco non derivino aggravi di spesa per gli altri condòmini.Poiché come già detto l'onere probatorio del rispetto di tali condizioni incombono sul distaccante,l'apposita relazione / perizia tecnica deve dimostrare il rispetto di tali requisiti.

Verifica notevoli squilibri conseguenti al distacco

L'approccio tecnico nella valutazione degli “squilibri” di impianto dovrebbe prendere in considerazione sia i problemi impiantistici sia quelli energetici da verificarsi e computarsi come eventuali aggravi di spesa. In Italia la maggioranza degli impianti di riscaldamento esistenti risulta sprovvisto di dispositivi di bilanciamento e regolazione. Per questo motivo, la maggior parte degli impianti risultano “sovradimensionati”, con portate e potenze nettamente superiori a quelle necessaria. Condizioni che da una parte consentivano una sorta di “autoregolazione” garantendo condizioni di confort in tutte le unità immobiliari, ma che dall'altra penalizzavano i condòmini in quanto soggetti a maggiori consumi energetici.

L'eventuale “squilibrio di un impianto”, viene determinato in base alla variazione dei flussi termici post distacco, verificando che tali mutate condizioni di funzionamento, vengano garantite portate di alimentazione corrette e adeguate condizioni di confort in tutte le unità immobiliari che restano collegate all'impianto centralizzato esistente. Le condizioni di comfort da garantire in ogni singolo ambiente, anche dopo l'avvenuto distacco, dipendono in buona parte dal corretto bilanciamento dell’impianto termico. Qualora dopo l'intervento di distacco, l’impianto non dovesse risultare “bilanciato/equilibrato”, il calore conseguente a variazioni di portata non controllate, potrebbe essere distribuito in modo non uniforme.

Di conseguenza, dopo il distacco, alcuni locali potrebbero risultare sovra alimentati (finestre aperte e maggiori consumi) ed altri sotto alimentati precludendo l'ottenimento delle condizioni minime di confort imposte di legge. Un impianto non bilanciato potrebbe inoltre risultare rumoroso (sibili e/o gorgoglii). Un ulteriore problema generato da un impianto termico “non bilanciato” è il maggior consumo di energia dovuto al possibile innalzamento della temperatura di ritorno nelle caldaie a condensazione. Ovvero in condizioni di alimentazione con portata superiore a quanto necessario, la temperatura di ritorno dai radiatori/montanti sovraalimentati, potrebbe risultare eccessivamente elevata con il conseguente aumento delle perdite di calore nelle tubazioni di ritorno e la limitazione di rendimento in caldaia, con conseguente spreco di energia e denaro.

In sostanza, qualora uno o più interventi di distacco, dovesse comportare uno “squilibrio” di impianto, verrebbero persi i seguenti benefici da parte degli utenti che rimarranno collegati all'impianto centralizzato:
− ottenimento del massimo comfort termico- mancato surriscaldamento degli ambienti dovuto a fonti di energia esterne quali: irraggiamento, apporti termici interni (persone, apparecchi elettrici, illuminazione …)
− adeguato sfruttamento degli apporti termici interni di cui sopra con conseguente riduzione dei consumi
− mantenimento in circolazione delle minor portate possibili con minor consumo delle pompe
− minimizzazione delle temperature di ritorno in caldaia con conseguente massimizzazione di resa e rendimento delle caldaie a condensazione. L'importanza di verificare l'incidenza di uno o più distacchi dall'impianto centralizzato, è pertanto di fondamentale importanza per poter evitare i problemi esposti. Per poter eseguire tale verifica in modo corretto, andrebbe rilevata anzi tutto la distribuzione di rete esistente e la tipologia di impianto ante-distacco.

I riflessi nei diversi tipi di impianto

In particolare va rilevato se trattasi di impianto “a portata costante” o “a portata variabile”. Negli impianti a portata costante (a regime circola sempre la stessa quantità di fluido vettore), i dispositivi di equilibratura impiegabili, lavorano sempre in condizioni statiche e vengono impiegati per evitare la sovralimentazione di alcune zone, a scapito di altre, e impedire fenomeni di rumorosità. I benefici ottenibili con tali dispositivi di bilanciamento “statico” di impianto (valvole di pre-regolazione, regolazione, bilanciamento, flussimetri) sono assai limitati.

Negli impianti a portata variabile, le pressioni differenziali e le portate di circolazione nei vari tratti di rete (collettori orizzontali, montanti verticali, distribuzioni d'utenza), variano continuamente in funzione della posizione di apertura e di chiusura delle rispettive valvole di regolazione. Il bilanciamento di queste tipologie di impianti risulta pertanto assai più difficile e richiede una verifica di pressione ai nodi, in condizioni di massima e minima portata. I dispositivi di regolazione da impiegare per queste tipologie di impianti (regolatori di pressione differenziale, regolatori autobilancianti), devono poter lavorare in condizioni dinamiche, controllando e regolando le continue variazioni di pressioni differenziali e portate nei diversi tratti della rete di distribuzione. Per poter verificare se da uno o più distacchi ne consegue uno “squilibrio” di impianto, si rende pertanto necessaria una apposita “verifica termo-fluidodinamica” riservata a tecnici qualificati.

Quando uno squilibrio post-distacco può essere ritenuto “notevole” ?

La risposta tecnica più corretta a tale quesito potrebbe essere la seguente: viene raggiunto un “notevole squilibrio” quando risultano esauriti dal punto di vista tecnico tutti i possibili interventi correttivi sull'impianto, ovvero quando non è più possibile ricorrere ad ulteriori interventi di adattamento ed equilibratura, senza che ne possano derivare i malfunzionamenti e i problemi già sopra evidenziati. Qualora raggiunte tali condizioni il condominio ne dovrà prendere atto in quanto verrebbe precluso ogni ulteriore diritto di distacco.

Verifica aggravi di spesa conseguenti al distacco

Il distinguo è importante in quanto un “notevole squilibrio di impianto” ne impedisce il distacco, mentre l'aggravio di spesa potrebbe essere un vincolo superabile qualora il distaccante se ne dovesse far carico.L'esistenza di «maggiori consumi e conseguenti aggravi di spesa» derivanti da uno o più distacchi, vengono accertati mediante apposita «analisi energetica sul sistema edificio-impianto» redatta nelle condizioni ante e post-distacco. Lo scopo di tale doppia analisi, deve essere quello di determinare poi due “riparti previsionali” prima e dopo il distacco mettendo a confronto le due seguenti situazioni:
1. sistema edificio-impianto comprensivo di tutte le unità immobiliari che compongono il fabbricato alimentate dall'impianto termico centralizzato (stato ante – distacco)
2. sistema edificio-impianto caratterizzato da tutte le unità immobiliari esclusa l'unità immobiliare oggetto del distacco (stato post-distacco).

Di fatto, l'analisi mediante diagnosi energetica è prevista dal Dm 26 giugno 2015 – Allegato 1 - articolo 5.3 ovvero: nel caso di ristrutturazione o di nuova installazione di impianti termici di potenza termica nominale del generatore maggiore di 100 kW, ivi compreso il distacco dall'impianto centralizzato, deve essere realizzata una diagnosi energetica dell'edificio che metta a confronto diverse soluzioni progettuali. Diagnosi ed analisi energetiche che devono essere eseguite da tecnici qualificati. Per poter redigere in modo corretto e completo ogni analisi/diagnosi energetica, sono necessari appositi sopralluoghi con rilevamenti e raccolta dati. In particolare, devono essere rilevati i dati geometrici costruttivi dell'edificio e delle singole unità immobiliari, la stratigrafia delle strutture disperdenti (opache e trasparenti) per poter determinare il volume e la superficie lorda riscaldata, la mappatura delle reti di distribuzione, i terminali dei servizi erogati, le caratteristiche dei sistemi di generazione, regolazione, distribuzione ed emissione dell'impianto centralizzato esistente.

Oltre ai rilievi di cui sopra, sarebbe necessario il reperimento della seguente documentazione:
- planimetrie architettoniche dello stabile (comprensive delle unità immobiliari oggetto di distacco)
- copia relazione ex legge 10 qualora esistente, con relativo schema di impianto allegato
- copia dei progetti di impianti termici (ove esistenti)
- documentazione della centrale termica esistente (libretto di centrale + denuncia ISPESL/INAIL ai sensi dell'articolo 18 del Dm 1° dicembre 1975 e successive modificazioni
- diagnosi energetica del fabbricato (ove già predisposta)
- tabelle millesimali e di riparto spese per i servizi erogati (riscaldamento – acqua calda sanitaria – raffrescamento)
- costi di gestione impianto centralizzato.

Reperiti tutti i dati e i parametri del sistema “edificio impianto ante e post-distacco”, lo strumento più indicato per poter verificare se dal distacco ne derivino aggravi di spesa per gli altri condòmini, consiste nel redigere due distinti “riparti previsionali di spesa” secondo UNI 10200 – Appendice D), con prestazioni energetiche calcolate secondo UNI/TS 11300 – in modalità A3 (edificio reale) impiegando le tabelle millesimali utilizzate nell'ultimo riparto consuntivo.

Il primo riparto redatto nelle condizioni ante-distacco

Il secondo nelle condizioni post-distacco, in modo da poter determinare per differenza eventuali aggravi di spesa a carico degli utenti che resteranno collegati all'impianto centralizzato. Riparti previsionali che determinano i consumi “volontari e involontari” di ogni singola unità immobiliare riferita al periodo di riferimento (anno).
- Consumi volontari conseguenti al comportamento del singolo utente (programmazione dei sistemi ditermoregolazione interni alla propria unità immobiliare).
- Consumi involontari, che al contrario non dipendono dal comportamento e/o dal controllo del singolo condomino, e che rappresentano le perdite energetiche dell'impianto necessarie per poter ottenere il servizio richiesto.

Ogni distacco, non dovrebbe comportare un aggravio di spese “volontarie” a carico del condominio, in quanto, venendo meno l'utilizzo dei corpi scaldanti nell'unità immobiliare oggetto di distacco, termina anche l'erogazione di calore al suo interno. Il discorso è diverso per quanto riguarda le spese “involontarie”, ovvero l'energia dispersa dal generatore e dalla rete di distribuzione (perdite di sistema), dimensionati per poter servire anche le unità che intendono operare il distacco. In caso di aumento dei consumi involontari conseguenti al distacco, ne consegue un “aggravio di spesa per gli altri condòmini”.Per entrambi i riparti, sono necessarie apposite valutazioni energetiche per poter determinare il «consumo totale (Qx,tot)» di ogni singolo servizio (x) erogato [kWh].

Consumo totale, pari al “fabbisogno in ingresso alla distribuzione (Qx,dis,in)”, determinato dall'energia fornita dal/i generatore/i + l'eventuale contributo solare qualora esistente. Ovvero:
Qx,tot = Qx,dis,in = Qx,gen,out + Qx,sol,out dove:
- Qx,gen,out = energia fornita dalla generazione per singolo servizio [kWh];
- Qx,sol,out = energia fornita dall'eventuale impianto termico solare (al netto dell'eccedenza) [kWh];

Consumo totale (o meglio fabbisogno in ingresso alla distribuzione), differente nelle condizioni ante e post distacco in quanto correlato al “rendimento globale di impianto (ηg)” che a sua volta dipende dai vari rendimenti dei sotto-sistemi costituenti l'impianto stesso:
ηg = ηe · ηr· ηd · ηp dove :
- ηe = rendimento di emissione dipendente dalla tipologia di installazione dei corpi scaldanti all'interno delle unità immobiliari che non viene modificato dal distacco (vedi prospetto n. 17 UNI/TS 11300/2)
- ηr = rendimento di regolazione dipendente dalla tipologia e dalla taratura del sistema di regolazione centralizzato (temperatura di mandata acqua eventualmente compensata con la temperatura esterna) che non viene modificato dal distacco (vedi prospetto numero 20 UNI/TS 11300/2)
- ηd = rendimento di distribuzione dipendente dalle caratteristiche costruttive della rete di distribuzione (isolamento coibente – posizione di installazione interna – esterna o ambiente non climatizzato) che non viene sostanzialmente modificato dal distacco (vedi prospetto numero 23 UNI/TS 11300/2)
- ηp = rendimento di produzione dipendente dall'efficienza del generatore e dal suo corretto dimensionamento in relazione al fabbisogno energetico (vedi prospetto numero 27 UNI/TS 11300/2).

Ogni distacco, comporta una riduzione di fabbisogno energetico e il conseguente sovradimensionamento del generatore esistente dimensionato per le esigenze termiche dell'interno stabile (unità oggetto di distacco comprese). Per entrambe le condizioni di verifica, viene poi determinata la “frazione di consumo involontario (f*x,inv)” per ogni servizio erogato; unica componente variabile tra le condizioni ante e post-distacco.

Frazione di consumo variabile, rappresentata dal rapporto tra l'entità delle “perdite di distribuzione totali (Qx,dis,ls)” di impianto e il “fabbisogno totale richiesto in ingresso alla distribuzione
(Qx,dis,in)”.f*x,inv = Qx,dis,ls / Qx,dis,in
Perdite di distribuzione totali (Qx,dis,ls), costitute da tutte le perdite di sistema, ovvero : Qx,dis,ls = Qx,dp,ls + Qx,s,ls + Qx,dc,ls + Qx,de,ls + Qx,di,ls dove :
- Qx,dp,ls = perdite totali rete di distribuzione primaria;
- Qx,s,ls = perdite totali eventuale sistema di accumulo;
- Qx,dc,ls = perdite totali rete di distribuzione comune;
- Qx,de,ls = perdite totali rete di distribuzione esterna (più corpi di fabbrica serviti da unica centrale);
- Qx,di,ls= perdite totali rete di distribuzione interna Frazione di consumo involontario (f*x,inv) da determinare in condizioni di “pieno utilizzo del condominio” secondo UNI/TS 11300 – modalità A3.

Nota la frazione di consumo involontario, viene poi determinata l'entità del “consumo involontario totale (Qx,inv)” per ogni servizio erogato, in entrambe le condizioni di esercizio (ante e post-distacco) : Qx,inv = Qx,tot x f*x,inv . Andando poi a ripartire il consumo involontario totale (Qx,inv) di cad. servizio, in proporzione ai rispettivi millesmi (mx,inv,j) vengono determinati i consumi involontari in capo ad ogni singola unità immobiliare (Qx,inv,j): Qx,inv,j = Qx,inv x ( mx,j / 1000).

Impiegando le tabelle millesimali dell'ultimo riparto consuntivo, e considerando lo stesso costo unitario dell'energia termica utile (€/kWh) nelle condizioni ante e post-distacco, sarà possibile determinare le spese di consumo involontari a carico dei singoli condòmini, verificando l'esistenza o meno di aggravi di spesa a carico delle unità immobiliari che rimarranno alimentate dall'impianto centralizzato. La stessa verifica può essere fatta con l'impiego della tabella millesimale post-distacco dalla quale viene eliminata l'incidenza dei millesimi relativi all'unità oggetto di distacco. Il risultato potrà giustificare l'obbligo per quest'ultima di continuare a sostenere la propria spesa di “consumo involontario” in quota millesimale anche dopo l'avvenuto distacco. In caso contrario, sarebbe ancora più evidente l'aggravio di spesa a carico degli altri condomini.

Un ultimo aspetto importante da considerare è quello delle verifiche previste dal Dm 26 giugno 2015 (o disposizioni regionali) in caso di interventi sul sistema edifico-impianto. In particolare, in caso di distacco dall'impianto centralizzato, l'intervento è inquadrato come ristrutturazione dell'impianto termico, come previsto dal Dlgs 192/2005 – Allegato A; ovvero: «l'insieme di opere che comportano la modifica sostanziale sia dei sistemi di produzione che di distribuzione ed emissione del calore». Rientrano in questa categoria anche la «trasformazione di un impianto termico centralizzato in impianti termici individuali», nonché la «risistemazione impiantistica nelle singole unità immobiliari o parti di edificio in caso di installazione di un impianto termico individuale previo distacco dall’impianto termico centralizzato».

In caso di ristrutturazione di impianto termico quindi, le verifiche di legge da effettuare sono le stesse previste dall'Allegato 1 al Dm 26 giugno 2015 ovvero il rispetto di tutti i requisiti pertinenti di cui ai capitoli 2 e 5 dell'allegato stesso. In particolare dell'efficienza media stagionale dell'impianto o degli impianti ristrutturati o installati di cui ai punti 5.3.1, 5.3.2 e 5.3.3. Il mero distacco dall'impianto centralizzato in sistemi edificio-impianto particolarmente datati e poco efficienti potrebbe non garantire quindi il rispetto dell'efficienza media stagionale richiesta.