Condominio

Il foro del consumatore e la clausola vessatoria nei contratti di appalto

Il difetto di competenza territoriale del giudice non sussiste se la clausola sulla deroga del foro non viene sottoscritta dall’amministratore di condominio

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di Rosario Dolce

Non è derogabile il foro del consumatore, cioè quello del circondario del tribunale in cui è ubicato l'edificio condominiale, neppure tramite il ricorso a una clausola contrattuale. Che, semmai, assumerebbe i connotati della vessatorietà – da cui la nullità relativa -, nel caso in cui l'appaltatore non fosse in grado di provare l'avvenuta trattativa negoziale. Ciò è quanto, in estrema sintesi, riporta il Tribunale di Varese nell'ordinanza del 5 settembre 2022 .

I fatti di causa

Un condominio locale ha presentato ricorso ai sensi degli articoli 696 e 696 bis del Codice di procedura civile al fine di far accertare se le cause che avevano reso inutilizzabile la propria caldaia, alla cui manutenzione era tenuto un cosiddetto “fornitore”, fossero da imputare alla negligenza o all’imperizia di quest'ultimo. L'appaltatore del servizio, costituendosi in giudizio, ha eccepito preliminarmente l'incompetenza territoriale del Tribunale di Varese in favore di quello di Milano, avendo le parti individuato contrattualmente tale foro come competente per le controversie relative ai contratti da essi sottoscritti.

Al condominio si applicano le norme in materia consumeristica

L'analisi del giudice lombardo presuppone i riferimenti giurisprudenziali che si sono sviluppati sul tema, nell'ultimo quinquennio, sostenendo che i richiami giurisprudenziali effettuati dalla società resistente a sostegno della propria tesi non consentono di superare l'orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità e di merito, secondo il quale al condominio deve essere applicata la disciplina consumeristica, atteso che lo stesso è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti ed agendo, pertanto, l'amministratore come mandatario dei singoli condòmini.

Questi ultimi, in particolare, sono considerati consumatori, in quanto ritenute per principio persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale (Cassazione, 10679/2015; Tribunale di Trani, 299/2021), salvo il caso in cui, secondo un orientamento più restrittivo, sia verificata una diversa destinazione delle unità abitative (Tribunale di Milano, 7717/2020). Ad ulteriore corollario dell'affermazione appena resa, vengono richiamati tre precedenti.

Il condominio come consumatore

Intanto, viene ritenuto inconferente il richiamo fatto dall'appaltatore al provvedimento del Tribunale di Bergamo del 16 gennaio 2019 per fondare la propria tesi, in quanto – per come segnatamente riportato - la pronuncia si limita a decidere sulla possibilità che un condominio possa o meno accedere alla procedura di sovraindebitamento (visto il requisito soggettivo di cui all’articolo 6, legge 3/2012 e la nozione di consumatore contenuta nella norma citata in Cassazione, 1869/2016 «pacificamente più specifica di quella contenuta nel Codice del consumo»).Viceversa, a fondare la tesi del giudice sono stati richiamati due arresti giurisprudenziali differenti.

La prima è la pronuncia della Corte di giustizia numero 329/2019, la quale pur affermando che il condominio italiano non rientra nella nozione di consumatore contenuta nella direttiva 93/13/Cee, ha ritenuto ammissibile la giurisprudenza italiana che estende anche a tale soggetto la tutela del consumatore. La seconda, invece, è la pronuncia dell'arbitro bancario del 10 novembre 2020 che, pur ritenendo che il condominio non possa essere qualificato come “consumatore”, non esclude che allo stesso possa essere applicata la disciplina consumeristica.

La clausola vessatoria

Una volta superato per relationem lo scoglio sul dato soggettivo riguardante la natura consumeristica del condominio tout court, il decidente passa al secondo step decisionale, vale a dire quello afferente la valutazione degli aspetti oggettivi della clausola in disamina, a seconda se essa possa o meno valutarsi vessatoria. Intanto, anche qui una premessa. Ci si trova dinanzi – così riferisce il giudice lombardo - a un contratto per adesione di cui all'articolo 1341 del Codice civile. Per cui, ai sensi del comma 2, la prima conclusione giuridica che si è in grado di assumere è quella per la quale le relative clausole che prevedono deroghe alla competenza devono essere approvate per iscritto (a tal proposito viene richiamato, altresì, l'articolo 33 comma 2, lettera U del Decreto legislativo 206/2005 che prevede che «si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno, per oggetto o per effetto, di […] stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore»).

Unica eccezione al principio edotto – così soggiunge il decidente - è quella poi della prova sulla trattativa nell'apposizione della clausola tra i contraenti, che può essere superata attraverso la sottoscrizione della clausola specifica, da parte del consumatore. Infatti, ai sensi dell'articolo 34 comma 4 del Decreto legislativo 206/2005, «non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale».

La decisione del Tribunale

Orbene, nella fattispecie trattata, il decidente ha constatato che la clausola sulla deroga del foro del consumatore non era stata sottoscritta debitamente da parte dell'amministratore del condominio, e, premesso che, ai sensi dell'articolo 36 comma 1 del decreto legislativo 206/2005, le clausole vessatorie sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto, ha respinto l'eccezione formulata dall'appaltatore avente a oggetto il difetto di competenza del giudice adito, dando atto degli effetti conseguenziali sul piano processuale.

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