Condominio

Nomina nulla senza compenso esplicito, la Cassazione impone la nuova rotta

Sovvertito l’orientamento precedente, si valorizza il meccanismo dello scambio di «proposta» ed «accettazione»

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di Claudio Belli

L' ordinanza 12927 del 22 aprile scorso (relatore Antonio Scarpa), anticipata dal Quotidiano Condominio di ieri - con una motivazione assai lineare ed idonea ad esplicitare, con estrema conseguenzialità logica, l'esito decisorio - respinge i motivi di ricorso proposti da una società condomina di un edificio sito in Trieste contro una sentenza della Corte territoriale che le aveva respinto l'appello contro una pronuncia resa dal Tribunale di Udine. Quest'ultimo aveva rigettato la domanda, proposta dalla stessa condòmina, di accertamento della nullità (prevista testualmente ex art. 1129, c. 14, c.c.) della deliberazione assembleare con la quale era stato nominato un amministratore di condominio senza che fosse stato previamente specificato il compenso per l'attività da svolgere.

Le motivazioni della Corte d’appello
La Corte d'Appello di Trieste, nel proprio iter argomentativo, affermava che l'importo del compenso richiesto «non deve necessariamente essere indicato nella delibera che conferisce l'incarico, né emergere dal verbale»; militavano a favore di tale prospettiva, per la Corte di merito, la presenza, tra gli atti di causa, di un «preventivo» recante la data del 10 febbraio 2016, sottoscritto dall'amministratore ed indirizzato ai condòmini nonché la circostanza che, successivamente allo svolgimento dell'assemblea condominiale la cui deliberazione era stata censurata dalla condòmina per nullità, risultava essere stato redatto un «bilancio preventivo, con riparto e piano rate, ove si indicava il compenso dell'amministratore».

Il ricorso in Cassazione
Con il ricorso alla Corte di legittimità la società condòmina deduceva, con un unico motivo di censura, la violazione e falsa applicazione dell'art. 1129, c. 14, c.c. evidenziando che, nel verbale assembleare di nomina dell'amministratore, non vi fosse alcun cenno né al compenso né, tantomeno, alla documentazione (pretesamente) trasmessa ai singoli condòmini.L'ordinanza della Suprema Corte, con un aproccio innovativo rispetto alla risalente giurisprudenza, stabilisce perentoriamente che, a seguito della riforma della disciplina condominiale del 2012, la nomina dell'amministratore «si struttura, in particolare, come scambio di proposta ed accettazione secondo quanto si desume altrettanto testualmente dai commi 2 e 14 del medesimo art. 1129 c.c., nonché dall'art. 1130, n. 7, c.c., il quale dispone che la nomina dell'amministratore deve essere annotata in apposito registro».

Conclude stabilendo che la Corte triestina ha errato «nel ritenere che l'ammontare del compenso richiesto non deve necessariamente essere indicato nella delibera che conferisce l'incarico all'amministratore, né emergere dal verbale» formulando, infine, sulla questione, il seguente «principio di diritto»: «agli effetti dell'art. 1129, comma 14, c.c., il quale prevede la nullità testuale della nomina dell'amministratore di condominio ove non sia specificato l'importo dovuto a titolo di compenso, per la costituzione di un valido contratto di amministrazione condominiale occorre accertare la sussistenza di un documento, approvato dall'assemblea, recante, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l'elemento essenziale della analitica determinazione del corrispettivo, che non può ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto».

L'ordinanza, dunque, - sovvertendo (necessariamente) i «tradizionali» orientamenti giurisprudenziali valevoli ante riforma del 2012 - valorizza (per la prima volta a quanto consti) il meccanismo dello scambio di «proposta» ed «accettazione» così come auspicato dalla dottrina più attenta secondo cui la nuova formulazione dell’art. 1129 c.c. definisce più puntualmente il processo di costituzione del rapporto tra condominio e amministratore, distinguendo la fase di formazione della volontà a contrarre del condominio da quella (a volte coincidente) di conclusione del contratto tra gli stessi. Più precisamente si è distinta una fase di «nomina» dell’amministratore costituita dalla adozione della deliberazione da parte dell’assemblea con cui si predetermina il contenuto del contratto - eventualmente integrandone o modificandone il contenuto già definito dalla legge - e si nomina il professionista indicando il corrispettivo per l'attività da svolgere.

La seconda fase, invece, è caratterizzata dal perfezionamento vero e proprio del contratto secondo le ordinarie regole civistiche in materia contrattuale ex art. 1326 c.c. (la distinzione tra «nomina» ed «accettazione» è stata pionieristicamente introdotta da R. Amagliani, L'amministratore e la rappresentanza degli interessi condominiali, Milano, 1992, p. 163; cfr., anche V. Colonna, L'amministratore di condominio: rapporto con i condòmini, responsabilità, rappresentanza, Milano, 2014, p. 19; A. Scarpa, L'accettazione della nomina dell'amministratore di condominio, in Amministrare immobili, ottobre 2017, n. 217, p. 12 e recentemente V. Colonna, Il rapporto tra amministratore, assemblea e condomini, relazione tenuta nel corso dell'evento formativo “I diritti in comune: amministrazione e responsabilità nella comunione e nel condominio” presso la Scuola Superiore della Magistratura in Scandicci, 7-9 marzo 2022, p. 12; sia consentito anche un richiamo a R. Amagliani, L'amministratore condominiale ed il rapporto contrattuale con il condominio, intervista di C. Belli al prof. Amagliani, in Amministrare Immobili, giugno 2020, n. 245, p. 26).

Tale apparato teorico è stato integralmente recepito dalla Suprema Corte rendendo, così, del tutto recessivo, nella fattispecie contrattuale in esame, il riferimento al mandato che comporterebbe, come è noto, l'inapplicabilità delle norme (oggi, invece, considerate incontrovertibilmente suscettibili di applicazione) che fanno discendere l’operatività della nomina soltanto dall’«accettazione» della stessa (l'assunto che considera il rapporto di mandato privo di una fonte contrattuale che troverebbe la propria regolamentazione nella sola investitura iniziale dell’assemblea si rinviene in Cass., ord., 13 giugno 2013, n. 14930 in una fattispecie pre-riforma 2012).

L’atto negoziale deve essere scritto
Ma c'è anche un altro aspetto assai rilevante nella pronuncia che merita senz'altro di essere valorizzato. Si tratta della parte della statuizione relativa all'esigenza di adottare un atto negoziale che abbia «forma scritta».Tale assunto si rinviene nel passaggio motivazionale in cui l'estensore rileva che «più in generale, dall'art. 1130 n. 7 e dall'art. 1136, ultimo comma, c.c. si evince che la delibera di nomina dell'amministratore ed il correlato contratto di amministrazione debbano avere anche forma scritta (arg. da Cass. Sez. Unite, 30/12/1999, n. 943)».

L'ordinanza, dunque, anche su questo punto, interviene fortemente su quell'impostazione, fatta propria da un certo orientamento giurisprudenziale (oggi in via di superamento) il quale - facendo leva sull'art. 1392 c.c. (che prevede la procura tacita) - ha affermato che la rappresentanza dell'amministratore può essere anch'essa «tacita», sicché la validità di detta nomina sussiste anche indipendentemente da una formale investitura da parte dell'assemblea in quanto, per l'appunto, desumibile dal comportamento concludente dei condòmini (Cass., 4 febbraio 2016 n. 2242; precedentemente Cass., 10 aprile 1996 n. 3296; Cass., 12 febbraio 1993, n. 1791, in Giust. civ., 1994, I, p. 225).

Si è, invece, perspicuamente rilevato in dottrina che tale assetto determina una strutturale ambiguità ed una irrisolta ambivalenza sul piano contrattuale. Infatti, la libertà di forma di cui all'art. 1392 c.c. non è invocabile nel caso che ci occupa posto che «la nomina dell'amministratore, secondo l'art. 1129 c.c., è di competenza dell'assemblea e quindi deve risultare dal una delibera consacrata in un verbale» (R. Triola, Nomina dell'amministratore per facta concludentia?, in Casi e questioni in tema di condominio, relazioni e articoli di R. Triola pubblicati in Amministrare Immobili, Roma, 2018, p. 113) tenendo conto anche delle rilevanti problematiche probatorie, in caso di contestazioni, sulla effettiva ricorrenza del «consenso tacito» nel condominio, così come evidenziato dalla migliore dottrina (N. Izzo, Sulla contestazione della persistenza dell'incarico di amministratore condominiale e sulla prova della deliberazione di nomina, in Giust. civ., 1994, I, p. 910 per il quale soltanto l'unanimità potrebbe sventare l'iniziativa del condòmino che volesse contestare la sussistenza del consenso tacito per tutte le singole manifestazioni che sostanziano il comportamento concludente).

Tale impostazione è stata fatta propria dalla Corte di Cassazione ed appare quanto mai opportuna soprattutto per una migliore regolazione dei rapporti con i terzi poiché è proprio «nei rapporti intersoggettivi che non si può prescindere da un atto formale previsto dalla legge per il conferimento, l'estinzione e la modificazione dei poteri rappresentativi, affinché la sua efficacia possa essere opponibile ai terzi (Cass. 25 maggio 1994 n. 5083)» (sul punto, R. Triola, Nomina dell'amministratore per facta concludentia?, cit., p. 113); e, peraltro, la necessità dell'atto scritto si rende manifesta laddove la giurisprudenza ha stabilito che la notifica di un atto processuale ad un soggetto che non sia stato nominato amministratore del condominio è giuridicamente inesistente (cfr., Cass. 4 gennaio 2002 n. 65).

Venendo al contenuto precipuo dell'art. 1129, comma 14, c.c., il Collegio di legittimità sottolinea che la «nullità della nomina, ove non sia specificato l'importo del compenso, che è alla base del generale principio di predeterminazione onnicomprensiva dello stesso, è, dunque, una nullità “testuale”, in quanto è stabilita dalla legge» rammentando, peraltro, che di tale fattispecie legale di nullità, «si dà atto in motivazione anche nella sentenza delle Sezioni Unite 14 aprile 2021, n. 9839» (che notoriamente ha istitutito il discrimen tra azioni di nullità e azioni di annullabilità, per tutti cfr., R. Triola, Nullità o annullabilità delle deliberazioni dell'assemblea condominiale per ripartizione delle spese non conforme alla legge?, in Imm. & prop., 11/2021, p. 627; L. Ciafardini, Le Sezioni Unite sui rapporti tra invalidità della delibera di riparto delle spese condominiali e opposizione al conseguente decreto ingiuntivo, in www.consulenza.it, 23 aprile 2021).

L’indicazione del compenso
Sotto altro (ma collegato) profilo, non meno degno di attenzione appare il contenuto dell'ordinanza se si pone mente ad un recente orientamento minoritario di alcune corti di merito per le quali l’ammontare del compenso richiesto dall’amministratore non deve necessariamente essere indicato nella delibera assembleare in ragione del fatto che, per espressa disposizione di legge, esso può essere precisato dall’amministratore all’atto di «accettazione» della nomina, atto che può intervenire in un momento anche successivo alla delibera stessa; ne conseguirebbe, secondo tale prospettazione, che la delibera assembleare di «nomina» dell’amministratore, che non riporti gli elementi di cui all’art. 1129, c. 14 c.c. non sarebbe né nulla né annullabile (ci si riferisce a Trib. Palermo, 9 febbraio 2018 e C. App. Brescia, 7 settembre 2021, n. 1108).

Tuttavia, il tenore della norma è univoco stante l'incontrovertibilità della locuzione «nullità della nomina»; infatti, la «nomina» è (come già rilevato) atto diverso dall'«accettazione» e, dunque, è atto anche diverso dal contratto in cui nomina e accettazione si «fondono»; ne discende che deve considerarsi nulla la delibera (per legge) e, conseguentemente, nullo il contratto (per via derivata, sussistendo un evidente collegamento negoziale).Anche sotto questo aspetto (per nulla insignificante), dunque, l'ordinanza ha il pregio di dirimere incertezze e perplessità operative (corroborando, così, la giurisprudenza di segno contrario sul punto, Trib. Massa, 6 novembre 2017; Trib. Salerno, 25 agosto 2020, n. 2092; Trib. Roma, 24 settembre 2019, n. 18028; Trib. Pavia, 8 settembre 2021; Trib. Milano, 27 settembre 2019, n. 8713; per Trib. Udine, 12 novembre 2018 il testo di tale norma appare chiaro e tale da non lasciare «spazio ad ulteriori interpretazioni oltre a quella del dato letterale del precetto normativo», nota di P. Scalettaris,

La nomina dell'amministratore del condominio è nulla senza l'indicazione del suo compenso, in www.consulenza.it, 3 gennaio 2019).Infine, un ulteriore aspetto di rilievo della statuizione si rinviene nel ribadito richiamo al concetto, di nuovo conio giurisprudenziale, di «contratto di amministrazione condominiale» (imprescindibile sul tema la lettura di R. Amagliani, L'amministratore e la rappresentanza degli interessi condominiali, cit., p. 134; V. Colonna, L'amministratore di condominio: rapporto con i condòmini, responsabilità, rappresentanza, cit., p. 15; A. Luminoso, Il rapporto di amministrazione condominiale, in Riv. giu. ed., 2017, p. 221) già enucleato nella nota ordinanza Cass., sez. II, 22 gennaio 2021, n. 7874 che ha spalancato scenari interpretativi - ovviamente non trattabili in questa sede - ben evidenziati dalla migliore dottrina (cfr., R. Franco, La natura del contratto di amministrazione condominiale tra soggetto e prestazione. Ovvero tra professionalità ed intellettualità, in Imm. & prop., 7/2021, p. 436; S. Grillo e P. Marzotti, L'amministratore di condominio tra professione e mandato, in Arch. loc. e cond., 5/2021, p. 457; G.A. Chiesi, Ancora sul contratto (tipico) di amministrazione di condominio, in www.consulenza.it, 19 maggio 2021; A. Celeste, L'amministratore, anche se inadempiente (ma non troppo), rimane fino al termine dell'incarico, perché la revoca ante tempus comporta il risarcimento dei danni, in Imm. & prop., 5/2021, p. 286).

La pronuncia, conclusivamente, presenta un rilevante contenuto innovativo sotto il profilo della disciplina contrattuale del rapporto condòmini/amministratore (indotto dalla Riforma del 2012) ed appare apprezzabile, peraltro, anche laddove l'estensore si sofferma a considerare che, per costituire un valido rapporto di amministrazione condominiale è necessario un «documento» (approvato dall'assemblea) contenente l'analitica specificazione dell'importo del compenso e che, a tal fine, può ritenersi valido anche il «richiamo» per relationem, contenuto nella delibera, ad un «preventivo».Tale ultimo accenno al «preventivo» (cioè all'«offerta» che gli amministratori utilizzano nella prassi per proporre i propri servizi professionali all'assemblea in fase di nomina) merita senza dubbio una forte sottolineatura encomiastica perché evidenzia una non comune sensibilità della Corte di legittimità nel tentare di risolvere le molteplici problematiche operative degli operatori del settore immobiliare contemperando, nello stesso tempo, le imprescindibili esigenze di trasparenza dei condòmini destinatari del servizio di amministrazione condominiale.

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