Condominio

Se la clausola di recesso di un contratto determina uno squilibrio tra le due parti, è vessatoria

Diritti e obblighi previsti devono essere equamente distribuiti tra i firmatari dell’accordo

di Luana Tagliolini

Una clausola del contratto di manutenzione dell’ascensore che preveda il recesso solo per il condominio potrebbe essere vessatoria.

La vicenda

La fattispecie sottoposta all’attenzione del Tribunale di Larino ( sentenza 524/2022 ) riguardava la richiesta, da parte della società di manutenzione ascensori, rivolta al giudice di pace, di condanna del condominio al pagamento dell’importo dovuto a titolo di penale per il recesso anticipato dal contratto di manutenzione dell’impianto di elevazione. Il contratto prevedeva, nell’ipotesi del recesso anticipato riservato al cliente a titolo oneroso, il diritto della ditta di manutenzione a una penale del 45% dell’ammontare di tutti i canoni residui fino alla scadenza del contratto, se con durata residua fino a 36 mesi.

L’opposizione della ditta

L’opposizione al decreto ingiuntivo da parte del condominio per vessatorietà della clausola è stata accolta dal giudice di pace e il decreto ingiuntivo è stato revocato. Avverso alla pronuncia, la ditta di manutenzione ha proposto appello davanti al Tribunale e, tra i motivi, ha invocato l’errore in cui era incorso il primo giudice per aver dichiarato vessatoria questa clausola che, a dire dell’appellante, non comportava un significativo squilibrio di diritti e obblighi (articolo 33, comma 1, Codice del consumo), trattandosi dell’attribuzione di una facoltà, quella del recesso, unicamente a vantaggio del condominio, a fronte della quale era stato previsto un corrispettivo così da riequilibrare il contratto, non essendo stato disposto questo diritto anche per l’impresa.

La clausola è vessatoria se avvantaggia solo il professionista

Per il Tribunale risultava evidente che la clausola censurata violasse il comma 1 dell’articolo 33 per il quale «si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto». Le parti, infatti, non erano poste sullo stesso piano perché, nel riconoscere al solo cliente e non anche al professionista la facoltà di recedere dal contratto con corresponsione di una multa anche per fatti da addebitarsi alla controparte, finiva per avvantaggiare il solo professionista, il quale, in ipotesi di recesso per fatti allo stesso ascrivibili per colpa, avrebbe finito per svincolarsi dal contratto trattenendo una somma imposta al consumatore e commisurata in una parte - nel caso di specie circa la metà - del corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute.

Tale clausola, inoltre, era vessatoria perché riservava implicitamente al professionista un trattamento differenziato e migliore, in contrasto con la lettera g) dell’articolo 33, che considera vessatoria la clausola che «riconosce al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consente al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto». Il Tribunale rigettava l’appello.

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