Scioglimento e divisione del condominio secondo il Tribunale di Milano
Sono cinque gli articoli che vengono in rilievo in tema di scioglimento e/o divisione del condominio
Sono cinque gli articoli che vengono in rilievo in tema di scioglimento e/o divisione del condominio. Di quali essi siano, oltre che della rispettiva portata, ne discute il Tribunale di Milano (con Sentenza nr 6590 del 30 luglio 2021, Giudice Arianna Chiarentin) interrogato di dirimere un caso singolare, in cui il regolamento contrattuale inibiva la divisione per stessa previsione negoziale.
Iniziamo col dire che la lite – avente ad oggetto la richiesta di scioglimento dei condominii riuniti - coinvolgeva i condòmini e non il condominio. La prima censura che si muoveva in ordine alla fattibilità di una simile richiesta era, per l'appunto, quella per cui una disposizione pattizia (riportata nei contratti di compravendita e nelle stesse note di trascrizione) non consentiva di addivenire alla separazione strutturale e funzionale.Il giudice meneghino, in tal caso, ha evocato le prime due norme di rilievo, seppure le stesse non siano riportate nel codice del condominio.
In particolare, sono state richiamate le disposizioni di cui all'articolo 1111 e 1112 del Codice civile, ritenute applicabili all'ambito condominiale in ragione della clausola di rinvio contenuta nell'articolo 1139 codice civile.Nel qual caso, il decidente ha ritenuto applicabile alla fattispecie la previsione del secondo comma dell'articolo 1111 Codice civile, laddove prevede che “Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dice anni è valido e ha effetto.. Se è stato stipulato per un termine maggiore, questo si riduce a dici anni”.
Quindi, in via interpretativa, secondo il giudice milanese la clausola del regolamento contrattuale sul divieto di divisione condominiale era efficace, ma la relativa portata aveva un efficace limitata al termine di legge anzidetto.Ritenuto così astrattamente ammissibile lo “scioglimento” richiesto da un nugolo di condòmini, il giudice ha valutato le altre tre norme di rilievo sulla materia, vale a dire la portata dell'articolo 1119 codice civile e quelle, invece, riportate nelle disposizioni di attuazione al codice civile (articoli 61 e 62).
Quanto alla prima norma, rubricata “indivisibilità”, essa è stata novellata dalla legge 220 del 2012 è ha già destato l'attenzione della Corte di Cassazione. Con la sentenza 26041/2019 il giudice di legittimità aveva già chiarito che l'articolo 1119 del Codice civile va interpretato nel senso che «le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione», a meno che – per la divisione giudiziaria – «la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condòmino» e – per la divisione volontaria – a meno che non sia concluso contratto che riporti il «consenso di tutti i partecipanti al condominio» (quest'ultimo requisito non essendo richiesto per la divisione giudiziaria).
on solo. Gli “ermellini”, in tal caso, hanno riconoscono che il consenso unanime dei condòmini, raccolto in una scrittura privata o atto pubblico (quindi, non all'interno di una delibera) è in grado di determinare la divisione delle parti comuni, anche se il loro uso risultasse poi «incomodo»; quindi, essi chiosano affermando che: «Non resta dunque, sul piano letterale, che ammettere che – al di là dell'improprio uso della congiunzione “e”, in una funzione essenzialmente disgiuntiva – il legislatore abbia inteso lasciare aperta la possibilità di una divisione giudiziaria, quando “la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condòmino”, aggiungendo il requisito del “consenso” di tutti i partecipanti per sola la divisione volontaria ».
Ciò opportunamente premesso, possiamo, al finale, apprezzare la valutazione del giudice milanese in ordine alla portata e all'efficacia degli articoli 61 e 62 delle disposizioni di attuazione al codice civile, in tema di divisione/scioglimento condominiale (che, come abbiamo visto, in questa sede sono stati valutati come termini sinonimi).
Nel qual caso è stato precisato che lo scioglimento del condominio ad opera dell’autorità giudiziaria presuppone che il complesso immobiliare sia suscettibile di divisione, senza che si debba attuare una diversa ristrutturazione in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale, mentre, laddove la divisione non sia possibile senza previa modifica dello stato delle cose mediante ristrutturazione, lo scioglimento e la costituzione di più condomini separati possono essere approvati soltanto dall’assemblea con un numero di voti che sia espressione di due terzi del valore dell’edificio e rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio (in punto è stata richiamata la Cassazione civile 27507/2011 ).
E segnatamente: alla stregua di una corretta applicazione degli artt. 61 e 62 disp. att. cod. civ. l'autorità giudiziaria può disporre lo scioglimento del condominio solo quando un complesso immobiliare sia suscettibile di divisione, senza che si debba attuare una diversa ristrutturazione, in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale, pur potendo rimanere in comune tra gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall'art. 1117 cod. civ., mentre, ove la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e siano necessarie opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio, e la costituzione di più condomini separati, possono essere approvati solo dall'assemblea condominiale con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio”.
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