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Sfratto per morosità, mutamento del rito ed onere della prova

Il caso riguardava la notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti

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di Fabrizio Plagenza

Dopo un periodo caratterizzato da contenziosi in materia locatizia, dovuti per lo più al mancato pagamento dei canoni di locazione a causa del periodo pandemico, i nostri Tribunali, seppur gradatamente, stanno tornando ad un'operatività che potremmo definire normale. In questa normalità da sempre, troviamo un'importante mole di contenzioso derivante dai tanti contratti di locazione da sempre stipulati e dalle patologie connesse al rapporto obbligatorio.

I fatti di causa

Con la sentenza 8919 pubblicata il 7 giugno 2022, il Tribunale di Roma si è pronunciato in merito ad un giudizio incardinato da un condominio, proprietario di una unità abitativa, in danno alla conduttrice alla quale aveva concesso in locazione il predetto immobile. L'immobile, infatti, era stato concesso in locazione ad uso abitativo con contratto stipulato per la durata di 3 anni +2. Poiché la convenuta si è resa inadempiente del pagamento del canone di locazione per diverse mensilità oltre che per mancato pagamento di oneri condominiali, il condominio chiedeva la convalida dello sfratto ed, in caso di opposizione, l'emissione dell'ordinanza di rilascio ex articolo 665 Codice procedura civile, pronunciando, nel merito la risoluzione del contratto per inadempimento grave del conduttore.

La notifica ex articolo 143 ed il necessario mutamento del rito

L'articolo 143 del Codice di procedura civile è una norma che disciplina (e dunque consente) la notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti.Nel caso trattato dal Tribunale di Roma, la notifica veniva effettuata prima presso la residenza anagrafica, dove, tuttavia, la conduttrice si rinveniva sconosciuta. Dopo la prima notifica negativa, veniva effettuata allora una nuova notifica ai sensi dell'articolo 143 Codice procedura civile. Tale notifica, tuttavia, presenta effetti peculiari se effettuata per consentire il perfezionamento del contraddittorio del procedimento speciale in questione.

La notificazione ex articolo 143 è infatti considerata incompatibile con il procedimento per convalida di sfratto. In tale ipotesi il giudice non potrà convalidare. La notifica ex articolo 143 è, tuttavia, idonea ad introdurre validamente un giudizio di cognizione ordinario in punto di risoluzione del contratto di locazione. Il giudice, cioè, muterà il rito. Occorrerà notificare all'intimato la citazione e l'ordinanza di mutamento di rito (presumibilmente di nuovo ex articolo 143 Codice procedura civile, ma la notifica sarà in tal caso giudicata valida). Esattamente quanto avvenuto nel caso di specie.

A conferma del fatto che la notifica ex articolo 143 è incompatibile con lo speciale procedimento per convalida di sfratto, la Corte costituzionale, con sentenza 15/2000, ha motivato :«- che non è ravvisabile l’asserita irragionevolezza della scelta legislativa - risultante dalla interpretazione come sopra fatta dal giudice a quo - di inibire il ricorso al procedimento per convalida di licenza o di sfratto (stante appunto l’impossibilità di indirizzare l’avviso di cui alla denunciata norma) nel caso in cui la notificazione dell’intimazione sarebbe possibile solo ai sensi dell’articolo 143, cioè con modalità non idonee a realizzare una sufficiente probabilità di conoscenza effettiva dell’atto;
- che la disomogeneità delle situazioni poste a raffronto rende evidente l’insussistenza dell’asserita disparità di trattamento rispetto al locatore che abbia potuto notificare l’intimazione ai sensi dell’articolo 140 Codice procedura civile, caso, questo, in cui si realizza una maggiore probabilità di conoscenza dell’atto, essendo solo soggettiva l’irreperibilità dell’intimato e parimenti necessario (come riconosciuto dal diritto vivente) l’ulteriore avviso previsto dalla norma denunciata;
- che, infine, rientra nella discrezionalità del legislatore differenziare, con riguardo alle particolarità del rapporto da tutelare, i modi della tutela giurisdizionale; la quale è nella specie comunque assicurata, potendo il locatore esperire l’ordinaria azione contrattuale pur nell’ipotesi di oggettiva irreperibilità del conduttore, per cui è anche da escludere la prospettata lesione dell’articolo 24».

L'onere della prova

L'attore dichiarava in udienza che la morosità persisteva, avendo la convenuta continuato ad omettere il pagamento del dovuto. Né l'intimata forniva alcuna prova contraria. Il condominio, dunque, aveva assolto agli oneri di prova che gli incombevano ex articolo 2697 Codice civile. Secondo i noti principi in tema di riparto dell'onere probatorio «nelle azioni contrattuali di adempimento, di risarcimento danni da inadempimento e di risoluzione (articolo 1453 Codice civile), incombe al creditore esclusivamente di dimostrare il titolo e la scadenza delle obbligazioni che assume inadempiute e di allegare il fatto di inadempimento, incombendo poi al debitore convenuto di allegare e dimostrare i fatti impeditivi , modificativi o estintivi idonei a paralizzare la domanda di controparte».

La Cassazione, con provvedimento 15659 del 2011 così si è espressa : «in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento ;Cassazione 3373/2010; Cassazione 9351/2007; Cassazione 1743/2007; Cassazione 20073/2004)».Il giudice, pertanto, accoglieva la domanda attorea e dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento grave della convenuta, con ordine di rilascio dell'immobile.