Legittimo proprietario e titolare del diritto di abitazione, è tenuto a pagare gli oneri condominiali solo il primo
Esclusa un’azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare
«Dinanzi al condominio esistono solo i condòmini», così si è pronunciata in diverse occasioni la nostra Suprema corte; ed a quanto pare, tale orientamento viene ribadito e confermato anche con la pronunzia che andremo a commentare, e che dirime la controversia tra un condominio ed un’assegnataria di casa familiare a seguito di separazione. Trattasi dell’ordinanza numero 16613 emessa dalla sesta sezione civile della Cassazione il 23 maggio ultimo scorso. Per procedere alla disamina occorre, come di consueto, partire dalla vicenda che fa da sfondo al provvedimento.
I fatti di causa
Il caso di specie prende le mosse da un giudizio svoltosi dinanzi al Giudice di pace di Putignano, avviato dall’assegnataria di casa familiare per opporsi ad un decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dal condominio nei suoi confronti. In buona sostanza, il condominio pretendeva che l’assegnataria sostenesse gli oneri condominiali, indipendentemente dal fatto che non fosse la legittima proprietaria dell’unità abitativa occupata, bensì semplicemente la titolare del diritto di abitazione. Il Giudice di pace rigettava l’opposizione, ed inevitabilmente la vicenda veniva sottoposta al vaglio del Tribunale di Bari in sede d’appello.Secondo i giudici baresi, le ragioni dell’assegnataria meritavano di essere ritenute più che valide.
Le motivazioni fondanti la sentenza emessa dal Tribunale sono le seguenti:
–le deliberazioni assembleari con cui vengono ripartite le spese condominiali, sono azionabili soltanto nei confronti dei soggetti condòmini, in quanto unici legittimati a partecipare all'assemblea medesima esercitando il diritto di voto;
–inoltre, il soggetto assegnatario della casa coniugale, acquista un semplice diritto di godimento sul bene, che impedirebbe l'applicabilità del disposto dell'ultimo comma dell'articolo 67 delle disposizioni di attuazione del Codice civile (obbligo solidale, per gli oneri condominiali dovuti all’amministratore, tra nudo proprietario ed usufruttuario).
In buona sostanza, il principio per cui le spese condominiali concernenti la casa familiare oggetto di provvedimento di assegnazione restano a carico dell'assegnatario, spiega i propri effetti solo nei rapporti interni tra i coniugi, senza rivestire rilevanza alcuna nei confronti del condominio.Per nulla soddisfatto, il condomino soccombente in appello, si determina a rivolgersi alla Cassazione.
Casa familiare in caso di separazione o divorzio
Forse non tutti sanno che, in caso di separazione coniugale o cessazione del matrimonio a seguito di divorzio, la casa familiare va incontro a particolari vicende. Difatti, in presenza di figli minori, o anche maggiorenni ma non ancora autosufficienti dal punto di vista economico, «la casa segue i figlioli».Qual è il senso di tale previsione?Il senso, così come la finalità che si intende perseguire, sono molto importanti, soprattutto nel caso di figli minori d’età. Occorre considerare che il dissolvimento dell’unità familiare rappresenta per i figli un evento particolarmente traumatico.
Per cercare di limitare l’impatto negativo che la disgregazione della famiglia viene inevitabilmente ad avere sui figli, si garantisce in capo ai ragazzi la conservazione di quell’habitat domestico in cui si è svolta finora la vita della famiglia. Ciò comporta che, anche nell’ipotesi in cui la casa familiare sia di proprietà esclusiva di uno soltanto dei due coniugi, o persino di terze persone, il titolo di proprietà degrada rispetto l’interesse dei figli.
Chi fra i due coniugi sarà il genitore collocatario del minore, o il genitore convivente con il maggiorenne non autosufficiente economicamente, avrà anche il diritto di abitare l’immobile di proprietà altrui, e di goderne pienamente, unitamente a tutto ciò che vi si trovi all’interno.Come si può ben comprendere, il diritto del coniuge assegnatario non è un vero diritto reale, ma è semplicemente un diritto personale di godimento «a tempo determinato».Fatta tale doverosa esplicazione, possiamo tornare alla vicenda per cui è causa.
Il principio elaborata dalla Suprema corte
Investita della vicenda, la Cassazione si sofferma sulla peculiare natura del diritto riconosciuto all’assegnataria della casa familiare, nonché sul ruolo che la stessa viene ad assumere rispetto alla compagine condominiale.Ebbene, gli ermellini elaborano un ragionamento che, parte da un orientamento, per approdare ad un principio di diritto ben preciso.In precedenti pronunzie, la Cassazione aveva asserito quanto segue: dal momento che la gratuità dell'assegnazione della casa familiare esonera l'assegnatario dal pagamento di un corrispettivo per il godimento dell'abitazione di proprietà dell'altro, appare giusto che, in merito alle spese correlate all'uso dell’immobile (tra cui, appunto, i contributi condominiali inerenti alla manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell'alloggio familiare), in mancanza di un provvedimento espresso del giudice della separazione o del divorzio, esse vadano poste a carico del coniuge assegnatario.
Ma in occasione di successive pronunzie, la nostra Suprema corte ha precisato che il diritto di godimento della casa familiare è un diritto personale di godimento “sui generis”.Da qui l’elaborazione del principio di diritto che permea di sé l’ordinanza che stiamo commentando, e che viene di seguito riportato: «l’amministratore di condominio ha diritto di riscuotere i contributi per la manutenzione e per l'esercizio delle parti e dei servizi comuni esclusivamente da ciascun condòmino, e cioè dall'effettivo proprietario o titolare di diritto reale sulla singola unità immobiliare, sicché è esclusa un’azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare, configurandosi il diritto al godimento della casa familiare come diritto personale di godimento sui generis».Alla luce del suesposto principio, la Cassazione rigetta il ricorso proposto dal condominio, riconoscendo come pienamente legittima la posizione processuale dell’assegnataria di casa.
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di Michela Buonasorte - vice presidente RCCF - revisori certificati e forensi







