Condominio

Sullo stalking in condominio non è possibile applicare la causa di non punibilità per tenuità del fatto

Per il condòmino che denuncia all’amministratore episodi di molestia reiterata, possibile optare per l’ammonimento del responsabile in questura

immagine non disponibile

di Giulio Benedetti e Camilla Curcio

Pedinare il vicino di casa, rivolgergli occhiatacce e scattargli fotografie senza consenso. Non si tratta di semplici dispetti ma di vere e proprie molestie alla base di gravi episodi di stalking condominiale. Una condotta persecutoria e ripetuta su cui non è possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Così ha stabilito la Cassazione nella sentenza 49269/2022, rigettando il ricorso di un ottantenne siciliano, accusato di aver ripetutamente importunato uno degli inquilini del palazzo in cui abitava.

I fatti di causa

A ottobre 2021, l’uomo era stato condannato dal Tribunale di Enna al pagamento di una sanzione di 200 euro per il reato di disturbo o molestia alle persone (articolo 660 del Codice penale). Secondo il giudice di merito, le testimonianze raccolte avevano provato che l’imputato avesse l’abitudine di importunare il vicino con atteggiamenti irritanti e spiacevoli, al punto da creare un clima di forte malessere. Inseguendolo, fotografandolo e intralciandone la marcia per strada, come confermato anche dal figlio della vittima. Comportamenti che l’ottantenne aveva tentato di giustificare, parlando di un rapporto particolarmente teso nato dal fatto che il dirimpettaio fosse avvezzo a gettare mozziconi di sigaretta in giro e battere abiti sul balcone.

Il ricorso dell’imputato

Impugnata la sentenza in Cassazione, l’uomo ha notificato al Tribunale scarsa attenzione nel verificare l’attendibilità dell’accusa (sostenendo fosse improbabile che il figlio della vittima, preoccupato per la salute del padre, lo avesse seguito nei suoi spostamenti e avesse scoperto i pedinamenti senza denunciarli) e una valutazione errata delle prove a disposizione. Non solo: a suo dire, il giudice non aveva tenuto conto di due elementi chiave. Il primo, la reciprocità delle molestie. Il secondo, invece, l’assenza di soggettività nella condotta incriminata. Nell’affacciarsi al balcone o nell’incrociare la vittima, infatti, l’imputato sosteneva di non aver mai avuto contezza del fastidio recato. Infine, lamentava la mancata concessione della causa di non punibilità (ex articolo 131 bis del Codice penale) e tacciava come spropositata la liquidazione del danno pari a 2500 euro.

Illegittimo applicare la non punibilità allo stalking

La Suprema corte ha sottolineato come le prime due motivazioni fossero infondate perché basate su congetture. Inammissibili anche l’argomentazione della soggettività, visto che gli atteggiamenti contestati erano più numerosi e meno neutri di quelli riportati dal ricorrente, e della reciprocità perché riguardava la relazione tra le parti, più che i singoli episodi al centro della controversia. Quasi a legittimare i soprusi come naturale reazione ad altrettante provocazioni, peraltro mai ricostruite nel dettaglio. In ultimo, i giudici di legittimità hanno chiarito il nodo della causa di non punibilità in relazione al reato di molestia. Specificando come non fosse stata concessa per la natura reiterata della condotta dell’uomo. Nessun margine di vittoria, dunque, per l’ottantenne siciliano: respinto il ricorso, la Cassazione lo ha condannato al pagamento delle spese legali.

Il ruolo dell’amministratore condominiale

Utilizzato anche per contrastare il fenomeno dello stalking in condominio, l’articolo 612 bis del Codice penale punta a tutelare la libertà morale della persona e punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni comportamenti ripetuti di minaccia o molestia che causano nella vittima «un perdurante stato di ansia e paura, un fondato timore per la propria incolumità o quella di un prossimo congiunto e la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita». Nel caso in cui un condòmino denunci episodi del genere all’amministratore, quest’ultimo è tenuto a invitarlo a rivolgersi alla questura competente. L’articolo 8 della legge 38/2009 prevede un’apposita procedura amministrativa di ammonimento per cui la persona offesa, fino a quando non propone querela, può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza, avanzando richiesta di ammonimento nei riguardi dell’autore della condotta vietata. Qualora ritenga fondata l’istanza, il questore ammonisce il soggetto e lo invita a tenere un comportamento conforme alla legge.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©