Per l’amministratore in regime di proroga niente revoca giudiziale
La carica dura un anno, rinnovabile per altri 365 giorni, decorsi i quali il professionista opera in regime di proroga. Non c’è quindi alcun incarico da revocare
Il Tribunale di Roma con l'ordinanza del 19 aprile 2023 (la numero 2294/2023) chiarisce la portata applicativa dell'articolo 1129 Codice civile nel senso di escludere la possibilità di chiedere la revoca dell'Amministratore nel caso in cui questi in regime di proroga.
Il fatto
Alcuni condòmini, lamentandone gravi irregolarità gestionali, chiedevano in sede giurisdizionale la revoca dell'amministratore dall'incarico ai sensi dell'articolo 1129 Codice civile. Il Tribunale di Roma, tuttavia, rilevando come lo stesso amministratore operava in regime di proroga poiché il mandato originariamente conferito in maniera espressa dall'assemblea condominiale era scaduto e l'amministratore stava continuando ad esercitare i suoi poteri provvisoriamente per assicurare la continuità della gestione. Per questo motivo, dunque, la domanda proposta non veniva ritenuta ammissibile «per la semplice ma determinante ragione che non esiste più alcun incarico da revocare».
L'amministratore in regime di proroga
Il regime della prorogatio imperi, come rileva l'ordinanza in commento, trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condòmini e nell’interesse del condominio alla continuità dell’amministrazione. Ciò si deve al fatto che l'incarico di amministratore, ai sensi dell'articolo 1129 Codice civile, ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L'interpretazione della norma ritiene che il predetto rinnovo, ex lege, sia valido soltanto dopo il primo anno dalla scadenza del primo incarico, con la conseguenza che, decorsi due anni, l’amministratore non confermato dall’assemblea continuerebbe a svolgere le sue funzioni in regime di prorogatio imperii, peraltro con poteri limitati allo svolgimento delle sole attività urgenti.
Superato il termine di due anni, dunque, l'amministratore può essere confermato nell’incarico con un’espressa deliberazione dell’assemblea, da adottarsi a maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Se ciò non avviene, allora, l’amministratore opererà in regime di prorogatio e rimane in carica sino a quando non sia stato nominato dall’assemblea un suo successore ovvero sino alla cessazione dell'incarico (per rinuncia, revoca o morte, interdizione ed inabilitazione).
Se non c'è revoca, come procedere alla sostituzione dell'amministratore?
In regime di prorogatio, osserva il Tribunale di Roma «non esiste più alcun incarico da revocare» e, per questo motivo, l'azione di revoca non può essere esperita. L'unico rimedio esperibile, osserva la giurisprudenza chiamata a confrontarsi con queste ipotesi, è quello della nomina giudiziale di un nuovo amministratore. In caso di prorogatio, infatti, l'assemblea si deve attivare per una nuova nomina. Diversamente, la corretta procedura per addivenire alla sostituzione dell’amministratore in prorogatio deve essere individuata in quella di nomina di un nuovo amministratore, anche tramite l’intervento surrogatorio giudiziale.
Conclusioni
Il mandato conferito all'amministratore ha durata annuale, dopo il primo segue ope legis un solo rinnovo tacito di pari durata con pienezza dei poteri. Dopo tale periodo l'amministratore si considera scaduto dall’incarico e può proseguire in regime di prorogatio imperii, con limitazione dei suoi poteri, per il compimento delle sole attività urgenti, al fine di evitare pregiudizi alle cose comuni.
Per i primi due anni dalla nomina, dunque, l'amministratore potrà essere revocato. Per i periodi successivi, operando in regime di prorogatio e non essendoci più alcun incarico da revocare, l'assemblea dei condòmini si deve attivare per nominare un suo sostituto. Se neppure l'assemblea riesce in tale intento, i singoli condòmini saranno legittimati a chiedere l’intervento dell’autorità giudiziaria in via suppletiva.