I temi di NT+Superbonus

Resta lo stop alle cessioni ma deroghe più estese

di Giuseppe Latour , Giovanni Parente

Lo stop alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura esce confermato dal passaggio parlamentare. Così come viene confermato il divieto di acquisire i crediti per tutte le pubbliche amministrazioni. Arrivano, però, molte deroghe: per Onlus, Iacp, cooperative di abitazione, ma anche per le zone sismiche, le aree colpite dall’alluvione delle Marche e quelle oggetto di progetti di riqualificazione (si vedano anche gli articoli nelle pagine seguenti). Oltre che per gli interventi che utilizzano il bonus barriere architettoniche al 75 per cento.

Con la legge di conversione del decreto cessioni, la saracinesca del mercato dei crediti fiscali resta abbassata. Gli spiragli, nonostante il pressing arrivato da molte parti, restano piccolissimi: alla fine ha pesato l’esigenza di tenere sotto controllo la crescita del deficit. Nel merito, infatti, il decreto che si prepara a essere convertito (la scadenza è fissata per il 17 aprile) blocca l’esercizio di tutte le cessioni e gli sconti in fattura per tutte le tipologie di bonus edilizi (quindi: superbonus, ecobonus, bonus ristrutturazioni, sismabonus, barriere architettoniche). Qualcuno si salverà. E, su questo, arrivano anche diverse correzioni con il passaggio parlamentare alla Camera.

Saranno esclusi dalla stretta, in ambito superbonus, le abitazioni unifamiliari per le quali sia stata presentata la Cilas prima dell’entrata in vigore del provvedimento (quindi, entro il 16 febbraio). Per i condomini, invece, si guarderà alla data della delibera e alla Cilas: dovranno essere arrivate al massimo entro il 16 febbraio. Per gli interventi che comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici, si guarderà alla data dell’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo: anche in questo caso il giorno chiave, da non superare, è il 16 febbraio. Questo schema è sostanzialmente identico a quello fissato dal Governo un mese e mezzo fa.

Per i lavori diversi dal 110%, invece, sono arrivati moltissimi cambiamenti nel corso del passaggio parlamentare, anche per effetto di una lunga scia di proteste di cittadini e imprese. Anche in questo caso si guarda alla data del 16 febbraio. Entro questo termine, quando necessario, deve essere arrivata la richiesta di titolo abilitativo. In caso di interventi in edilizia libera (come la sostituzione di infissi e l’installazione di caldaie), invece, non si guarda più solo alla data di inizio dei lavori, ma alla stipula di un accordo vincolante tra le parti, che potrà essere provata dal pagamento di un acconto con bonifico o con una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, sottoscritta dal committente e dal fornitore. Infine, per i bonus acquisti, in caso di immobili comprati da imprese, non si guarda più al preliminare o al rogito, come era indicato nella prima versione del provvedimento, ma al momento nel quale l’impresa ha richiesto il titolo abilitativo in Comune. In questo modo, il termine per l’accesso a cessione e sconto in fattura viene spostato molto indietro nel tempo.

Ancora: il decreto fa tabula rasa di tutti i riferimenti alla cessione dei crediti nelle norme sull’efficientamento energetico degli immobili. E conferma, sul fronte degli acquisti degli enti pubblici il divieto dedicato alla Pa: tutte le pubbliche amministrazioni, comprese nell’ambito di un perimetro molto ampio, non potranno essere cessionarie di crediti di imposta legati ai bonus casa. L’obiettivo, in questo caso, è evitare che le operazioni di acquisto, ipotizzate soprattutto dalle Regioni nelle scorse settimane, abbiano un effetto negativo sull’indebitamento pubblico della Pa.

Resta da capire quali saranno gli effetti di questo assetto sul fronte dei conti pubblici. Eurostat ha già fatto sapere che la stretta sulle cessioni, se confermata dal testo uscito dal Parlamento, potrebbe portare l’Istat a riclassificare i crediti per l’anno 2023. Potrebbero, cioè, tornare non pagabili (a differenza di quanto stabilito per il 2021 e 2022) ed essere conteggiati nel deficit pubblico secondo il loro periodo di rateizzazione.