Condominio

Per l’apertura di una finestra sulla facciata esterna del condominio, occorre la delibera dell’assemblea

Il principio si applica anche quando l’interessato ritenga che i lavori che ha intenzione di fare non intacchino il decoro architettonico del palazzo

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di Eugenia Parisi

Un condominio ha chiamato in giudizio un condòmino per far accertare l’illegittimità della finestra aperta dallo stesso sulla facciata esterna con condanna al ripristino dello stato originario della facciata. La sentenza 4433/2022 del Tribunale di Torino ha ritenuto illegittima l’opera perché violava i limiti richiesti dalle norme, dalla giurisprudenza e dal regolamento condominiale.

La norma codicistica e la Scia in sanatoria

Il singolo condòmino ha pieno diritto di apportare modifiche (come aperture ulteriori o di dimensioni o forma non corrispondenti a quelle già esistenti) sul muro comune, che gli garantiscano una qualunque utilità aggiuntiva rispetto a quelle godute dagli altri condòmini. Ai sensi dell’articolo 1102 Codice Civile, infatti, il condòmino può servirsi della cosa comune, apportando anche variazioni, a sue spese, laddove necessarie al migliore godimento della cosa. Secondo la Cassazione, gli interventi sul muro comune, come ad esempio l’apertura di una finestra sul muro perimetrale condominiale, l’ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, sono opere da considerare totalmente legittime dato che non vanno in nessun modo ad incidere sulla destinazione del muro che risulta essere un bene comune ai sensi dell’articolo 1117 del Codice Civile. Si tratta di opere da considerarsi espressione del legittimo uso delle parti comuni da parte del singolo. Tuttavia, sussistono dei limiti indicati pacificamente dalla giurisprudenza ossia che l’apertura di una finestra o luce non devono alterare l’entità materiale del muro comune né modificarne la destinazione (Cassazione civile, sentenza 53/2014; 13874/2010 e 12047/2007).

Nel caso di specie, tale limite era stato rispettato: era stata creata una nuova apertura destinata ai servizi-igienico sanitari per avere maggiore luce e aria nel proprio locale, non alterando la destinazione del muro o l’entità materiale del bene comune. Si trattava di un intervento di manutenzione straordinaria, una modifica per la quale era stata richiesta la presentazione di una pratica edilizia denominata Scia (segnalazione certificata di inizio attività) in sanatoria vista l’esecuzione pregressa dei lavori. Pertanto, sotto questo profilo, l’intervento risultava sanato con un titolo abilitativo.

I limiti della stabilità dell’edificio e il decoro architettonico

Tuttavia, l’apertura di una finestra o di una luce non deve pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio o menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori. Sul punto, il consulente tecnico aveva precisato che l’ossatura strutturale del perimetrale per l’apertura della luce era stata eseguita al di sotto dell’arco in mattoni pieni e nel punto di spessore minimo. E che, pertanto, non si poteva definire intervento pregiudicante la sicurezza e la resistenza statico strutturale del perimetrale e globale della struttura condominiale. Inoltre, l’inserimento di una nuova apertura non aveva pregiudicato il danno architettonico al prospetto, in virtù anche del fatto che era un prospetto laterale. Viceversa, a parere del giudice, viste le fotografie prodotte, l’apertura della luce sulla parete esterna del condominio aveva alterato le linee e le simmetrie dell’edificio.

Secondo la Cassazione, infatti, nella valutazione del decoro architettonico bisogna tenere conto della condizione in cui l’immobile si trova all’avvio dei lavori. Se l’immobile è stato già oggetto di precedenti interventi che ne hanno modificato la sagoma e l’aspetto, tanto da essere ormai evidente la difformità rispetto all’originario disegno tracciato dal costruttore, non si potrà più lamentare la lesione estetica. L’alterazione del decoro architettonico si ha tutte le volte in cui vi sia un intervento che ne modifichi l’aspetto complessivo o lo renda nell’insieme disarmonico, anche se non deturpante e limitato a singoli elementi o punti del fabbricato.

L’assenza di precedenti interventi e le disposizioni regolamentari

Nel caso in oggetto, infatti, non vi erano stati precedenti interventi modificativi dell’aspetto della facciata e la nuova finestra realizzata, posta a lato rispetto alla fila verticale di quelle già preesistenti, si poneva in evidente disarmonia rispetto ad esse. Inoltre, principale limite all’esecuzione di opere sulla facciata condominiale era qui rappresentato dalla presenza del regolamento di condominio. Nel caso in esame, l’articolo 6 vietava l’apporto di varianti all’immobile, sia verso l’interno del cortile sia verso la via, tali da alterare la simmetria dell’edificio. Per ogni altra variante era espressamente prevista la preventiva autorizzazione scritta dell’amministratore. Viceversa, il convenuto aveva realizzato una modifica sulla facciata condominiale senza alcuna preventiva autorizzazione, violando quanto disposto dal regolamento.

La tesi della giurisprudenza amministrativa

Il Consiglio di Stato, con sentenza del 12 gennaio 2022, richiamando altre pronunce dei giudici amministrativi (Consiglio di Stato, 6529/2003; Tar Campania Napoli, 5253/2020), ha rilevato come occorra il consenso del condominio quando uno dei condòmini intenda realizzare opere che modifichino la facciata dell’edificio. Questo principio ha una portata generale e si applica anche quando l’interessato ritenga che le innovazioni sulle parti comuni non avrebbero alcuna rilevanza estetica, non essendo rimesso allo stesso considerare irrilevanti le innovazioni sotto il profilo estetico, qualora sia verificata la loro incidenza sostanziale sulla facciata dell’edificio condominiale. Il decoro architettonico costituisce, infatti, bene comune e pertanto ogni lavoro che su di esso sensibilmente incide, necessita dell’assenso dell’assemblea dei condòmini, a prescindere dal giudizio sul risultato estetico dei lavori progettati (Consiglio di Stato, 3772/2012; Cassazione Civile, 17398/2004).

La decisione del giudice

Pur non tenendo conto dell’orientamento più rigoroso della giurisprudenza amministrativa, sono stati ritenuti valicati i limiti richiesti dalle norme, dalla giurisprudenza civilistica e dallo stesso regolamento, per l’apertura di una nuova luce. Il convenuto, infatti, aveva apportato sul bene comune una modifica che ne aveva alterato la simmetria e le linee architettoniche della facciata, rendendo l’opera illegittima. Del resto, la legittimazione dell’intervento avrebbe consentito indistintamente a qualunque condòmino di apportare modifiche alla facciata comune, a propria discrezione. In tal modo, ognuno avrebbe potuto sentirsi legittimato ad aprire una luce e/o una finestra in qualsiasi parte dell’edificio, violando la simmetria esistente e il decoro proprio di ogni struttura.

In ogni caso, a prescindere dal decoro architettonico e dalle simmetrie, il convenuto, prima di eseguire qualsiasi intervento sulla cosa comune avrebbe dovuto, come previsto dall’articolo 6 del regolamento, richiedere e ottenere l’autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea. Al contrario, aveva eseguito arbitrariamente i lavori, senza alcun nullaosta, con la conseguenza dell’illegittimità dell’opera e la condanna a ripristinare lo stato originario della facciata, rimuovendo l’apertura.

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