Possibile il godimento esclusivo di un bene da parte di un solo comproprietario
Non devono mai essere lesi però i diritti degli altri
Il godimento esclusivo del bene comune da parte di un comproprietario non lede il diritto degli altri, acquiescenti, se non ne altera la destinazione economica e non ne impedisce il pari uso o la fruizione dei frutti civili. Lo precisa il Tribunale di Teramo con sentenza numero 239 del 13 marzo 2020.
I fatti
In causa, due fratelli. L'uno chiede la divisione dell'immobile ereditato previa restituzione di 5 mila euro per i frutti maturati e maturandi e l'altro, pur non opponendosi alla spartizione, pretende che sia escluso il terreno pertinente al fabbricato dove si trovano le abitazioni. E comunque, aggiunge, sarebbe controparte a dovergli dei soldi: aveva sempre ricevuto metà dei frutti dell'appezzamento senza averlo mai coltivato e non aveva mai partecipato alle spese di gestione.
Prima di sciogliere la comunione, scrive il giudice, vanno risolte le questioni sull'ammontare delle quote e sull'eventuale scorporo di beni o costi visto che la domanda evidenziava il conferimento alla massa ereditaria dei frutti percepiti o delle spese asseritamente sostenute per migliorare e mantenere la cosa comune. Sul punto, ricorda il Tribunale, è pensiero uniforme quello per cui il godimento esclusivo da parte di uno dei condividenti non legittima per ciò solo gli altri ad avere il rimborso dei frutti non goduti giacché la comunione di un bene in linea di principio legittima il comunista a goderne e disporne – quindi anche a far propri i frutti naturali – nel rispetto del diritto al pari uso degli altri condividenti.
Le previsioni normative
Il Codice civile, del resto, all'articolo 1102 sancisce che l'uso diretto del bene comune da parte di un comproprietario equivale ad attuazione del diritto dominicale «salvo l'obbligo di questi di non alterare la destinazione economica del bene e di non impedire agli altri condividenti l'eguale e diretto uso ovvero di trarre dal bene i frutti civili». Ecco che il semplice godimento esclusivo non è circostanza di per sé idonea a pregiudicare i comproprietari, ancor meno qualora questi abbiano mostrato acquiescenza agli eventi. Chi sia rimasto inerte, dunque, non potrà reclamare alcunché. Potranno farlo solo coloro ai quali, manifestata l'intenzione di usare il bene in maniera diretta, non sia stato consentito (Cassazione 2423/2015).
Ragionamento estensibile anche all'ipotesi, rinvenibile nella vicenda concreta, di godimento dei frutti naturali. La domanda dell'attrice, allora, non poteva essere accolta non avendo la stessa esternato la volontà di godere i frutti del bene. Respinte, perché sfornite di prove, anche le richieste avverse inerenti la restituzione delle spese sostenute per la coltivazione del fondo e per la gestione della cosa comune. Era emerso, in sintesi, un saldo paritario dei vicendevoli rapporti di dare-avere.
La decisione
Tanto chiarito, incontestata la misura delle quote ereditarie e già divisa la corte esterna del fabbricato (che, come ogni pertinenza, segue il regime del bene principale anche per riparto di quote) non restava che soddisfare, vista la comoda divisibilità dell'immobile, il diritto dei fratelli attribuendo a ciascuno una parte in natura secondo la stima effettuata. Stessa sorte per le spese di attuazione del progetto esecutivo poste a carico della massa. Divisione portata a termine, quindi, ma reciproche domande di condanna al pagamento dei frutti dovuti e delle spese sostenute ambedue bocciate.
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