Condominio

Può costituire illecito dare il consenso e poi negarlo a lavori che alterino l’uso di un bene comune

Nel caso di specie una condomina aveva inglobato alla sua proprietà un vano scale

di Annarita D’Ambrosio

Riguarda un caso di turbativa del possesso la sentenza della Cassazione 18929 dell’11 settembre 2020. Chiarisce in particolare che anche il condomino che dovesse accorpare al proprio appartamento un vano scala condominiale, può far valare l’assenso seppur solo verbale degli altri condomini, qualora nell’effettuare i lavori abbia sostenuto per intero spese necessarie sul bene comune.

I fatti ed i motivi del ricorso alla Suprema corte
Un condomino aveva convenuto in giudizio la proprietaria dell’appartamento dell’ultimo piano che aveva realizzato lavori sul lastrico solare inglobando il vano scale. Condannata al ripristino ed al risarcimento del danno, la donna si era rivolta in Cassazione contestando in più punti la pronuncia d’appello: la ricorrente evidenziava la violazione dell’articolo 1102 Codice civile perchè la destinazione della cosa comune non solo non era stata alterata ma l’intervento aveva rafforzato la protezione delle scale, sulle quali i condomini non avevano alcun interesse a salire, non potendo liberamente proseguire in terrazza.

Nel regolamento contrattuale, puntualizzava la condomina, la terrazza di copertura era attribuita, unitamente alla colonna d’aria sovrastante, in esclusiva al proprietario dell’ultimo piano ed i residuali diritti dei condomini sottostanti erano connessi esclusivamente ad interventi di manutenzione. In secondo luogo la condomina precisava di aver prodotto sufficienti prove del consenso degli altri condomini ai lavori, uno dei quali aveva perfino suggerito il nome della ditta che li aveva poi realizzati.

La decisione della Cassazione
Interessanti le considerazioni della Suprema corte che ha ritenuto infondato il primo motivo, ma fondato il secondo. Per gli ermellini infatti non è in discussione che il vano scala o pianerottolo oggetto dell'appropriazione fosse condominiale anche se i beni erano posti concretamente a servizio soltanto di alcune porzioni dello stabile (Cassazione 2800/2017). La condomina pertanto ha violato l’articolo 1102 del Codice civile incorrendo in una turbativa del possesso nei confronti degli altri condomini (Cassazione 14694/2015).

Confermato ciò, l’aspetto interessante è relativo al secondo motivo, ovvero la malafede delle controparti nell’aver prima dato il consenso, successivamente negandolo, nonostante avessero risparmiato il contributo alle spese di rifacimento di impermeabilizzazione della copertura del vano scala.

Il valore dell’assenso anche se solo verbale
Per i giudici di legittimità è ingiustificata la revoca ad un consenso pienamente manifestato anche se solo in forma verbale posto che «il consenso verbalmente prestato dal proprietario di un fondo all’esecuzione, da parte del proprietario confinante, di opere che si risolvano in menomazioni di carattere reale per il suo immobile non determina la nascita di una servitù, ma la prestazione e la successiva revoca del consenso possono concretizzare un fatto illecito, ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile, per il quale è sufficiente dal punto di vista soggettivo la colpa, senza che sia necessaria la fraudolenza del comportamento di chi ha prima prestato poi revocato il consenso» (Cassazione 5584/1980). Chiarito questo la Suprema corte ha rinviato alla Corte d’appello in merito al secondo motivo.


Per saperne di piùRiproduzione riservata ©