Manutenzione ordinaria, le regole per l’appalto doc
L'amministratore stipula i contratti necessari per provvedere alla gestione e manutenzione delle parti comuni. Ad esempio stipula il contratto di pulizia dello stabile.
Il mandatario dell'edificio fa eseguire le riparazioni e le manutenzioni ordinarie scegliendo i fornitori, le imprese e gli artigiani fra quelli di sua fiducia, richiedendo se del caso più preventivi dei lavori necessari onde confrontarli e conferire l'incarico a chi ritiene il miglior offerente. E' tenuto a concludere il contratto di appalto per lavori di manutenzione dei beni condominiali, quando questi rientrano nell'ordinaria amministrazione. Per essi l'amministratore non necessita della previa autorizzazione dell'assemblea: i relativi poteri sono insiti nella carica, derivando direttamente dall'art. 1130 c.c., salvo eventuali limitazioni sancite dal regolamento di condominio o dall'assemblea. Ad esempio: il regolamento di condominio può disporre che determinati interventi di manutenzione ordinaria devono essere decisi non dall'amministratore ma dall'assemblea. Allo stesso modo il regolamento può attribuire all'assemblea il potere di decidere in merito a lavori che comportino una certa spesa.
Poiché l'amministratore è mandatario del condominio, l'assemblea può deliberare di attribuire a se stessa la decisione in merito a certe materie di competenza dell'amministratore. Ove nulla dispone il regolamento di condominio o l'assemblea, le attribuzioni dell'amministratore sono piene e assolute in ordine alla ordinaria gestione dello stabile.
«Deve escludersi che il conto di gestione sottoscritto per ricevuta anche dal nuovo amministratore possa avere valore di ricognizione di debito da parte del condominio nei confronti dell'amministratore uscente, non rientrando ciò certamente tra i poteri attribuiti dalla legge all'amministratore (articolo 1130 del codice civile) ed essendo all'uopo necessaria una dichiarazione sottoscritta dagli stessi condomini o eventualmente anche una deliberazione condominiale. Dal disposto dell'articolo 1130 del codice civile si evince che, al di fuori delle ipotesi di maggiori poteri attribuitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha poteri inerenti in generale all'amministrazione ordinaria e, per quanto attiene specificamente ai lavori e alle opere relative alle parti comuni dell'edificio condominiale, soltanto quelli rientranti nella cosiddetta manutenzione ordinaria; ne consegue che in assenza di una apposita deliberazione dell'assemblea dei condomini, il condominio non è vincolato per il solo fatto che l'amministratore abbia stipulato un contratto in nome e per conto del condominio stesso, ove non risulti che la stipulazione del contratto stesso sia stata autorizzata o comunque approvata mediante ratifica dell'assemblea dei condomini». (Trib. Modena, 19/05/2005).
<<Dal combinato disposto dagli art. 1130 e 1131 1° comma del c. c. si evince che, al di fuori delle ipotesi di maggiori poteri attribuitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore può agire in giudizio senza che occorra una apposita autorizzazione solo nell'ambito delle attribuzioni conferitegli dalla legge - e propriamente dall'art. 1130 - le quali concernono in generale l'amministrazione ordinaria e, per quanto ottiene specificamente ai lavori e alle opere relative alle parti comuni dell'edificio condominiale, soltanto quelli rientranti nella cosiddetta manutenzione ordinaria; ne consegue che la rappresentanza processuale attiva del condominio, anche in assenza di una apposita deliberazione dell'assemblea dei condomini, per le controversie nascenti da un contratto di appalto non può farsi discendere dal solo fatto che l'amministratore abbia stipulato in nome e per conto del condominio il contratto cui la controversia si riferisce, anche se l'oggetto di esso ecceda le sue normali attribuzioni come conferitegli dalla legge, ove non risulti che la stipulazione del contratto stesso sia stata autorizzata o comunque approvata mediante ratifica dall'assemblea dei condomini.>> (Cass. civ. 11272/1990).
Non così invece per gli interventi di straordinaria amministrazione, dove il mandatario dell'edificio deve prima ottenere l'autorizzazione dal condominio e poi stipulare il contratto di appalto con l'impresa che verrà incaricata dell'esecuzione degli interventi. La decisione dell'assemblea deve essere assunta con le maggioranze di cui all'art. 1136, comma 4, c.c.: l'affidamento dei lavori deve essere deciso da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti alla riunione e almeno la metà del valore dell'edificio, sia in prima, sia in seconda convocazione, in quanto trattasi di riparazione straordinarie di notevole entità..
<<La stipula, in nome e per conto del condominio, di un contratto di appalto attinente a lavori ed opere sulle parti comuni dell'edificio condominiale, nei limiti della manutenzione ordinaria, rientra tra le attribuzioni dell'amministratore, e quindi non richiede l'apposita preventiva, deliberazione dell'assemblea dei condomini; occorre invece l'autorizzazione dell'assemblea (o, comunque, l'approvazione mediante sua successiva ratifica), e con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, comma 4, c.c.., ove l'appalto consista in riparazioni straordinarie di notevole entità>>. (Trib. Salerno, 08/01/2010).
Il mandatario dello stabile ha non solo il potere autonomo di stipulare il contratto, ma è anche tenuto a rispettare il contratto per tutto quanto ivi previsto, compreso il pagamento del corrispettivo pattuito. Allo stesso modo, può diffidare la controparte a attenersi alle obbligazioni assunte in sede contrattuale, può chiedere all'appaltatore di sanare eventuali vizi di costruzione e, di conseguenza, può agire in giudizio nei suoi confronti senza dover ottenere la previa autorizzazione del condominio. Il suo potere processuale deriva dall'art. 1131 c.c., che ricalca in ambito processuale le attribuzioni sostanziali. In questo senso deve essere interpretato l'art. 1131, primo comma, c.c. laddove sancisce che “Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi”. Si tratta di attribuzioni normali dell'amministratore, sempreché si sia in ambito di opere relative alla manutenzione ordinaria delle parti dell'edificio.
<<Accertato che la società attrice aveva sospeso qualsivoglia servizio di manutenzione degli ascensori nei condominii convenuti, tanto che non aveva provveduto neanche più ad eseguire le verifiche periodiche, tali omissioni configurano gravi inadempienze contrattuali in relazione alla natura e alle caratteristiche del contratto, deve dichiararsi pertanto risolto il contratto di manutenzione in questione con condanna al risarcimento dei danni subiti dai condominii oltre interessi e rivalutazione monetaria, nonché alla rifusione integrale delle spese del giudizio>>. (Trib. Bologna, 11/05/2010).
<<È pacifico che rientri nelle competenze dell'Amministratore ex art. 1130, n. 4, c.c. l'azione di cui all'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui riguardino l'intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in un'ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'Amministratore del Condominio ed i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parti di essi soltanto. Ne' può ritenersi che l'Amministratore necessiti di una specifica autorizzazione per resistere in giudizio rispetto alle domande svolte monitoriamente contro il condominio, ovvero per proporre in via riconvenzionale la domanda di danni, essendo previsto a suo carico solo un onere di comunicazione all'assemblea, ex art. 1131, comma 3, c.c., relativo alle citazioni o provvedimenti notificatigli che esorbitino le attribuzioni sue proprie, onere la cui violazione lo espone a responsabilità verso il condominio ma al quale non è tenuto nei limiti delle competenze come elencate nell'art. 1130 c.c.>> (Trib. Genova, 23/07/2009).
<<L'amministratore del condominio, convenuto in giudizio da un terzo o da un condomino è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea quando la domanda abbia un contenuto esorbitante dalle sue attribuzioni, cosi come delineate dall'art. 1130 c.c. Pertanto poichè in base a detto articolo deve ritenersi spettante all'amministratore nell'ambito dei compiti di conservazione delle cose comuni (ossia di preservazione della loro integrità e di reazione ad attentati o pretese di terzi) il potere discrezionale, autonomamente esercitabile, di impartire le disposizioni necessarie ad eseguire lavori di manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e di erogare le relative spese, non può considerarsi esorbitante dalle dette attribuzione la decisione autonoma dell'amministratore rispetto ad un lite quando con la domanda proposta contro il condominio si facciano valere pretese risarcitorie (in forma specifica, oltrechè per equivalente) correlate a difetto di manutenzione ordinaria di una parte comune, quale il tetto di copertura dell'edificio. Ne deriva, ulteriormente, la mancanza, in siffatta ipotesi, della condizione essenziale per l'esercizio da parte del condomino dissenziente del potere di estraniarsi dalla lite scindendo la propria responsabilità in ordine alle sue conseguenze per il caso di soccombenza, non potendo tale potere esercitarsi ove legittimamente manchi intorno alla lite promossa contro il condominio una specifica decisione dell'assemblea.>> (Cass., 2259/1998).
<<A norma degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., il potere rappresentativo che spetta all'amministratore di condominio- e che, sul piano processuale, si riflette nella facoltà di agire in giudizio per la tutela dei diritti sulle parti comuni dell'edificio - comprende tutte le azioni volte a realizzare tale tutela, fra le quali quelle di natura risarcitoria, con esclusione soltanto delle azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui si riferiscono e che non costituiscono, pertanto, atti conservativi. (Rigetta, App. Roma, 23/11/2005)>> (Cass.23065/2009).
<<La rappresentanza processuale attiva dell'amministratore del condominio edilizio, ex art. 1131 c.c., è ordinariamente ristretta alla proposizione delle sole azioni giudiziarie aventi diretta inerenza alla disciplina delle cose comuni sì da assicurare a tutti partecipi il loro godimento, ovvero all'esecuzione delle delibere assembleari o, ancora, alla riscossione dei contributi individuali come quantificati nello stato di ripartizione approvato dall'assemblea, o ancora, al compimento degli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni, dovendosi, per le materie esulanti da tale novero e in difetto di eventuale difforme previsione ampliativa del regolamento di condominio, necessitare di deliberazione assembleare autorizzativa>>. (Trib. Roma., 07/01/2009).
La risoluzione del contratto di appalto opera di diritto nei casi sanciti dalla legge, ad esempio ove sia stato contrattualmente previsto il termine essenziale della conclusione dei lavori, deve essere richiesta giudizialmente nei casi di gravi inadempienze dell'appaltatore. In tutti i casi, l'amministratore è libero di concludere altro contratto di pari contenuto onde assicurare la continuità della manutenzione dei beni e servizi comuni.
<<Nel caso in esame l'amministratore dei condominii convenuti, subito dopo aver inviato la lettera di risoluzione contrattuale all'attrice inadempiente, si era rivolto ad un'altra impresa per assicurare la manutenzione degli impianti. Tale amministratore aveva, non solo il potere, ma il dovere di concludere un altro contratto, perché dall'inadempimento di parte attrice poteva derivarne un rischio per l'incolumità degli utilizzatori degli impianti di ascensore. Tali atti dell'amministratore appaiono del tutto ordinari e pertanto non rientrano nella nozione di concorrenza sleale contenuta nella norma di cui all'art. 2598 c.c., come sostenuto invece da parte attrice>>. (Trib. Bologna, 11/05/2010).
Il condominio è responsabile per i danni causati dall'esecuzione dei lavori appaltati, in ragione dell'obbligo di vigilanza ex art. 2051 c.c. Anche la persona dell'amministratore può essere ritenuto responsabile in concorso dell'edificio in caso di negligente vigilanza, salvo che quest'obbligo sia stato affidato a un terzo soggetto.
<<L'amministratore del condominio ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi od agli stessi condòmini. Quest'obbligo non viene meno neanche nell'ipotesi in cui il condominio appalti a terzi lavori riguardanti le parti comuni dell'edificio condominiale, a meno che il compito di vigilare su tali lavori non venga affidato a persona diversa dall'amministratore. Ne consegue che l'amministratore stesso è responsabile del danno alla persona patito da uno dei condòmini, in conseguenza dell'inciampo in una insidia (nella specie, buca nel cortile condominiale) creata dall'impresa cui erano stati appaltati lavori di manutenzione dell'immobile condominiale>>. (Cassa con rinvio, App. Roma, 19 dicembre 2003) (Cass.25251/2008).
<<La responsabilità di cuiall'art. 2051 c.c.trova fondamento nel dovere di custodia gravante sul soggetto che a qualsiasi titolo eserciti un effettivo o non occasionale potere fisico sulla cosa in relazione all'obbligo di vigilare affinché la stessa non arrechi danni a terzi. Atteso che siffatta norma prevede una responsabilità presunta a carico del proprietario o dell'utilizzatore della cosa per il danno dalla stessa cagionato, ai fini del riconoscimento di tale responsabilità è necessario che il danno lamentato sia riconducibile causalmente all'intrinseco dinamismo della cosa, così escludendo che la stessa abbia rappresentato una mera occasione al verificarsi dell'evento dannoso. Nella specie, considerato che il Condominio in persona dell'amministratore ha, ex art. 1130 c.c., il dovere di sorveglianza sull'uso delle cose e dei servizi comuni e che, nell'espletamento dell'incarico conferitogli, ha la custodia delle parti e degli impianti comuni, è senz'altro ravvisabile una responsabilità ex art. 2051 a suo carico per le infiltrazioni di acqua lamentate da uno dei condomini, in quanto derivanti da un suo comportamento omissivo consistente nel non aver provveduto alla manutenzione ordinaria del cornicione e del relativo frontalino di protezione>>. (Trib. Potenza, 27/06/2008).
Ciò in quanto “il controllo dei beni comuni nell'interesse del condominio deve infatti considerarsi attribuito all'amministratore quante volte, da un lato, l'appaltatore non è posto in una condizione di esclusivo custode delle cose sulle quali si effettuano i lavori e dall'altro l'assemblea non affida l'anzidetto compito ad una figura professionale diversa dallo stesso amministratore. Questi allora deve curare che i beni comuni non arrechino danni agli stessi condomini od a terzi, come del resto ha già riconosciuto la giurisprudenza allorchè ha considerato l'amministratore del condominio responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei suoi poteri e, in genere, di qualsiasi inadempimento degli suoi obblighi legali o regolamentari: si pensi in specie ai danni derivanti dalla negligente omissione delle necessarie riparazioni al lastrico solare od al tetto, decise da una delibera assembleare e non attuate dall'amministratore (Cass., 17 maggio 1994, n. 4816; Cass. 14 giugno 1976, n. 2219; ma v. anche Cass., 20 agosto 1993, n. 8804)”. (Cass. civ. Sez. III Sent., 16-10-2008, n. 25251).
L'amministratore può esercitare nei confronti dell'appaltatore l'azione sancita dall'art. 1669 c.c., in tema di rovina o pericolo di rovina di immobili destinati per natura a lunga durata, e non quella di garanzia per i vizi dell'opera appaltata sancita dall'art. 1667 c.c., dove la legittimazione attiva spetta al solo committente.
<<In tema di responsabilità dell'appaltatore per difetti di costruzione di un immobile condominiale, se tali difetti determinano un'alterazione che incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell'immobile, la relativa azione - prevista dall'art. 1669 cod. civ. ed avente natura extracontrattuale - può essere proposta anche dall'amministratore; diversamente, se i difetti sono riconducibili alla categoria delle difformità e dei vizi di cui all'art. 1667 cod. civ., la relativa azione - di natura contrattuale - spetta soltanto al committente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, avendo ricompreso i vizi di costruzione nella fattispecie dell'art. 1667 cod. civ., aveva negato all'amministratore del condominio la legittimazione attiva a proporre la relativa azione, non essendo il condominio committente dell'opera). (Rigetta, App. Firenze, 29 dicembre 2003)>> (Cass.3040/2009).
<<In relazione ad un edificio incondominio, l'azione prevista dall'art. 1669 c.c., che può essere proposta nei confronti dell'appaltatore per il caso di rovina dell'edificio o di gravi difetti di costruzione che ne mettano in pericolo la stabilità, rientra tra gli atti conservativi di competenza dell'amministratore del condominio ai sensi de1l'art. 1130, n. 4, cod. civ., a differenza delle azioni di garanzia per i vizi della cosa venduta o dell'opera appaltata le quali, ponendo in contestazione l'adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto di compravendita o da quello di appalto, possono essere esercitate soltanto dagli acquirenti delle singole unità immobiliari ovvero dal committente>>. (Trib. Milano, 03/11/2009).
<<L'amministratore del condominio è legittimato a proporre l'azione di cui all'art. 1669 cod. civ., relativa ai gravi difetti di costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell'edificio condominiale, anche senza preventiva autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale. (Cassa con rinvio, App. Ancona, 15 Luglio 2002)>> (Cass.17484/2006).
Una decisione non recente della Suprema Corte ha affermato che, in ragione del contratto di appalto concluso nell'interesse del condominio, l'amministratore è legittimato a agire contro l'appaltatore non solo a tutela del beni e servizi comuni dell'edificio ma anche per i singoli appartamenti.
<<La responsabilità del costruttore per gravi difetti ai sensi dell'art. 1669 c.c. (nella specie difettosa impermeabilizzazione delle terrazze a livello) può essere richiesta dall'amministratore del condominio anche per i singoli appartamenti, interpretando estensivamente la disposizione dell'art. 1130 n. 4 c.c., nel senso che atti conservativi sono anche quelli diretti a salvaguardare i diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato.>> (Cass. .3366/1995).
La massima pare essere forviante rispetto al principio espresso dalla Suprema Corte: nel caso di specie è stato riscontrato che i difetti delle parti comuni non possono essere eliminati se non tramite la rimozione di quelli delle parti di proprietà esclusiva, si genera una situazione in cui il ripristino di entrambe le parti assume carattere inscindibile in quanto la motivazione è la seguente “L'azione dell'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione rientra nel novero degli atti conservativi dell'art. 1130, n. 4, c.c.; nel caso in cui i gravi difetti riguardino l'intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, si verifica una causa comune di danno che abilità alternativamente l'amministratore del condominio o i singoli condomini ad agire per il risarcimento senza che possa farsi distinzione fra parti comuni e singoli appartamenti o parti di essi soltanto (V. Cass., 10 febbraio 1968, n. 441; Cass., 17 maggio 1965, n. 935; Cass., 7 agosto 1962, n. 2445; Cass., 3 ottobre 1958, n. 3084 ed altre). Quando infatti l'edificio sia minacciato nella struttura del suo insieme sì che i difetti delle parti comuni non possono essere eliminati se non tramite la rimozione di quelli delle parti di proprietà esclusiva, si genera una situazione in cui il ripristino di entrambe le parti assume carattere inscindibile, donde la possibilità per ciascuno degli aventi diritto di chiedere il risarcimento per l'intero come in un rapporto di solidarietà attiva”.
Il contratto di appalto stipulato dall'amministratore riguarda solo i beni del condominio e non le proprietà esclusive dei singoli condomini. In quest'ambito non rileva la distinzione tra ordinaria e straordinaria manutenzione. Qualora l'assemblea decidesse di attribuire il potere di stipulare l'appalto anche per la parte delle singole unità immobiliari, la relativa decisione è nulla anche se gli interventi decisi sono qualificabili in termini di ordinaria manutenzione. Né l'assemblea né l'amministratore hanno poteri di intervento per le parti dell'edificio concernenti la titolarità esclusiva dei singoli. La decisione condominiale è in ogni caso nulla con ripercussione dell'invalidità sul contratto per la parte concernente gli alloggi direttamente coinvolti. Lo stesso discorso vale per il contratto stipulato direttamente dall'amministratore senza la decisione del condominio. Ciò sempreché il singolo non abbia conferito mandato specifico all'amministratore o non ratifichi il contratto, facendolo proprio. Ove così fosse, la ratifica vale di per sé, secondo il disposto dell'art. 1399 c.c., senza che possa avere rilevanza il fatto che si è in ambito condominiale.
<<Poiché né l'assemblea condominiale, né tanto meno l'amministratore, possono assumere decisioni che riguardino le proprietà esclusive, il contratto d'appalto per i lavori di manutenzione dell'edifìcio condominiale voluto dall'assemblea e posto in essere dall'amministratore non può mai contenere opere coinvolgenti le unità immobiliari appartenenti ai singoli condomini (ovvero da compiersi su solai, balconi o terrazze appartenenti ai proprietari degli appartamenti). Ne consegue che il condominio è legittimato a commettere l'appalto e ad adempiere le relative obbligazioni solo limitatamente ai lavori eseguiti sulle parti comuni ex art. 1117 c.c>>. (Trib. Nocera Inferiore Sez. II, 31-01-2005).
<<In tema di condominio, le azioni reali da esperirsi contro i singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell'edificio condominiale che esulano dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ai sensi dell'art. 1130, n. 4, cod. civ.), possono essere esperite dall'amministratore solo previa autorizzazione dell'assemblea, ex art. 1131, comma primo, cod. civ., adottata con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 stesso codice. Ove si tratti, invece, di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condomini, la legittimazione dell'amministratore trova il suo fondamento soltanto nel mandato a lui conferito da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non anche nel predetto meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, ad eccezione della ipotesi di unanime deliberazione di tutti i condomini, perché il potere di estendere il dominio spettante ai singoli condomini in forza degli atti di acquisto delle singole proprietà è del tutto estraneo ai meccanismo deliberativo dell'assemblea e può essere conferito solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascuno dei condomini interessati.>> (Trib. Palermo., 25/02/2009).
L'azione volta ad ottenere la piena conoscenza dello stato dei luoghi, come è l'accertamento tecnico preventivo, rientra nei poteri processuali dell'amministratore in quanto si tratta di un giudizio avente a oggetto la prova della situazione concernente i lavori eseguiti per il condominio. Questo procedimento è teso a acquisire per via documentale e in modo tempestivo elementi di fatto sullo stato dei luoghi o sulla condizione e qualità degli interventi eseguiti in ragione del contratto di appalto, da utilizzare successivamente nel giudizio di merito introdotto con la domanda ex art. 1669 c.c.
<<La legittimazione dell'amministratore di condominio a proporre, nei confronti dell'appaltatore, azione di responsabilità ai sensi dell'art. 1669 cod. civ. anche senza preventiva autorizzazione dell'assemblea condominiale si estende pure alla proponibilità del procedimento di accertamento tecnico preventivo finalizzato ad acquisire tempestivamente elementi di fatto sullo stato dei luoghi o sulla condizione e qualità di cose, da utilizzare successivamente nel giudizio di merito introdotto con la domanda ex art. 1669 citato, posto che tale accertamento è strumentale all'esercizio stesso dell'azione di responsabilità anzidetta. (Rigetta, App. Venezia, 12/01/2004).>> (Cass., 23693/2009).
Curiosa è l'affermazione che il condominio costituitosi successivamente al contratto di appalto può ratificare il contratto intervenuto prima della sua nascita. In realtà non si tratta di espressione di ratifica da parte dell'edificio ma solo della continuazione di un rapporto da parte della collettività dei condomini, una volta costituitosi giuridicamente l'ente collettivo.
<<Il contratto di appalto avente ad oggetto il servizio di manutenzione di un ascensore condominiale, originariamente stipulato con la società costruttrice dell'immobile, è opponibile al condominio successivamente formatosi a seguito della vendita delle singole unità immobiliari, che abbia tollerato nel tempo gli interventi dei tecnici della ditta appaltatrice, così ratificando l'operato del precedente amministratore>>. (Trib. Pescara, 28/02/2003).
I mercoledì della privacy: conservazione dati nei server dell’amministratore
di Carlo Pikler - Centro studi privacy and legal advice