Condominio

Nessuna tassa di occupazione di suolo pubblico in caso di ritardo nel rilascio di autorizzazione ai lavori

Questo avviene nel caso frequente in cui il ritardo sia imputabile ad altra amministrazione

di Roberta Zanino

Il condominio che per far fronte alle richieste dei vigili del fuoco installi un ponteggio per garantire il passaggio dei pedoni ed evitare che il distaccamento di alcune parti del cornicione della facciata della palazzina possa causare danni a terzi, è tenuto a pagare la tassa per l'occupazione del suolo pubblico in attesa che l'ente competente rilasci le dovute autorizzazioni? A questo interrogativo ha fornito risposta la V° sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 6815/2022.

I fatti di causa

Nel caso di specie il condominio si attivava per la messa in sicurezza e installava i ponteggi ma, trattandosi di immobile vincolato, era necessario il rilascio dell'autorizzazione da parte della soprintendenza prima di potere eseguire i lavori.La soprintendenza rilasciava l'autorizzazione diversi mesi dopo alla richiesta.Il condominio si trovava pertanto esposto ad una richiesta di importo particolarmente elevato con riguardo alla tassa di occupazione del suolo pubblico.Il condominio impugnava avanti al Tar la determinazione comunale relativa alla tassa per l'occupazione del suolo pubblico, chiedendo che fosse riconosciuta la non debenza per fatto di altra amministrazione.

Il Tar respingeva il ricorso, sostenendo che eventuali aggravi economici dovevano essere fatti valere nei confronti delle amministrazioni che con il proprio colpevole ritardo avevano comportato un maggior importo della tassa di occupazione.In sede di appello, invece, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso.

Il ragionamento del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha accertato che il ritardo della soprintendenza era ingiustificato. Quest'ultima infatti sosteneva che il ripristino faceva parte di un più ampio ed unitario progetto che, dunque, doveva essere contestualmente e indistintamente realizzato. Conseguentemente la soprintendenza ha espletato ricerche storiche atte ad identificare il colore seicentesco del fabbricato, ponendo così in essere un allungamento dei tempi non imputabile al condominio.La protrazione della occupazione di suolo pubblico non conseguiva dunque ad una esigenza del condominio quanto ad una imposizione ad opera di altra amministrazione dello Stato, con il che era bloccato ogni intervento, anche solo di messa in sicurezza, procrastinando lo stato di pericolo.

La sospensione del termine di 30 giorni

Il Consiglio di Stato, considerato che in forza di regolamento comunale in caso di occupazioni necessarie per eseguire lavori urgenti ed imprevisti, i primi 30 giorni non erano computati ai fini del calcolo della tassa di occupazione di suolo pubblico, ha ritenuto che l'inerzia di altra amministrazione, proprio in quanto non addebitabile alla condotta dell'incolpevole soggetto privato ma ad un fatto della stessa Pa, congela tale termine, in chiave sospensiva, e non lo fa decorrere.Il termine di 30 giorni andava quindi sospeso per tutto il tempo che la soprintendenza ha impiegato per approvare il progetto di rifacimento della facciata. Una volta esitato tale adempimento ministeriale il termine poteva ricominciare a decorrere, per poi sfociare nel quadro applicativo della suddetta tassa, ossia da quando il condominio era effettivamente in grado di eseguire i lavori.

Conclusioni

Risulta quindi acclarato che qualora la protrazione di occupazione di suolo pubblico dipenda da inerzia di altra amministrazione competente a rilasciare un'autorizzazione e non sia imputabile a fatto del condominio, il Comune non avrà diritto ad ottenere il corrispettivo della tassa di occupazione.Interessante notare che nel caso di specie il Consiglio di Stato ha anche rigettato la difesa comunale secondo cui il condominio avrebbe dovuto eseguire i lavori provvisori indispensabili, per rimuovere così i ponteggi e successivamente ricollocarli onde ulteriormente provvedere al rifacimento delle facciate esterne. Il giudice dell'appello ha infatti ritenuto che «una simile operazione avrebbe irrazionalmente comportato un notevole (e ingiusto) aggravio non solo dei tempi di realizzazione, ma anche, e soprattutto, dei costi legati all'intervento in sé (in particolare: di quelli dovuti allo smontaggio ed al rimontaggio dei ponteggi): il tutto sempre per ritardi da addebitare ad altra amministrazione dello Stato e non al privato stesso».

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