Amministratore legittimato a promuovere opposizione a decreto ingiuntivo non a rescindere un contratto
Solo il condominio, come parte contraente, può chiedere o eccepire l'annullamento dell’obbligazione con un appaltatore
Se una ditta chiede al condominio il pagamento di somme dovute per opere di manutenzione eseguite sullo stabile, l'amministratore è legittimato ad opporsi al decreto ingiuntivo anche senza autorizzazione dell'assemblea e senza doversi munire di successiva ratifica. Non essendo parte contrattuale, però, non potrà agire per l'annullamento dell'appalto. Lo precisa il Tribunale di Sassari con sentenza 765 del 13 luglio 2022.
I fatti di causa
Lo scontro nasce dall'ingiunzione formulata da una Srl intenzionata ad ottenere il compenso per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria eseguiti su un edificio condominiale. L'ente ribatte: non le spettava nulla visto che le prestazioni erano state effettuate dopo il recesso dal contratto di appalto con affidamento dell'incarico ad altra ditta. Peraltro, il contratto era annullabile perché originariamente stipulato dal legale rappresentante dell'impresa in conflitto d'interesse. Non solo. I servizi resi erano inferiori a quelli concordati tanto che l'amministratore, accertate varie inadempienze – anche sul versamento dei contributi previdenziali e assistenziali ai dipendenti – e non avendo ricevuto il Durc, comunicava la cessazione del rapporto invitando la Srl a bloccare l'attività ed avviava un procedimento cautelare per inibirne la prosecuzione. La società, allora, eccepisce il difetto di legittimazione dell'amministratore condominiale e contesta gli inadempimenti contrattuali.
Il ragionamento del Tribunale
Il Tribunale, esaminati i carteggi, boccia l'opposizione. L'amministratore, spiega, era legittimato a promuovere l'opposizione al decreto ingiuntivo, trattandosi di una lite relativa al pagamento preteso dal terzo in base ad un contratto precedentemente concluso. Legittimazione, questa, che – essendo direttamente connessa alle attribuzioni indicate e descritte dall'articolo 1130 n. 3 del Codice civile – non richiede né l'autorizzazione dell'assemblea, né la sua successiva ratifica. Egli, tuttavia, non aveva legittimazione a domandare l'annullamento del contratto d'appalto stipulato in condizioni di asserito conflitto di interessi. La possibilità di far valere in giudizio l'annullabilità di un contratto, infatti, deve necessariamente derivare da una volontà espressa dall'assemblea. Del resto solo il condominio, come parte contraente, era legittimato a chiedere o eccepire l'annullamento del contratto.
Conclusioni
Tanto chiarito, il Tribunale si sofferma sulla questione dello svolgimento dei lavori che, secondo l'amministratore, erano stati eseguiti ad appalto già concluso, cioè dopo la comunicazione alla ditta della cessazione del rapporto. Tesi errata. A ben vedere, scrive il Tribunale, la missiva inviata alla società non era affatto idonea a determinare la risoluzione del contratto perché priva dei requisiti richiesti dalla legge. Ad ogni modo, seppur lo fosse stata, l'amministratore – se non era legittimato a proporre l'azione di annullamento del contratto – a maggior ragione non lo era a manifestare la volontà di recedervi.
La ditta, inoltre, aveva provato di aver eseguito le prestazioni pattuite quindi aveva anche diritto al compenso. Inevitabile, perciò, la soluzione adottata dal Tribunale di Sassari: rigettare l'opposizione e revocare il decreto ingiuntivo, ma solamente per sostituirlo con una nuova condanna allo stesso importo capitale maggiorato degli interessi di cui all'articolo 1284 del Codice civile e non anche di quelli previsti dal Dlgs 231/2002, applicabile unicamente ai contratti tra imprese.