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Lo stato dei luoghi all’atto di costituzione del condominio può dirimere ogni lite sulla condominialità del bene

La prova della comproprietà non è necessaria laddove si tratti di cose che per loro natura costituiscano parti comuni del condominio o del supercondominio

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di Ivana Consolo

L’ordinanza numero 9551 emessa in data 7 aprile ultimo scorso dalla seconda sezione civile della Suprema corte, va ad aggiungersi ai tanti utili provvedimenti giudiziari prodottisi sul tema della corretta attribuzione della qualità di condòmino. Non è difatti sempre facile capire quando si diviene parte di una compagine condominiale; né tantomeno appare sempre immediata la qualificazione di un bene come condominiale.

Affinché si possa essere definiti condòmini, e si costituisca un condominio o supercondominio, appare necessaria la ravvisabilità di tutta una serie di fattori e/o circostanze esistenti o addirittura preesistenti alla data di formazione del titolo, ovvero del primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto, con conseguente frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali.

La vicenda

Il promotore dell’azione giudiziaria che porta sino all’ordinanza di Cassazione ivi in commento, si era visto intimare il pagamento di una somma di danaro per spese condominiali afferenti ad una compagine condominiale di cui si dava per assodato che egli fosse parte. Ebbene, pur non smentendo che in alcune occasioni avesse partecipato alle spese di manutenzione di una strada privata comune, parte ricorrente ci teneva a precisare che avesse agito non come condòmino, bensì come titolare di un diritto di servitù di passaggio esercitato limitatamente al primo tratto di strada utile per il raggiungimento delle sue proprietà(una casa e due box).

Il condominio, invece, aveva preteso di addebitargli spese relative ad un tratto su cui non esisteva alcuna servitù, arrivando a chiedere ed ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo. Da qui,l’intrapresa del giudizio in opposizione al decreto in parola, che inizia dinanzi al Giudice di pace di Genova,prosegue in appello presso il Tribunale, e sfocia in un ricorso in Cassazione.Citato in giudizio, il condominio difendeva la bontà e la fondatezza della sua pretesa, argomentando che ilsupercondominio avente ad oggetto la strada privata su cui si controverteva, era stato costituito a seguito di diverse assemblee alle quali il ricorrente aveva partecipato; inoltre, nel corso di altre assemblee condominiali(sempre alla presenza dell’opponente che nulla aveva obiettato), era stato approvato il regolamento d’uso della strada e le tabelle millesimali di ripartizione delle spese inerenti la medesima.

Il Giudice di pace accoglieva l’opposizione spiegata, revocando il decreto ingiuntivo opposto. Il giudizio d'appello, incardinato su iniziativa del condominio, si concludeva invece con il provvedimento del Tribunale di Genova che accoglieva il gravame, confermando il decreto ingiuntivo opposto. Avverso tale decisione,l’originario opponente ricorreva in Cassazione.

Il ricorso alla Suprema corte

Nel ricorso si tende ad evidenziare che al momento dell’acquisto degli immobili di proprietà dell’opponente, non esistevano né la strada privata (all’epoca ancora in costruzione), né tutti gli edifici posti in fondo alla medesima, realizzati con diversi progetti nei successivi quarant’anni. Ad avviso del ricorrente, non era dunque neppure prevedibile che, in futuro, quella strada avrebbe avuto la funzione di accesso per i predetti caseggiati.Inoltre, il titolo di acquisto dell’opponente, non contemplava la strada privata; la sua proprietà era posta nel punto della stessa più vicino alla strada pubblica, dunque il suo transito attraverso la strada avveniva solo a titolo di servitù. Secondo l’assunto difensivo dell’istante, non essendo contemplata nell'atto di acquisto, bensì indicata solo come confine, la strada era rimasta nella proprietà esclusiva del venditore. La difesa spiegata in ricorso mira quindi a dimostrare la non operatività, nel caso di specie, delle previsioni di cui agli articoli 1117 e 1117-bis del Codice civile.

La decisione di Piazza Cavour

Investiti della vicenda, i supremi giudici procedono con un’attenta disamina degli atti e documenti di causa.Il ragionamento giuridico elaborato dagli ermellini parte dalla nozione di supercondominio.Ebbene, per costante orientamento, il cosiddetto supercondominio sorge senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, ed altresì senza il bisogno di approvazioni assembleari.La Cassazione descrive poi quali situazioni di fatto debbano sussistere affinché possa ravvisarsi un supercondominio. Nel momento in cui plurime unità immobiliari, o più edifici, ovvero più condomìni di unità immobiliari, abbiano in comune talune cose, impianti, e servizi legati da una relazione di accessorio e principale, si crea un supercondominio.

Ciò posto, tornando al caso di specie, i giudici del secondo grado hanno ritenuto che la strada utilizzata dal ricorrente fosse posta a servizio necessario di una pluralità di edifici (anche condominiali) e di costruzioni varie (autorimesse, posti auto), che tale situazione di fatto fondasse l'esistenza di un supercondominio ai sensi dell'articolo 1117-bis del Codice civile, e che le delibere condominiali avessero ratificato una situazione già esistente di fatto e per legge. Dall’istruttoria era però emerso che gli atti di acquisto degli immobili non recavano alcuna menzione della strada privata, né costituivano una servitù di passaggio sulla stessa.

Ebbene, la prova della comproprietà non è necessaria laddove si tratti di cose che per loro natura costituiscano parti comuni del condominio o del supercondominio, come espressamente stabilito dall’articolo 1117 del Codice civile.E tuttavia, per affermare la natura condominiale di un bene, non basta valutarne il collegamento funzionale con una o più proprietà esclusive, o la sua accessorietà ad esse, essendo altresì necessario che le condizioni di tale contitolarità siano sussistenti nel momento in cui il soggetto acquisti beni in proprietà esclusiva, atteso che la proprietà condominiale costituisce una particolare declinazione della comunione, che si caratterizza per il collegamento funzionale del bene con le proprietà esclusive, senza prescindere dalla comproprietà di esso.

Conclusioni

I giudici di merito hanno dato per assodato che il solo utilizzo comune della strada privata fosse motivo sufficiente per ritenere integrata la previsione di cui all’articolo 1117 del Codice civile, mentre hanno del tutto omesso di accertare come l'asserito supercondominio si sarebbe costituito, nonché di esaminare l'atto che ne avrebbe determinato l'insorgenza. Questa omissione dei giudici appare tanto più rilevante ove si consideri che, nell’elenco delle parti comuni contenuto nella predetta disposizione normativa, non sono contemplatele strade.La Cassazione evidenzia che in sede di accertamento non poteva trascurarsi lo stato dei luoghi esistente al momento della formazione del titolo, potendo esso incidere sulla stessa operatività del suddetto articolo 1117 del Codice civile.

Se alla data di formazione del titolo risultava mancante il fabbricato (o i fabbricati in caso di supercondominio) sul quale sarebbero venute a coesistere proprietà esclusive e proprietà accessorie e complementari ad esse, destinate a rimanere in comunione per necessità pratiche derivanti dall’uso, dall’utilità, o dal godimento per tutti, ecco che l’atto costitutivo del condominio - ovvero il primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto con conseguente frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali - assume un valore dirimente. Alla luce della disamina svolta dagli ermellini, ed in ragione della conclusione a cui i giudici di legittimità sono giunti, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio.